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© Pagina FB Miniera Montecatini Val di Cecina

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Montecatini Val di Cecina, viaggio dell’emozione nelle viscere della miniera di rame

Nel 1800 la miniera di Caporciano era la più grande d’Europa. Oggi i suoi 35 km di cunicoli raccontano le storie di quell’antico splendore industriale e degli uomini che ogni giorno scendevano nella profondità della terra per estrarre il rame

Aprire una porta è sempre un’esperienza perché le porte, come le strade, conducono spesso in mondi nuovi o perlomeno sconosciuti. Rappresentano il passaggio, il varco, la soglia.

Aprire una porta significa prima di tutto “entrare in contatto”  

Aprire una porta significa prima di tutto “entrare in contatto”. E sarà proprio per questo che il trade union tra la superficie del borgo medievale di Montecatini Val di Cecina e le sue viscere, passa proprio attraverso una piccola porta.

Attraversarla significa conoscere l’anima intima di questa terra delle colline della Val di Cecina, contesa in un lontano passato da Pisa e Volterra, per passare poi sotto il controllo di Firenze nella seconda metà del Quattrocento. Un’anima però che ha radici ben più antiche delle battaglie di predominio medievali.

Pare infatti che siano stati gli Etruschi i primi ad estrarre rame, seppur in superficie, in questa zona. Lo racconta la giovane guida della cooperativa Itinera, Michela Marchi, mentre ci conduce a visitare parte dell’affascinante reticolo di gallerie della Miniera di Caporciano, oggi divenuta uno dei più interessanti musei minerari, simbolo della bellezza senza tempo dell’archeologia industriale.

© Francesco Levy – Miniera Montecatini Val di Cecina

La miniera di Montecatini Val di Cecina nel 1880 era la più grande d’Europa  

Una miniera che – ricorda ancora Michela“nel 1880 era la più grande d’Europa”.  Un percorso sotterraneo di 35 km di cunicoli, un reticolo disposto su più livelli che scendeva fino a 315 metri di profondità. Oggi rimangono visitabili nell’area archeologica, oltre alla Chiesa di Santa Barbara, patrona dei minatori, alcune parti delle gallerie ottocentesche e la torre di Pozzo Alfredo, costruito nel 1855. Al tempo era azionato da una macchina a vapore della forza di 25 cavalli.  Di fatto un enorme ascensore dell’epoca, utilizzato esclusivamente per l’estrazione e di cui rimane visibile il montacarichi originale. I minatori infatti scendevano nelle viscere della miniera a piedi e altrettanto facevano per rivedere la luce, alla fine della giornata di lavoro, quando tornavano alle loro case.

Aurelio Braschi, il minatore morto il giorno successivo alla chiusura della miniera nel 1907  

L’uomo simbolo di questo sito industriale è il minatore Aurelio Braschi. E’ stato per tantissimi anni il Caporal maggiore. “E’ morto a 85 anni – spiega Michela, ancora oggi emozionata  nel riportare alla mente questa storia. E’ scomparso il giorno successivo alla chiusura di questa miniera, nel 1907. Nel cimitero comunale, dove riposano le sue spoglie, è incisa una poesia sulla sua lapide”.

Ed ecco che Michela quella poesia la recita, parola per parola, mentre l’eco della sua voce si disperde in una delle gallerie di Caporciano, in un mondo lontano ma che lei riesce a far rivivere con i suoi racconti.

“Qui giace Aurelio Braschi, esempio di lunga e laboriosa vita, dedita alle fatiche dell’arte mineraria. Trilustre appena conobbe le recondite profondità della terra che della patria sua fu fonte di fama e di gloria.
Per oltre 60 anni, dello scuro e silenzioso esercito dei minatori, fu solerte caporale e caporal maggiore, combattendo ignote e pericolose battaglie, con la fede nell’animo e la famiglia nel cuore.
Morì il 13 ottobre 1907, quasi non gli assentisse il fato di sopravvivere alla sua amata miniera”.

Museo delle Miniere – © Pagina FB Miniera Montecatini Val di Cecina

Michela, moderna narratrice della storia del suo borgo, non si limita a riportare i fatti ma li avvolge di sentimento ed emozione. Cita sì i nomi, quelli illustri, dal Granduca Leopoldo II alla Granduchessa Maria Antonia di Borbone (a cui è stata intitolata la Galleria della Miniera, dopo la visita avvenuta del 1843), arricchiti da aneddoti e costumi sociali dell’epoca.

La narrazione di Michela arriva a scovare storie che solo la miniera conosce

Racconta, certo, di chi si susseguì alla guida di questo sito industriale, dal primo proprietario Luigi Porte (1827) fino al tedesco Augusto Schneider, al figlio Aroldo. E poi ancora l’inglese Francis Joseph Sloane e il conte russo Demetrio Boutorline. Nomi che fanno la storia di questo luogo, tutto vero. Ma il valore della narrazione di Michela arriva più a fondo e scavalca l’ordine schematico di date, personalità e fatti. Arriva a scovare storie che solo la miniera e i suoi cunicoli conoscono. Sono le trame dei minatori, di cui Braschi rimane il più grande simbolo. Quelle gallerie sono state per anni la loro casa, a volte la loro tomba, altre furono vita. Per Braschi la miniera era proprio questo: vita. Per questo si è spento insieme al luogo dove aveva lavorato per anni.

Montecatini Val di Cecina, Simona Bellocci e Benedetto Ferrara nella galleria miniera Caporciano per le riprese del format “E via andare” – © Sheila Niccolai per FST

Oggi c’è silenzio nei cunicoli e gallerie di Caporciano, interrotto dalla voce di Michela, poesia di antiche memorie, in superficie e più a fondo, in quella terra che ancor oggi tiene custodito un tesoro di storie che dagli Etruschi arriva alla modernità.

Michela è il collante tra ieri e oggi, è lo storytelling che esce dalla rete e diventa calore umano. Amore per una terra, per la ricerca, per la conoscenza. E per trasmettere tutto questo agli altri. Per tramandare e accendere i riflettori sulla bellezza, anche dove – nelle viscere terrene – la luce non c’è.

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