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Covid, malattia grave o sintomi lievi? Dipende dai geni. La scoperta arriva da Siena

Studio pubblicato su Nature e frutto di una collaborazione internazionale a cui ha partecipato il consorzio italiano Gen-Covid guidato dalla professoressa Renieri dell’Università di Siena. Coinvolti 50mila pazienti, 40 ospedali e 2milioni i controlli su persone non infette

Ospedale Le Scotte di Siena

Perché alcuni pazienti Covid-19 sviluppano una malattia grave mentre altri riportano solo sintomi lievi. Una ricerca internazionale che ha le sue radici a Siena ha aperto la strada all’individuazione dei principali fattori, scoprendo diversi marcatori genetici associati all’infezione da Sars-CoV-2 e alla gravità del Covid-19.

Lo studio è pubblicato su Nature e vi ha partecipato anche il consorzio italiano Gen-Covid guidato dalla professoressa Alessandra Renieri, direttore Uoc Genetica Medica Aou Senese e professore ordinario di Genetica dell’Università di Siena. “Si tratta di un’esaustiva sintesi delle scoperte ottenute fino ad oggi – spiega la professoressa Renieri – che ha rivelato 13 loci, o posizioni nel genoma umano, che sono fortemente associati con l’infezione o la forma grave di Covid-19. Obiettivo principale era individuare i fattori genetici che influenzano il motivo per cui alcuni pazienti Covid-19 sviluppano una malattia grave mentre altri riportano solo sintomi lievi”.

I numeri della ricerca: 50mila pazienti, 40 ospedali e 2milioni di controlli

Questi risultati provengono da uno dei “più grandi studi di associazione sull’intero genoma mai eseguiti”, che ha coinvolto quasi 50.000 pazienti Covid-19 e due milioni di controlli su persone non infette. I risultati  “potrebbero aiutare a fornire obiettivi per future terapie e illustrare la potenzialità degli studi genetici nell’aumentare la comprensione delle malattie infettive”.

Questa attività di ricerca globale, rinominata “Covid-19 Host Genomics Iniziative”, è stata fondata nel marzo 2020 da Andrea Ganna dell’Istituto per la Medicina Molecolare (Fimm), con sede presso l’Università di Helsinki (Finlandia) e Mark Daly, direttore del Fimm e membro dell’Istituto presso il Broad Institute del Mit di Harvard. Il Consorzio Italiano Gen-Covid coordinato da Siena è stato il primo ad aderire all’iniziativa che è diventata una delle più estese collaborazioni nel campo della genetica umana e, attualmente, comprende più di 3.500 autori e 61 studi provenienti da 25 Paesi.

“Per questo tipo di analisi – aggiunge la professoressa Renieri – il consorzio ha raccolto dati clinici e genetici da quasi 50mila pazienti che sono risultati positivi al virus, di cui 3.000 sono quelli italiani raccolti da Gen-Covid, e 2 milioni di controlli in numerose biobanche, studi clinici e società genetiche”. Gen-Covid ha raccolto pazienti della Aou Senese e della Ausl Toscana Sud Est e da tutte le aziende toscane, oltre che da più di 40 ospedali italiani.

Le differenze con i pazienti asiatici e la ricerca che prosegue sulla sindrome post-Covid

Dei 13 loci identificati finora, due avevano una frequenza più elevata tra i pazienti originari dell’Asia orientale o dell’Asia meridionale rispetto a quelli di origine Europea. “Inoltre – continua la Renieri – abbiamo evidenziato uno di questi due loci, vicino al gene FoxP4, che è associato al tumore polmonare. La variante nel gene FoxP4 associata a Covid-19 nella sua forma grave aumenta l’espressione del gene, suggerendo che l’inibizione dello stesso potrebbe essere una potenziale strategia terapeutica. Altri loci associati a Covid-19 grave includevano Dpp9, anche in questo caso un gene associato al tumore del polmone e nella fibrosi polmonare oltre che Tyk2, che è implicato in alcune malattie autoimmuni”.

Il prossimo step è studiare cosa differenzia la sindrome post-Covid o pazienti in cui i sintomi da Covid-19 persistono per mesi dagli altri.  “Continueremo – conclude la professoressa –  a identificare ulteriori loci associati a infezioni e malattie gravi”.

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