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“La famiglia e la scuola per aiutare i ragazzi a sfidare la paura”

La dottoressa Gulino, presidente dell’ordine degli psicologi, racconta come affrontare i “mostri” creati dalla pandemia e dalla guerra. “Gli adolescenti sono come bloccati davanti al futuro. Gli psicologi di base saranno fondamentali”. Il 10 maggio un incontro in Regione sulla nuova legge

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La paura è un sentimento subdolo. L’ansia, quella strana sensazione di chiusura, di claustrofobia. Il buio davanti, un muro che sembra impossibile da scavalcare. E tutto diventa più complicato quando vivi la tua adolescenza, la stagione della vita dove provi a imparare l’arte della conoscenza: degli altri, della vita, di quegli scampoli di indipendenza su cui provi a correre da solo, coi pochi strumenti che porti con te.

Ciò che hai imparato dai tuoi genitori, dai tuoi giorni sui banchi di scuola. Teoria, che a un certo punto diventa pratica. E’ la stagione della curiosità, quella offuscata e congelata da anni durissimi di lockdown e di distanziamento. Il contatto fisico quasi azzerato, la socialità come rischio quotidiano. E poi la guerra. Una nuova paura che si aggiunge a mesi di solitudine e di parole a distanza. La dottoressa Maria Antonietta Gulino è la presidente dell’ordine degli psicologi della Toscana. E’ lei la persona giusta a cui chiedere come fare a riaccendere la luce per illuminare (o, almeno a provarci) la strada che dia una direzione al futuro di ragazzi a cui il domani somiglia tanto a quel muro e a quel buio.

Disattivare le relazioni è come togliere gli arti. L’adolescenza è la stagione delle scoperte, invece tutto si è fermato

Dottoressa Gulino, i ragazzi come stanno vivendo questi giorni infiniti fatti di solitudine e, riaperte le porte, di nuove domande a cui è difficile dare risposte.

Alcuni effetti sono inquietanti. Assistiamo a nuove forme di bullismo. Addirittura dei ragazzi più piccoli nei confronti di ragazzi più grandi. Una specie di ribaltamento dei ruoli. Questi sono i fenomeni più eclatanti. Ma l’aver disattivato le relazioni ha creato situazioni difficili da gestire.

Nell’età in cui costruire nuove relazioni fuori dall’ambiente familiare è fondamentale, tra l’altro.

Disattivare le relazioni è come togliere gli arti. L’adolescenza è la stagione delle scoperte, della necessità di decodificare il mondo. I genitori ti aiutano a distinguere il bene dal male. Ma poi devi sperimentare. Invece no, tutto si è fermato. Il confronto con gli altri, ciò che dovrebbe arricchirti e raffinare i tuoi strumenti, si è bloccato portando nella vita dei ragazzi nuove paure: quella di contagiare i genitori o i nonni, per esempio. Quella di un futuro che viene descritto come qualcosa di apocalittico. Il presente genera ansie, il futuro una specie di mostro…

E senza il futuro cosa resta?

La verità è che per vivere in salute è necessario avere degli obiettivi. Dei traguardi. Questo vale per chiunque, figuriamoci per un adolescente. Il qui e ora senza un progetto non ha senso. Per i ragazzi è ancora più grave. Sono come congelati. Da un’indagine del nostro Ordine risulta che il 69 per cento degli psicologi intervistati ha rilevato un aumento degli stati d’ansia e di forme depressive.

Paura di affrontare il reale. E il virtuale rischia di diventare una specie di comfort zone.

Dove c’erano le gite scolastiche spesso c’è la playstation o il pc. Per non dire della Dad, utile ma luogo altro dove i rapporti umani sono stati pressochè azzerati.

Vale di più un’ora di dialogo in famiglia che stare tutti in silenzio davanti al tg. La famiglia è fondamentale e va sostenuta

Perché poi ripartire non è un processo automatico.

Già. Il cervello deve adattarsi in nome dell’autoconservazione. Vediamo ancora persone all’aperto con la mascherina, anche se per legge non è più obbligatoria. Ma è normale. Ci sono voluti mesi per entrare nel meccanismo, non se ne esce facilmente. Almeno, non tutti sono in grado di farlo e non tutti contemporaneamente.

E poi i ragazzi ci chiedono della guerra. E rispondere non è facile. Quando sentiamo parlare di nucleare anche a noi adulti sembra di essere piombati in un film catastofrico decisamente non contemplato, almeno fino a ieri.

La storia ci insegna che le guerre sono una tragedia, ma iniziano e finiscono. Dobbiamo coltivare la speranza. Purtroppo spesso l’informazione tende a essere divisiva. E’ comprensibile, ma questo crea ulteriore disagio. I ragazzi vanno stimolati e, soprattutto, ascoltati. Vale di più un’ora di dialogo in famiglia che stare tutti in silenzio davanti al tg. La famiglia è fondamentale e va sostenuta.

Anche la scuola ha il compito di stimolare la crescita e una grande responsabilità in questo senso.  Chiedere “come stai” ad uno studente può essere decisivo e in dad spesso era difficile, invece a volte ci sono domande o parole che possono fare la differenza”. Attivare in ogni scuola lo psicologo sarebbe una grande opportunità per studenti, insegnanti e genitori.

Il famoso verbo “stimolare”, quello che lei ha già citato.

Già. La scuola è il luogo della formazione. Educare non significa introdurre nozioni dentro la mente dei ragazzi, educare vuol dire aiutarli a tirare fuori ciò che hanno dentro per riflettere e sviluppare pensieri, in modo da trovare gli strumenti per sviluppare il proprio talento e affrontare il mondo.

In questo periodo si torna a parlare della figura dello psicologo come qualcosa di fondamentale. E non solo per i ragazzi.

Ci stiamo battendo affinchè una legge regionale preveda la figura dello psicologo di base da affiancare al medico di base e al pediatra. Questo nelle case della salute territoriali. Di questa proposta di legge ne parleremo a Firenze il 10 di maggio nell’auditorium della Regione.

Questa legge potrebbe iniziare a rispondere a una questione vitale del nostro vivere.

E’ un passo. Ma per noi è qualcosa di più. I ragazzi sono il nostro futuro. Dobbiamo muoverci per non lasciarli soli con le loro paure.

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