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Carlo Coccioli, cento anni fa nasceva lo ‘scrittore assente’

50 le opere dell’autore livornese, di cui alcune uscite in ogni parte del mondo. Carlo Bo lo definì lo scrittore alieno, Curzio Malaparte definì i suoi dialoghi ‘taglienti, intensi, anche allucinanti’

Libri Carlo Coccioli

di Marco Ceccarini

Cent’anni fa, il 15 maggio 1920, nasceva a Livorno lo “scrittore assente”, al secolo Carlo Coccioli, e nasceva in una casa rossa sugli scali Novi Lena, di fronte ai Cantieri navali Orlando, non distante da dove oggi esiste una strada che porta il suo nome.

Di lui, una volta, il critico letterario ed accademico Carlo Bo scrisse che era “uno scrittore alieno”, Curzio Malaparte invece definì i suoi dialoghi “taglienti, intensi, anche allucinanti”, mentre Pier Vittorio Tondelli si trovava “in totale empatia con la sua scrittura”, tanto che nel suo “Weekend postmoderno” gli dedicò anche un articolo della sua raccolta di “cronache dagli anni Ottanta”.

Eppure, ancora oggi, di questo autore livornese, toscano, italiano, francese e messicano, molti sanno ancora poco, troppo poco, nonostante i grandi ed indiscutibili meriti. In Francia pensano che sia francese, in Messico messicano. L’equivoco nasce dal fatto che Coccioli era trilingue. Scriveva infatti regolarmente in italiano, francese e spagnolo. Molti libri sono stati pubblicati in italiano e poi tradotti, altri però sono stati scritti in francese, specie quelli giovanili, molti altri ancora in spagnolo. Tutti o quasi si trovano in ogni caso nelle lingue dei suoi tre paesi, l’Italia, la Francia e il Messico.

La sua vita si è conclusa il 5 agosto 2003 a Città del Messico ed oggi è sepolto nel villaggio di Atlixco, nello stato di Puebla, ma egli ha vissuto più di mezzo secolo nella capitale messicana, dopo avere abitato a Napoli, Firenze, Parigi ed appunto Livorno, dove aveva visto la luce.

Prima di diventare scrittore, Coccioli è stato un eroe della Resistenza italiana. Pochi lo sanno, quasi nessuno lo scrive. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fu imprigionato dai tedeschi, ma scappò dal carcere di Bologna e salvò la vita a diverse persone. Per questo, dopo il conflitto mondiale, gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare.

Era omosessuale. Anche per questo, dopo la guerra, fuggì prima dall’Italia e poi dall’Europa. Visse diversi anni a Parigi, quindi in Sudamerica e fugacemente anche in Canada, prima di trasferirsi definitivamente in Messico nei primi anni Cinquanta.

In Italia non ha mai avuto la considerazione che avrebbe meritato. Tranne che da un pubblico di nicchia, non era molto seguito. Ancora oggi non è sempre facile rintracciare le sue opere, anche se il nipote Marco Coccioli, erede culturale dello zio, da anni ha dato vita a una casa editrice, Piccolo Karma, proprio per mantenere vivo quel patrimonio letterario. In vista del centenario della nascita, però, Piccolo Karma ha trovato un accordo con i tipi della Lindau per la diffusione in grande stile, in Italia, delle opere dello scrittore livornese. Saranno pubblicati nove titoli solo quest’anno. Il primo sarà “Il cielo e la terra” il prossimo 15 maggio.

Una cinquantina, nel complesso, sono le opere prodotte da Coccioli, alcune uscite in ogni parte del mondo, altre solo in pochi paesi.

Aveva ventisei anni quando in Italia pubblicò “Il migliore e l’ultimo”, sua opera prima. Aveva appena trent’anni quando uscì “Il cielo e la terra”, il romanzo che lo ha lanciato, tradotto in ben diciassette lingue. E due anni dopo uscì “Fabrizio Lupo”, romanzo choc per quegli anni, una sorta di documento religioso, intenso ma anche sofferto, sul rapporto tra omosessualità, intelletto ed amore, che pare abbia ispirato Pierpaolo Pasolini per il suo film “Teorema”. L’uscita di quel romanzo, che in Italia verrà pubblicato solo nel 1978, provocò una tale reazione che Coccioli, che già aveva lasciato l’Italia, decise di allontanarsi anche dall’Europa.

Prima in Bolivia, poi in Canada, arrivò in Messico pensando di starci solo qualche mese per rigenerarsi, forse ritrovarsi, invece ci è rimasto a vita, esattamente cinquant’anni, dal 1953 al 2003. Ma con una parentesi importante. A metà anni Novanta, tra i primi del 1994 e la fine del 1995, ha vissuto quasi due anni a Livorno. Con lui, in quel periodo, c’era il figlio adottivo Javier, un indio che era andato da lui come assistente e che era diventato il bastone della sua vita.

Voleva tornare alle origini, riallacciare i nodi di un’esistenza che, come diceva egli stesso, lo aveva visto “errante”. Ma ormai, come tutti i grandi intellettuali, i grandi artisti, ormai era cittadino del mondo. Anche a causa di una bega con un imprenditore edile che gli voleva costruire, cosa che poi fece, un immobile davanti a casa, togliendogli aria e visuale, lui fece ritornò in Messico. In quei due anni, però, venne organizzata la presentazione dell’autore, su iniziativa del sottoscritto, in una piccola libreria del centro cittadino che si chiamava Gaia Scienza. Il Tirreno, giornale di Livorno, pubblicò un articolo dal significativo titolo “Bentornato Carlo Coccioli”. E’ stata, quella, la sola presentazione dello scrittore ai suoi concittadini.

Quando anni prima era morto Fiorello, il barboncino con cui aveva vissuto per quindici anni, era andato in depressione ed era finito dallo psicoanalista. Il dolore era stato troppo forte. Ne era uscito solo scrivendo “Requiem per un cane”. Lì si era però già nel 1977 e Coccioli si avviava alla sessantina.

Gli anni Settanta ed Ottanta sono stati i più prolifici per Coccioli. In quel periodo sono usciti, tra gli altri, i romanzi “Uomini in fuga” nel 1970, “Davide” nel 1976, “La casa di Tacubaya” nel 1981, “Rapato a zero” nel 1986, “Piccolo Karma” nel 1987, “Budda” nel 1990 che però venne tradotto in italiano solo nel 1994. Al libro di memorie “Tutta la verità”, uscito nel 1995 durante il suo periodo livornese, consegnò la “messa a nudo” del suo modo di essere e della sua anima.

Nell’anno 2000, sentendo avvicinare la fine della sua esistenza, come testamento umano, spirituale e letterario, stampò in edizione limitata, appena 500 copie, il volume trilingue “Itinerario nel caos”, che inviò a sue spese solo a persone amiche, conoscenti di cui aveva stima, intellettuali, uomini e donne di cultura.

I temi religioso e sessuale hanno caratterizzato quasi tutte le sue opere. Laureato in lingue e religioni orientali a Napoli, grande conoscitore delle letterature camitico-semitiche, è stato sempre tormentato, come diceva lui, da un’angoscia metafisica che lo spinse prima verso il cattolicesimo, poi verso l’ ebraismo, infine verso l’ induismo e il buddismo. La cosa, detta così, può far pensare una contraddizione vivente, a un’irrequietezza insanabile. In realtà nelle sue opere e nel suo stile di vita mescolava tutto in una sorta di ricerca intellettuale verso una sintesi panreligiosa in grado di dare risposta alla paura dell’ignoto e del nulla. 

Lo scorso anno l’amministrazione comunale di Livorno ha conferito la Livornina d’oro, massima onorificenza della città, alla memoria di Carlo Coccioli. In quei giorni è uscito, scritto da Paola Ricci e pubblicato in cartaceo in self-publishing, il libro di memorie “Carlo Coccioli e la strega fatata”. La Ricci, lucchese, fu negli anni livornesi vicina a Coccioli. La stessa Ricci ha realizzato, assieme al sottoscritto, il volume di testimonianze “Ricordi diversi” che uscirà per Articolo 21 in distribuzione gratuita, come e-book, il prossimo 15 maggio. Quel giorno, come detto, andrà nelle librerie la riedizione de “Il cielo e la terra”. Uscirà invece a luglio il volume “Grande karma” dello scrittore fiorentino Alessandro Raveggi, edito da Giunti.

Infine venerdì 15 maggio per celebrare il centesimo anniversario dalla nascita il comune di Livorno  trasmetterà sui propri canali social un servizio speciale con la partecipazione – tra gli altri – dell’assessore Simone Lenzi e del nipote Marco Coccioli. La stessa sera l’emittente Telecentro dedicherà una serata speciale allo scrittore dal significativo titolo ‘Serata Coccioli’.
 
 
 
 

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