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Teatro in carcere, alla Compagnia della Fortezza il Gonfalone d’argento

Massima onorificenza del Consiglio regionale della Toscana alla compagnia di Armando Punzo. Il progetto nella Fortezza è affidato all’architetto Mario Cucinella

Le foto dello spettacolo event specific di Vinicio Capossela con Armando Punzo e la Compagnia della Fortezza nel Carcere di Volterra - © Ivan D'Alì

La Compagnia teatrale della Fortezza, attiva dal 1988 dentro il carcere di Volterrasarà insignita del Gonfalone d’argento, massima onorificenza del Consiglio regionale. La decisione è stata presa sulla scia della presentazione del progetto per il nuovo teatro stabile all’interno del carcere in un padiglione di 450 metri quadrati e con 250 posti.

Il progetto è affidato all’architetto Mario Cucinella. La struttura sarà completamente rimovibile per garantire ai cittadini di avvicinarsi all’esperienza del teatro carcerario anche rimanendo all’esterno della Fortezza.

“Oggi siamo qui per il sogno di Armando Punzo – ha detto il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mazzeo intervenendo alla presentazione – che dal 1988 accompagna i detenuti in un percorso che aveva l’obiettivo di far nascere e affermare il teatro in un carcere per ridare senso al teatro e dignità ai detenuti”.

Il presidente del Consiglio regionale ha ricordato che “il sogno di Punzo è diventato una realtà e in 35 anni ha prodotto spettacoli premiati più volte ed eventi culturali di livello internazionale. In questi giorni a questi riconoscimenti si è appena aggiunto il Leone d’oro alla carriera della Biennale Teatro 2023”. Non solo, in questi 35 anni, “è cresciuto nel tempo il rapporto con il territorio e molti detenuti hanno potuto fare formazione professionale ai diversi mestieri del teatro”.

I lavori del nuovo teatro si concluderanno nel 2024. “Il carcere – prosegue Mazzeo – nell’idea architettonica di Cucinella e teatrale di Punzo prova così ad andare oltre, a diventare allo stesso tempo istituto di cultura, luogo di produzione e laboratorio per la formazione. Questa è la dimostrazione che anche un’istituzione come il carcere può non essere sempre uguale a sé stessa, può non ripetersi all’infinito, può felicemente tradire la concezione comune e migliorarsi”.

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