Storie /Lotta contro i pregiudizi

Malika cacciata di casa perché gay: la battaglia contro l’omofobia che appartiene a tutti

La storia della ragazza di Castelfiorentino ha fatto il giro d’Italia. Boom di donazioni per aiutarla a sostenere le spese legali: in poco tempo raccolti 30mila euro. Fedez ed Elodie si mobilitano, come il mondo della politica. Sullo sfondo, l’approvazione del ddl Zan

Malika ha 22 anni e si è innamorata. Di una donna. Capita ancora che, a rivelare l’omosessualità, qualcuno abbozzi un mezzo sorriso o a qualche altro  scappi una smorfia che tradisce disapprovazione. Capita ancora, appunto, che le persone odino e disprezzino gli altri perché omosessuali. “L’altra gente è fortunata, perché i figlioli li hanno normali e solo noi s’ha uno schifo così”. “Ma che vita pensi di andare a fare, a fare la lesbica in giro additata da tutti?”. “Se torni ti ammazziamo. Meglio 50 anni di carcere che una figlia così lesbica”.  E’ successo che la mamma di Malika ha reagito così – come si sente negli audio fatti ascoltare per la prima volta a Fanpage.it –  e la sua famiglia l’ha letteralmente ripudiata, costringendo la ragazza a chiedere l’intervento dei carabinieri per riprendersi almeno un po’ di vestiti. Siamo a a gennaio del 2021, a Castelfiorentino. Oggi la storia è di dominio pubblico perché Malika, aiutata dalla sua compagna, ha fatto la scelta più coraggiosa e difficile di tutte: buttare i suoi panni sporchi, sudici di odio e violenza, in piazza.

L’amore a luglio, poi il coming out a gennaio e il rifiuto della famiglia: così inizia il calvario

Malika conosce la sua compagna nel luglio 2020, ma deve tenere la storia nascosta. Il 4 gennaio, in una lettera, vuole condividere questo amore con la sua famiglia. La reazione è una bomba. Una serie di messaggi e note vocali dove si vomita odio e disprezzo. Cambiano la serratura della porta, non la fanno entrare nemmeno per darle un cambio di vestiti. Il nonno non le risponde al telefono, nessuno le chiede dove stia dormendo, se abbia mangiato, se stia bene. Quando arrivano i carabinieri a prendere le sue cose, la madre risponde : “Non so chi sia questa persona”. Passano così due mesi e la situazione diventa insostenibile, così fa la cosa più dolorosa ma giusta: denuncia, chiama l’avvocato, oggi la procura ha anche aperto un’inchiesta.

Tutta Italia si mobilita: 8mila condivisioni e quasi 30mila euro raccolti

Chi ha potuto, in questi giorni difficili, l’ha aiutata, come i suoi amici e la sua ragazza. Sua cugina Yasmine, di 18 anni, ha denunciato prima di tutti sui social e ha avviato una  raccolta fondi via web (su gofundme.com) per darle anche un aiuto economico, soprattutto per avvocato e psicologo. E il supporto è totale: in poco tempo più di 8mila condivisioni e donazioni che arrivano continuamente accompagnate da messaggi di solidarietà da tutta Italia. Oggi siamo  a circa 28 mila euro. “Passato lo sconforto dei primi giorni – scrive la cugina nella petizione –  Malika si rimbocca le maniche e con l’aiuto di alcune persone che le sono rimaste accanto, comincia a battersi per riottenere ciò che le spetta, senza chiedere niente di più. Malika è distrutta fisicamente e psicologicamente”.  “Come potrete immaginare le spese sostenute da Malika in questi due mesi sono state cospicue, a partire dai vestiti che le mancavano, all’avvocato e psicologo che in questo periodo la stanno aiutando, ed è per questo che diamo il modo a chi legge la sua storia di aiutarla attraverso questa piattaforma. Ringraziamo chiunque, anche con un piccolo gesto, aiuterà Malika a riprendersi in mano la sua vita”.

“La storia di Malika purtroppo non è un caso isolato – spiega la responsabile europea di GoFundMe, Elisa Liberatori Finocchiaro sulla nostra piattaforma ci sono già state richieste di aiuto da parte di persone che subiscono discriminazioni di vario tipo. Siamo orgogliosi di poter ospitare sulla nostra piattaforma iniziative lanciate da semplici cittadini volte ad aiutare concretamente gli altri e motrici di cambiamento”.

Il mondo della musica e i social per Malika: da Fedez a Elodie

La storia innesca la tempesta perfetta. Sull’onda della mobilitazione mediatica di massa per l’approvazione del ddl Zan, Malika diventa simbolo e bandiere dell’odio manifesto e del pregiudizio arcaico contro cui combattere. La sua foto e quegli audio rimbalzano dai profili social dei vip: c’è Fedez, c’è Elodie, Mahmood e  Emma Marrone. Ma ci sono anche le istituzioni il cui compito è di convogliare tutta questa mobilitazione in legge e soprattutto scavallare l’ostruzionismo parlamentare che blocca da mesi la nuova legge contro l’omotransfobia. Il primo a muoversi è il sindaco di Castelfiorentino, Alessio Falorni, che si è reso disponibile ad aiutare subito la sua concittadina. La questione è arrivata in Regione, dove l’assessora alle Pari opportunità, Alessandra Nardini, ha dichiarato: “Storie come questa confermano quanto sia importante l’approvazione del disegno di legge Zan, per sancire il diritto di ogni cittadina e di ogni cittadino a non subire discriminazioni e violenze. Per questo  – continua l’assessore anche in qualità di coordinatrice della  rete RE.A.DY. (la Rete italiana delle pubbliche amministrazioni contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere)  – ho promosso un appello a sostegno del disegno di legge: perché dalla Toscana, terra da sempre all’avanguardia nei diritti, arrivi forte e chiaro il messaggio che nessuna forma di insulto, discriminazione, violenza, esclusione contro le nostre concittadine e i nostri concittadini LGBTQIA+ deve essere più tollerata o minimizzata“.

Sulla stessa linea anche il presidente del Consiglio regionale della Toscana, Antonio Mazzeo: “L’approvazione del ddl Zan contro l’omofobia non è più rimandabile e a Malika voglio mandare un enorme abbraccio: spero di poterla incontrare presto e dirle che in Toscana può amare chi vuole e potrà sempre contare sul sostegno di tutte le Istituzioni”.

“Non c’è più tempo da perdere: il ddl Zan va approvato. Lo dobbiamo a  Malika e a tutti coloro che si sentono in pericolo ad esprimere i propri sentimenti, che vengono isolati, cacciati, aggrediti per la persona che amano. E’ una battaglia da condurre con tutte le nostre forze in Parlamento, ma è una battaglia che va vinta anche nella nostra società”, hanno dichiarato i parlamentari Pd toscani Caterina Biti, Dario Parrini e Luca Lotti

Le vie legali, l’inchiesta della Procura e la battaglia di civiltà che appartiene a tutti

La Procura di Firenze, sulla base della denuncia presentata dalla giovane, ha aperto un fascicolo per violenza privata e inosservanza degli obblighi di assistenza familiare. Il pubblico ministero Giovanni Solinas ha delegato gli accertamenti ai carabinieri della compagnia di Empoli e tutta l’indagine si starebbero concentrando proprio sulle minacce rivolte dalla mamma, registrate dalla figlia. Quel “se torni ti ammazziamo” non può e non deve cadere nel vuoto. La famiglia rispedisce al mittente le accuse: è solo l’inizio di una odissea legale. Non è un’indagine contro una famiglia violenta, ma è una battaglia di civiltà che coinvolge tutti e che non assolve nessuno.

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