Cultura/

Archeologia: tre nuove tombe romane venute alla luce a Baratti

Le antiche sepolture sono venute alla luce durante i lavori alle conduttore dell’acqua: trovato anche un rarissimo frammento di vetro blu

Un’importante scoperta archeologica arriva dal Golfo di Baratti, dove sono venute alla luce tre antiche sepolture, di probabile epoca romana, durante alcuni lavori di emergenza di Asa, azienda che gestisce il servizio idrico, che stava effettuando nella zona la sistemazione di una conduttura dell’acqua.
Ad annunciare il ritrovamento è il sindaco di Piombino Francesco Ferrari insieme all’assessore alla Cultura Giuliano Parodi e al funzionario archeologo per la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Livorno e Pisa, Andrea Camilli. Le scorse settimane dalla piccola trincea tracciata in prossimità del Parco archeologico sono emerse due tombe a inumazione e una struttura riferibile probabilmente a una tomba a incinerazione.

“Il Golfo di Baratti – ha detto Ferrari – è uno scrigno di infiniti tesori archeologici e offre continue scoperte che consentono di approfondire e arricchire di nuovi tasselli la storia del nostro territorio”. Gli scavi d’emergenza, come spiega Parodi, sono stati condotti sul campo da Carolina Megale e Martina Fusi (Past in Progress) sotto la direzione scientifica di Andrea Camilli. Lo scavo si è concluso in tempi brevissimi, il materiale rinvenuto è stato preso in carico dalla Soprintendenza mentre il tubo dell’acqua è stato sistemato a margine dei resti archeologici.
“L’obiettivo che ci prefiggiamo in collaborazione con la Soprintendenza e gli enti culturali del territorio – ha sottolineato Parodi – è quello di riportare sul nostro territorio l’immenso patrimonio archeologico rinvenuto nel corso degli anni negli scavi condotti a Baratti e Populonia”.

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La tomba 1 è costituita da una fossa rettangolare scavata nella terra e rivestita di lastre di pietra di reimpiego, provenienti da strutture più antiche. All’interno della sepoltura è stato rinvenuto lo scheletro del defunto, con molta probabilità una donna, che aveva ancora tra gli oggetti personali uno spillone in osso per capelli, mentre il resto del corredo è stato rubato.
La seconda tomba era già completamente violata e all’interno della cassa c’erano soltanto le lastre spaccate della copertura e qualche frammento di osso del defunto.
La terza struttura, realizzata anch’essa con elementi architettonici di riuso, aveva forma quadrangolare e all’interno doveva contenere il cinerario con i resti combusti del defunto. La lastra di copertura era stata già rimossa e all’interno sono stati raccolti frammenti di ceramica di epoca romana e un rarissimo frammento di vetro blu, riferibile ad una coppa da vino: si tratta del frammento sul quale si legge ancora il nome, in lettere greche e latine, dell’artigiano che l’ha prodotta nel I secolo d.C., ‘Artas di Sidone’.

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