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Stefano Massini, Paolo Jannacci, Daniele Moretto al Teatro della Pergola con “Storie”

Dal 26 al 31 ottobre nella sua “officina del racconto dal vivo” Massini restituirà attraverso il potere evocativo della parola, le tante piccole, grandi storie nascoste tra le pieghe del nostro presente

Dopo Manuale di sopravvivenza, Stefano Massini torna a incontrare, da martedì 26 a domenica 31 ottobre, il pubblico del Teatro della Pergola con le sue storie, tratte dal patrimonio della letteratura europea, individuate tra le pieghe della storia, rintracciate nella quotidianità: sono racconti che aspettano solo di essere scoperti e che Massini, con l’accompagnamento di Paolo Jannacci al pianoforte e di Daniele Moretto alla tromba, porta all’attenzione degli spettatori.

Nella sua “officina del racconto dal vivo”, Stefano Massini restituirà in “Storie” un lungo monologo, un atto unico di 90 minuti, attraverso il potere evocativo della parola, le tante piccole, grandi storie nascoste tra le pieghe del nostro presente.

Oggi, più che mai, abbiamo compreso il valore immenso della possibilità di ritrovarsi, insieme, nello stesso luogo, ad ascoltare e condividere un racconto che provi a restituire una chiave di lettura di un presente indecifrabile. È un “privilegio” che è stato per molte settimane sospeso, sostituito dalla mediazione, insufficiente, degli schermi.

“Che cosa c’è prima di un testo? Semplicemente: la scintilla di una storia, l’innamoramento per la sua forza, per gli echi che contiene, e dunque la volontà di raccontarla. – ha raccontato Stefano Massini – Solo che le storie si nascondono ovunque. Soprattutto oggi, nella proliferazione dei mezzi di comunicazione, in cui la bulimia del narrare a tutti i costi si traduce in valanghe di sequenze inutili. Scopri allora che all’alba del Terzo Millennio uno scrittore è innanzitutto questo: un rabdomante, un cercatore d’oro del Klondike alla ricerca di vene sepolte, nascoste, sedimentate.

Proviamo a farci strada nell’officina del racconto, laddove prende forma il viaggio antico dell’evocare, quel sistema di metafore e rimandi che Borges definiva incanto, magia, anatomia incredibile del reale. È l’anticamera di future storie, il prologo del non ancora detto, il Libro della Genesi in cui la creazione è ancora tutta da organizzare. In Principio fu il Verbo. Ovvero: niente esisteva, ma tutto cominciò a vivere nell’attimo stesso in cui qualcuno scelse la sua storia. E noi ci stiamo tutti dentro. È solo un gioco di specchi, in fondo.”

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