Ethan è un artista queer tosco-brasiliano, classe ‘98. Sin da piccolo assorbe la passione per la musica dai genitori, scoprendo la black music grazie alla madre e i grandi miti della Bossanova brasiliana per influenza del papà.
A 18 anni parte per studiare prima all’Officina Pasolini di Tosca, a Roma, e poi alla Jam Academy di Lucca. La sua voce elegante e potente diviene uno strumento di espressione e mezzo attraverso cui comunicare i suoi sentimenti.
Negli anni coltiva un rapporto con il suo corpo bellissimo e complicato: tuttora, Ethan lo usa come una tela che dipinge, veste e colora, forte di un’estetica riconoscibile e mai fine a sé stessa, frutto della sua concezione personale di uomo, in netto contrasto con la figura machista e patriarcale del maschio etero bianco.
La sua musica è un mix di influenze e melodie ipnotiche che attinge alle sue radici italiane e sud americane, Ethan crea un paesaggio sonoro unico in cui la musica elettronica e sperimentale incontra i nuovi ritmi della musica latina.
A maggio 2025 è uscito “Metamorfosi (Vol.2)”, il nuovo EP di Ethan, un progetto carnale quanto etereo che sperimenta liberamente con il funk, l’elettronica, il mondo del clubbing e quello del pop.
Tra i brani spicca la collaborazione in “Fim do mundo” con l’artista queer carioca Mia Badgyal che ha aperto i concerti di Charlie XCX e Nashikko.
Recentemente Amazon Music Italia ha scelto Ethan come volto della playlist “Proud”, dedicata alla comunità LGBTQA+.
La nostra intervista a Ethan
Ciao ti ricordi com’era il piccolo Ethan, quando ha iniziato a fare musica?
Lo porto sempre con me, lui fa parte di tutte le mie gioie e le mie frustrazioni. Ho iniziato a 7-8 anni a cantare. Sono vent’anni che ho capito che la musica fa parte della mia vita. Sono cambiato tantissimo, ma la musica è sempre rimasta una parte fondamentale di me, ho sempre sentito che volevo fare questo, non ho mai messo in discussione questo, è una parte vitale di me.
A maggio è uscita la seconda parte di “Metamorfosi” una parola che dice già tanto su cosa c’è in questo progetto, la ricerca di una nuova forma, un processo di trasformazione
Sicuramente c’è un bel po’ cambiamento all’interno rispetto alle cose che facevo prima, quindi non potevo che chiamarlo Metamorfosi. Ho pensato di dare un senso di dinamicità, cioè partire da una forma per poi arrivare ad un’altra e nel frattempo cercare di godermi il tragitto.
La musica viene spesso ascoltata in modo passivo e questo disco è anche il tentativo di combattere tutto questo, l’ho fatto per me e per le persone che hanno voglia di ascoltare qualcosa di diverso
Quando è in atto una metamorfosi, il percorso non è mai facile perché si sa da dove si parte, ma non si sa dove si arriva
È verissima questa frase, confermo, soprattutto oggi con la velocità di tutto, non è mai certo niente, non c’è niente di concreto e sicuro. Sento di essere portatore di un cambiamento dentro di me, anche se a non tutti arriva. L’avevo messo in conto fin dal principio, quando parli di metamorfosi non tutti lo capiscono, non è mai lineare.
In questo disco c’è una collaborazione con l’artista brasiliana Mia Badgyal, ho letto che hai anche fatto un viaggio in Brasile che per te è stato particolarmente importante
Ricongiungermi al Brasile per me è sempre molto importante, mio papà è brasiliano e una volta l’anno devo andare a trovarlo per rigenerarmi. Parte del mio sangue è lì, ho bisogno di tornare e fare sessioni musicali là. Ho avuto modo di collaborare con Mia e altri artisti locali, come in “Love è fraco” uscito nel Vol.1 con Mc Gw. Sono molto felice di questi featuring, spero di poter continuare a farlo e restare legato alle mie radici.
Ascoltando il tuo disco percepisco il racconto di una difficoltà che tutti noi sperimentiamo nelle relazioni, una cosa di cui sentiamo il bisogno, ma sembra sempre molto difficile instaurare una connessione, come mai secondo te?
Siamo nell’era del riciclo, in un momento in cui tutto è usa e getta. Io non sono contrario alle dating apps, ma se pensiamo al fatto che danno accesso a milioni di persone, al primo segnale in cui qualcosa non va bene, spesso manca la voglia e la pazienza di dedicarsi a qualcuno, adattarsi o cambiare se stessi, o funziona o è già finita. Manca la voglia di costruire. Questo si riflette su tutto sia a livello relazionale che musicale, a livello sociale c’è una frattura. La musica viene spesso ascoltata in modo passivo e questo disco è anche il tentativo di combattere tutto questo, l’ho fatto per me e per le persone che hanno voglia di ascoltare qualcosa di diverso.
Canto per gli ultimi, per quelli che non sono mai stati capiti e per tutti quelli che si sentono sbagliati
Penso che per un artista l’autenticità sia tutto, rimanere se stessi a ogni costo, lo diceva anche Sinead O’Connor, lei ha pagato questa scelta a un prezzo carissimo
Tutti lo pagano, dipende dove vuoi stare sul mercato e cosa vuoi fare. Essere artisti oggi è anche scegliere che direzione prendere, se vuoi scendere a compromessi perché il mondo va in un certo modo ed è un percorso comunque valido, oppure no. Ci sono persone che preferiscono rimanere più fedeli al loro modo di essere e questo inevitabilmente un po’ diminuisce ascolti e visibilità. Tutti fanno musica, è sempre più difficile emergere, sono d’accordo con te l’autenticità alla fine ripaga sempre ma è un percorso lunghissimo.
Questo però possiamo dirlo è stato un po’ il tuo anno, mi sembra che quello che volevi comunicare sia arrivato, c’era bisogno dei tuoi messaggi e anche del tipo di linguaggio che hai usato
Ho sempre molta difficoltà ad autoproclamarmi, non riesco a vederla in questo modo perché voglio sempre di più. Avevo bisogno di riposizionarmi sul mercato e sentirmi più affine alle mie radici, alle mie sonorità, al mio pubblico e alla mia community. Quindi ho fatto un cambio radicale di direzione e questa cosa sta pagando. Alcuni se ne sono andati, alcuni sono rimasti ed altri stanno arrivando. Cerco di vedere tutto in un’ottica futura, se continuo ad essere fedele a quello che sono oggi nel futuro arriverò a chi devo arrivare. Sono comunque molto grato dei traguardi che sto raggiungendo, sto arrivando piano, piano dove voglio.
Mi colpisce molto come giochi con la tua immagine perché mi ricordi quasi una figura mitologica, un fauno, un essere sovrannaturale. Quanto è importante per te esprimerti anche attraverso il corpo, che è un oggetto anche politico
Oggi non possiamo non considerare la parte visiva. Ho sempre fatto attenzione a come comunichiamo anche non verbalmente, per me è sempre stato fondamentale non trascurare questa parte. Per questo progetto in particolare avevo bisogno di dare l’idea della transizione, un cambiamento, il movimento verso qualcosa. Nelle ultime foto appaiono elementi metallici come l’acciaio perché anche il mio sound sta evolvendo dall’organico verso qualcosa di più industriale, è l’Ethan 2.0.
Come vorresti che si sentissero le persone che ascoltano la tua musica, pensi a loro quando componi?
Cerco di parlare di me e di quello che vivo, non so quante persone possono ritrovarsi in quello che dico. Parlo alla comunità Queer, a persone che cercano una loro rappresentazione nel mondo e non sempre la trovano. Gli artisti Queer spesso fanno finta di non esserlo perché è più conveniente per il mercato. Io voglio rappresentare un’alternativa a quello che ci viene dato “da mangiare” perché è già facile da digerire. Canto per gli ultimi, per quelli che non sono mai stati capiti e per tutti quelli che si sentono sbagliati.
