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“Dal pianeta degli umani”, il film di Giovanni Cioni è un’indagine sul mistero della vita

Il film, scritto, narrato e diretto dal regista fiorentino, sostenuto da Toscana Film Commission per il programma Sensi Contemporanei, è stato selezionato dal Festival dei Popoli 62, dove è stato presentato giovedì 25 novembre.

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Letteratura, filosofia, religione: da sempre l’uomo indaga sulle origini della vita

Indagare sul mistero della vita è materia di filosofi, teologi, scrittori, artisti, alchimisti e di quanti hanno cercato, nel corso dei secoli, di scoprire cosa si cela dietro il velo misterioso e inesplorato che separa il mondo terreno e quello ultraterreno. Ed è stata da sempre anche materia di studio di scienziati, alla ricerca delle origini della vita stessa, su questo pianeta e nell’intero universo, fino a diventare campo di sperimentazione di chi si è arrischiato a ricreare la vita, violando quelle che sono universalmente conosciute come leggi della natura.

Un terreno che ha da sempre affasciato anche i romanzieri, a cominciare dalla nota Mary Shelley, che agli inizi del 1800 scrisse uno dei capisaldi su questo tema, tra fantascienza e horror, Frankenstein o il moderno Prometeo, nel quale uno scienziato ricreava la vita, per cercare di generare, in laboratorio, un essere umano perfetto, riuscendo però solo a creare un mostro. E da sempre il mistero della vita ha affascinato i registi cinematografici di tutti i tempi, che hanno realizzato trasposizioni cinematografiche di romanzi fantascientifici sul tema, fino a commedie esilaranti, come il famoso film La morte di fa bella, di Robert Zemeckis, parodia della perenne ricerca dell’essere umano dell’elisir di lunga vita, per beffare il decadimento e la morte.

Giovanni Cioni, ha realizzato il film “Dal pianeta degli Umani”, andando ad indagare sul mistero della vita

Il misterioso campo di indagine sulla vita e la morte, è al centro del nuovo di film del regista fiorentino Giovanni Cioni, Dal pianeta degli umani, realizzato con il sostegno di Toscana Film Commission per il programma Sensi Contemporanei Toscana per il cinema. Al centro del film c’è un elemento naturale, il mondo delle rane, simbolico punto di partenza di una storia che ci riporta indietro nel tempo, fino agli esperimenti di uno scienziato vissuto nei primi decenni del ‘900.

“Le rane sono invisibili – ha dichiarato il regista – e sono ovunque. Animali di passaggio tra la vita e la morte, l’acqua e la terra. Le rane cantano nelle loro cisterne, canti polifonici che raccontano la fiaba del mondo. C’erano, a quei tempi, e ci sono sempre. Testimoni beffardi della storia. Avevo registrato i loro canti, nelle cisterne d’acqua sospese sulla riviera, e sono loro che mi hanno permesso di raccontare questa storia. Sono sempre lì, in vita, come se la morte non le riguardasse, come se l’avessero superata”.

La riviera a cui fa riferimento Giovanni Cioni è quella dei fiori, della Ligura, a Ventimiglia, al crocevia del confine tra l’Italia e la Francia, dove fu costruita, agli inizi del ‘900 la villa del dottor Serge Voronoff. Qui, lo scienziato ebreo russo, diventato cittadino francese, dopo aver vissuto e compiuto studi medici approfonditi negli Stati Uniti, aveva vissuto dal 1925 al 1939, e aveva compiuto i suoi esperimenti, alla ricerca della ricetta dell’eterna giovinezza. Ricerca che lo aveva portato a svolgere innesti di parti del corpo di scimpanzé sulle persone, dopo che un suo primo trapianto della tiroide di una scimmia su un uomo affetto da cretinismo, aveva dato sorprendenti esiti positivi.

I successi del dottor Voronoff e la villa Grimaldi a Ventimiglia

Il dottor Voronoff, nella prima metà del XX secolo, era diventato noto in tutto il mondo per avere condotto esperimenti rivolti alla ricerca del ringiovanimento dell’essere umano, attraverso la perpetua giovinezza e la potenza sessuale. Dopo il trapianto di ghiandole endocrine, aveva iniziato esperimenti volti al ringiovanimento maschile attraverso l’innesto di testicoli di scimpanzé sugli uomini, cosa che aveva creato intorno a lui un’aura di mistero e gli aveva procurato una fama internazionale. La sua notorietà, nei primi decenni del ‘900, è stata talmente grande, da far conoscere il suo nome in tutto il mondo. L’eco delle sue imprese in campo scientifico sono arrivate fino ai giorni nostri, e sono ancora oggi a lui dedicate alcune ricette, delle quali si favoleggia che possano essere fonte di energia rivitalizzante, come il filetto di carne “alla Voronoff” e il cocktail Monkey Gland, che fa preciso riferimento agli apparati riproduttivi delle scimmie, oggetto degli esperimenti dello scienziato.

La villa Grimaldi, o villa Voronoff, a Ventimiglia oggi è in completo abbandono e declino, ed è qui che Giovanni Cioni è andato a svolgere i suoi sopralluoghi, come un investigatore della storia e dei misteri della vita. La lussuosa e misteriosa costruzione, aveva un’altra particolarità: aveva due ingressi, posti rispettivamente uno sul territorio italiano e uno su quello francese. In questo modo il dottore poteva far transitare merci, persone, animali, senza passare dai controlli doganali e poteva esercitare la sua attività politica con i Massoni francesi, proibita in Italia ai tempi del Fascismo.

Negli anni poi, in riviera, vicino e intorno alla villa Grimaldi, sono passate migliaia di famiglie, turisti, uomini d’affari, villeggianti, testimoni involontari del lento e progressivo abbandono di un luogo che aveva conosciuto antichi fasti e nei quali si erano svolti esperimenti avveniristici. Oggi, il sentiero nei pressi della villa Voronoff si chiama “Il passo della morte” ed è un punto di transito dei migranti che dall’Italia tentano di raggiungere la Francia e il nord Europa: il luogo nel quale si infrange il sogno di chi, arrivato dal sud del mondo, è in cerca di una vita migliore, o semplicemente di una vita, quella stessa vita che Voronoff cercava di rendere giovane per sempre.

Il gioco di rimandi e rimbalzi, dal passato al presente, dai fasti del passato al declino di oggi, dalle sperimentazioni per l’elisir dell’eterna giovinezza di Voronoff fino al sentiero della migrazione, che si trasforma spesso in un percorso di morte, rivive nel film Dal pianeta degli umani, di Giovanni Cioni.

“Il film diventa – ha dichiarato ancora Giovanni Cioni – una polifonia di tempi e di spazi che emergono dal sopralluogo. Un lavoro su immagini di archivio, film, attualità dell’epoca, fotografie, che fanno emergere il presente come se fosse visto da un’altra epoca. Dunque lavorare visualmente sulla stratificazione delle immagini, sulla loro materia stessa, sulla sgranatura dei film di vacanza in super8 che diventa la sgranatura delle immagini del presente, la sovrapposizione, la saturazione – l’immagine diventa una materia viva del tempo. Nella sua materia parla della memoria e dell’oblio, cerca di dare vita agli spettri. Lo spettro di Serge Voronoff, della sua epoca, gli spettri dei vacanzieri dei film di vacanze, gli spettri del presente, villeggianti e migranti. Un film di spettri perché è anche un film sull’altro che non si vede, sull’altro che non esiste, un’immagine che guardi ma non vedi. Un film di spettri e una polifonia di voci, di tempi, di spazi (il mare, il silenzio della frontiera…), una polifonia con un coro di rane e una voce narrante. La voce narrante non è il testo su cui si è costruito il film, sono degli appunti scritti durante il montaggio del film, come degli appunti di viaggio, in un dialogo immaginario con le rane. Questi appunti sono diventati quasi come un canto”.

La presentazione al Festival dei Popoli

Il film Dal pianeta degli umani, scritto, diretto e narrato da Giovanni Cioni (Dal ritorno, Per Ulisse, Gli Intrepidi), prodotto da Enrica Capra e Isabelle Truc, con le musiche originali di  Juan Carlos Tolosa, la consulenza storica Enzo Barnabà e le ricerche d’archivio Ilaria Sbarigia e Emanuela Tomassetti, dopo la presentazione al festival internazionale del cinema di Locarno, in Svizzera, lo scorso 8 di agosto, è stato selezionato dal Festival dei Popoli 62, dove è in programma giovedì 25 novembre (ore 21.00).

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