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Litfiba, quelle notti nella Firenze degli anni ’80

Piero e Ghigo, due ego forti che insieme hanno sfondato il muro dell’ovvio creando qualcosa di irripetibile. Ecco la Firenze che fu, una città che vibrava (e vibra) al centro del mondo

Piero Pelù e Ghigo Renzulli dei Litfiba - © litfiba.net

Non era l’alba ad arrivare troppo presto. Eravamo noi che le correvamo incontro e andavamo troppo veloci e senza renderci conto più del ritmo delle cose e della luce che ci rimbalzava negli occhi facendoci quasi del male. Magari proprio mentre i nostri cappotti scuri e i nostri capelli sparati in testa entravano al Gran Bar di Novoli, quello che all’alba ti offriva brioches calde e tramezzini improbabili ma perfetti per quell’ora imprecisata ormai oltre i confini del tempo. Firenze anni ’80: l’ultima grande rivoluzione di una città che si gioca tutto.

Sta iniziando tutto. E noi ci siamo. E noi siamo noi. Abbiamo i Litfiba

Notti di fumo ed elettricità

Rock, teatro sperimentale, moda. Vita. Siamo tutti qui, dentro questo bar trucido a goderci i nostri vent’anni. Bigmouth strikes again degli Smiths ha chiuso la notte al Tenax, con l’attacco di chitarra di Johnny Marr che basta da solo a riempire la pista con gli ultimi superstiti di una delle infinite notti brave vissute sulle strade di Firenze nord. Anche al Manila di Campi la vita viaggia a tutto volume. Gli Spandau vestiti con le camicie svolazzanti di pizzo che scaricano gli strumenti dal furgone. Sta iniziando tutto. E noi ci siamo. E noi siamo noi. Abbiamo i Litfiba. Li scopriamo una notte di fumo ed elettricità a Settignano, alla casa del Popolo, proprio quando queste si trasformano da luoghi fuori dal tempo a qualcosa di clamorosamente contemporaneo. La New Wave passa da qui. La Rokkoteca Brighton di Settignano, dove dalla spuma al bitter si passa direttamente al Gin Tonic. E poi il Casablanca a Rifredi. Arriverà anche il Sicurcaiv a Grassina. E altri ancora.

Cercando Piero

Che città, la mia città. La nuova onda si alza e noi che ci surfiamo sopra, in equilibrio col mondo che cambia e i nostri vent’anni pieni zeppi di cose. Sembra un film. E tutto sembra previsto e in armonia. Ricordo Ghigo che suona nei Cafè Caracas insieme a Raf in piazza Maggiore a Bologna. Il pubblico è quello dei Clash, suonare Tintarella di luna è un bel rischio. Poi però a Joe, Paul e Mick manca il batterista. Dove sarà Topper, disperato Junkie finito chissà dove. Servirà per cinque o sei pezzi un batterista in prestito per un concerto che comunque resterà nella storia di quegli anni. Lì si sciolgono i Cafè Caracas: Raf da una parte, Ghigo dall’altra. E Piero dov’è? Già, il bambino con gli occhi furbi e la testa veloce alla Lavagnini prometteva bene. Ci buttavamo dal ponte sul Mugnone, perché era il nostro modo di giocare, mentre forse lui iniziava a esercitarsi nello stage diving. Lui abitava lì, io poco più in là. Un giorno, verso la fine dei settanta, vedo una scritta sul muro. Mugnion’s rock. Era il suo gruppo. Lo andai a vedere a Greve coi miei amici del Miche e del Castelnuovo. Bello e coraggioso, Piero si preparava al futuro cantando come Bennato, che nel frattempo stava dando il meglio di sé coi suoi dischi migliori.

Firenze li ama, l’Italia inizia a seguirli, l’Europa ne raccoglierà i frutti

La genesi del mito

Poi nascono i Litfiba, e il mito della cantina di via de’ Bardi. Non c’è niente di scontato. Ghigo è lo stratega e l’assolo energetico, Gianni il bassista paziente e futuro avanguardista sperimentale. Un genio. Antonio costruisce i tappeti di tastiere, Ringo picchia sulla batteria come se non ci fosse un domani, quel domani che lui perderà per strada troppo giovane come una vera rock star incapace di tenere il tempo della vita. Poi c’è Piero. Che costruisce canzoni insieme a Ghigo. Due ego forti che insieme, quando gira, sfondano il muro dell’ovvio creando qualcosa di irripetibile. L’anima dark che scappa dal buio accendendo colori imprevisti. L’oriente, l’impegno, la voglia di crescere oltre il rock, oltre il mainstream di quegli anni nebbiosi e scintillanti. Firenze li ama, l’Italia inizia a seguirli, l’Europa ne raccoglierà i frutti. Non esistono altri Litfiba. In Spagna ci sono gli Heroes del silencio, ma sono comunque arrivati dopo l’intuizione di Piero e Ghigo. Il cappuccino all’alba ci sbatte davanti ai mercati generali. Andiamo al Pleagine? Sì, dai. L’autoradio suona la nostra roba: l’elettrodark dei Neon, la poesia ombrosa dei Diaframma. Nella cassetta tdk C90 ci sono anche i Pankow. Le strade bagnate di pioggia, il freddo che a vent’anni non è mai un nemico, la gola che inizia a far male, ma il giorno che arriva non ci fa paura. Noi siamo Eroi nel vento, siamo una città che vibra al centro del mondo. Grazie Litfiba. E grazie Firenze. Firenze anni ottanta. Firenze rock, Firenze per sempre.

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