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Illegalità e sommerso in Toscana valgono 11,3 miliardi. Giani: “Mantieniamo alta la guardia”

Secondo il rapporto dell’Irpet presentato oggi l’economia illegale e quella “a nero” rappresentano l’11,7% del PIL regionale. Per quanto riguarda le mafie non sono radicate sul territorio, ma lo utilizzano per il riciclaggio

La presentazione del “Rapporto 2023 su illegalità e criminalità organizzata nell’economia della Toscana” di Irpet

Ammonta a 11,3 miliardi, pari all’11,7% del PIL regionale, il valore complessivo delle attività illegali e dell’economia sommersa in Toscana, secondo il “Rapporto 2023 su illegalità e criminalità organizzata nell’economia della Toscana” redatto dall’Irpet che è stato presentato oggi a Firenze nel corso di un evento a cui hanno partecipato il presidente della Regione Eugenio Giani, l’assessore alla legalità Stefano Ciuoffo e il procuratore della Repubblica di Firenze Filippo Spiezia.

In particolare l’economia connessa alle attività illegali muove un giro di affari di 1,2 miliardi di euro, a cui si sommano i 10,1 miliardi attribuibili al sommerso, in cui rientrano le attività celate alle autorità fiscali dall’evasione al lavoro nero.

“Le mafie si combattono parlandone a voce alta e dandoci gli strumenti necessari di studio e analisi – ha commentato il presidente Giani –  di qualunque tipo sia la criminalità prospera se non le si presta la giusta attenzione, se la si sottovaluta, senza dotarsi dei giusti strumenti per riconoscerla e farla emergere nelle attività, nelle relazioni, nelle modalità operative. Noi questa operazione la compiamo ogni anno. Ringrazio anche le istituzioni statali, la Procura e la Magistratura che ci affiancano in questo fondamentale compito”.

“Sebbene le mafie non esprimano nella regione uno stabile radicamento territoriale, la Toscana si conferma una delle aree privilegiate per attività di riciclaggio e più in generale per la realizzazione di reati economici finanziari su larga scala – ha aggiunto l’assessore Ciuoffo –  il rapporto ci rafforza nella convinzione che stiamo battendo la strada giusta, nonostante il mutamento continuo e costante del crimine organizzato. Irpet dimostra come la Toscana sia un territorio resiliente e capace di mettere in campo azioni trasversali per il contrasto alla mafia, in un lavoro collegiale tra le istituzioni.”

Attenzione alla contraffazione e alle mafie straniere

Tra i dati preoccupanti c’è l’aumento dei procedimenti per associazione mafiosa avviati tra il luglio 2021 e il giugno 2022, riportato dalla relazione per l’Anno Giudiziario 2023 della Procura Generale, che passano da 13 a 28. Il fenomeno delle infiltrazioni delle mafie straniere suscita particolare allarme per i legami che può instaurare con le mafie locali, in particolare la mafia cinese, con elevati tassi di criminalità economico finanziaria, e la mafia albanese, specializzata nel traffico internazionale di droga.

Nonostantre questo nel confronto nazionale, la Toscana è solo al 16esimo posto per gli indicatori oggettivi di presenza di crimine organizzato, mentre si colloca tra le prime regioni del centro-nord (al nono posto) per gli indicatori di esercizio di attività illecite, come riciclaggio, contraffazione, contrabbando, stupefacenti, reati del ciclo dei rifiuti, sfruttamento della prostituzione.

Nello specifico delle attività illecite, la Toscana emerge appunto come un caso critico nel reato di contraffazione, con otto province su dieci sopra la media nazionale. Firenze e Prato sono coinvolte prevalentemente nella produzione di merci contraffatte, Livorno e Grosseto, invece, nelle connesse attività di logistica e successiva distribuzione.

La mortalità aziendale anomala, ovvero in eccesso, si addensa prevalentemente nei settori dell’abbigliamento e pelletteria e calzature (Prato, Empoli), mentre il ricorso in eccesso al part-time riguarda principalmente l’area della Toscana settentrionale e in particolare Prato, dove supera il 40% dei contratti, soprattutto nel settore dell’abbigliamento.

Tra i dati positivi invece ci sono le procedure di lavori pubblici associate al Pnrr (il 17% del totale regionale, 1.200 su 6.700) che presentano una maggior apertura alla concorrenza rappresentata da un più ampio ricorso a procedure di tipo aperto (+12,6% in Toscana, +10% in Italia) e una minor frammentazione della committenza rappresentata da un maggior ricorso a soluzioni centralizzate (+10% in Toscana, +20% in Italia).

Il lavoro nero vale 3,6 miliardi

Le stime Irpet quantificano in Toscana un valore aggiunto legato al lavoro irregolare di 3,6 miliardi, pari al 3,7% del valore aggiunto regionale, in linea con le regioni del nord. Complessivamente, l’evasione contributiva legata al lavoro irregolare è stimata per la nostra regione nell’ordine di circa 604 milioni di euro.

Una quantificazione dell’Irpef evasa in Toscana restituisce un ammontare di poco superiore a 2,5 miliardi di euro, in linea con la media nazionale. Il differenziale tra dovuto e pagato relativamente all’Imu nel 2020 era pari al 23,2% con un mancato gettito di 319 milioni contro un gettito effettivo di un miliardo.
Il tax gap è più elevato nei sistemi economici locali più urbanizzati e industrializzati delle aree fiorentine, pratesi e pisane. Le stime di fonte Mef evidenziano l’ampia differenza tra i territori meno virtuosi (fino al 40% in Calabria del gettito teorico) e le regioni più virtuose (14% in Emilia Romagna). La Toscana si colloca vicino alla media del paese, ma con valori più elevati delle regioni del centro nord.

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