Hanno elevato la cucina toscana al mondo del fine dining pur non essendo “toscani doc“: dopo aver lasciato la loro terra d’origine sono giunti nel Granducato arrivando a portarne con convinzione e soprattutto credibilità storia tradizione e territorio nel piatto. Affascinati da una cucina che tanto ha dato all’Italia, come Pellegrino Artusi ha ben raccontato.
L’elenco di chi si è misurato con una tradizione fortemente identitaria ed è riuscito a dare un contributo significativo è lungo. I nomi illustri non mancano tra coloro che hanno sdoganato piatti popolari, ingredienti tipici e ricette contadine fino a elevarle a prelibatezze degne di un ristorante fine dining. Ecco quattro storie esemplari di chef “toscani d’adozione“.

Gaetano Trovato, dalla Sicilia alla Val d’Elsa
Tra i toscani d’adozione che più hanno lasciato il segno, non solo nella loro attività professionale, c’è Gaetano Trovato, chef del ristorante da Arnolfo (due Stelle Michelin). È arrivato a Colle di Val d’Elsa in provincia di Siena dopo aver lasciato la natia Sicilia nel 1982.
Quella che all’inizio era una semplice trattoria si è trasformata in pochi anni nel ristorante Arnolfo. La Rossa se ne è accorta ben presto: nel 1984 ha conquistato la prima Stella Michelin e Gaetano Trovato è diventato il più giovane stellato d’Italia; ha raddoppiato poi nel 1999 con la seconda stella.
Oggi Gaetano Trovato è uno dei protagonisti dell’alta cucina internazionale. È ritenuto un alfiere della Toscana per aver saputo valorizzarne le eccellenze: dalla chianina Igp all’anatra muta del Valdarno e all’aglione della Valdichiana solo per citare alcuni dei prodotti portati nel piatto.
Tutti gli riconoscono grandi abilità come maestro. È stato il mentore di tanti giovani chef oggi affermati: Matteo Lorenzini, Filippo Saporito, Simone Cipriani, Matteo Manzini, Eugenio Boer, Alberto Sparacino, Ariel Hagen ma tanti sono i nomi. Un modello per chiunque si avvicini al mondo della cucina.

Giuseppe Mancino, un campano in Versilia
Un altro chef che è ormai di casa in Toscana è Giuseppe Mancino. Nato a Sarno nel 1981, arriva giovanissimo, era il 1997, al Grand Hotel Baglioni di Firenze. Dopo una parentesi sulla costa etrusca a San Vincenzo all’inizio degli anni Duemila entra nel mondo dell’alta cucina: dal team di Alain Ducasse al Louis XV nel Principato di Monaco all’incontro della vita con Gualtiero Marchesi all’Albereta.
Il Piccolo Principe all’interno del Grand Hotel Principe di Piemonte a Viareggio è ormai il suo regno dal 2005. Sotto la sua guida il Piccolo Principe è diventato il primo ristorante di un hotel in Versilia ad acquisire la Stella Michelin nel 2008. Nel 2014 ha battuto tutti i record diventando il più giovane chef in Italia a ottenere la seconda Stella Michelin. Da manuale la sua rivisitazione della cucina del territorio in chiave fine dining.

Stelios Sakalis, un greco nelle terre del Chianti
Da Atene al Chianti il passo è stato breve per lo chef greco Stelios Sakalis che ha lavorato con Gordon Ramsay presso il ristorante Contrada a Castelnuovo Berardenga. Dopo un periodo in Inghilterra al ristorante Fat Duck con Heston Blumenthal nel 2019 il ritorno in Toscana.
È diventato executive chef del ristorante Il Pievano al Castello di Spaltenna, a Gaiole in Chianti: qui ha anche conquistato una Stella Michelin per la sua capacità di raccontare il territorio in cucina. È passato dalla scorsa primavera a Borgo San Felice alla corte di Enrico Bartolini, lo chef più stellato di sempre in Italia.“Rimanere nel Chianti per me è come restare a casa” ha commentato al momento del passaggio di consegne.
“Qui ogni ingrediente racconta una storia e ogni stagione ha la sua voce. Borgo San Felice Resort offre un’opportunità unica per esprimere la mia visione culinaria in un luogo dove eccellenza e accoglienza si fondono naturalmente. Per me, cucinare è emozione, memoria e racconto. A Borgo San Felice Resort trovo un territorio generoso e ricco di cultura, che intendo interpretare con rispetto e passione, insieme a una squadra coesa ed energica” ha aggiunto.

Maria Probst, dalla Germania alla campagna toscana
Maria Probst arriva dalla Germania, per l’esattezza dalla Bassa Baviera. Dopo l’esperienza stellata de La Tenda Rossa a Cerbaia in Val di Pesa è poi approdata all’agriturismo Il Cerreto a Pomarance dopo una tappa intermedia al ristorante di Torre a Cona. Per lei, che nasce macellaia, il primo salto mortale è stato misurarsi con la cucina toscana in uno dei ristoranti stellati che più hanno lasciato il segno negli ultimi decenni per la proposta innovativa di altissimo livello.
L’approdo a Il Cerreto per lei ha rappresentato una nuova sfida: si è misurata con la cucina veg dell’unica realtà toscana attiva nella produzione biodinamica di frutta e verdura. Una strada sconosciuta per lei che ha affrontato con coraggio ma soprattutto professionalista sempre nel segno di una tradizione toscana che ha saputo rinnovarsi. E i risultati sono subito arrivati.