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L’arte di trasformare i rifiuti del mare in opere: la lezione di “Be Coot”, artigiano del riciclo

Da Livorno, Alessandro Di Costanzo crea animali marini utilizzando quello che trova sulla spiaggia e tanto senso dell’umorismo: c’è il pesce trombetta o il barracoda, ad esempio. “Non mi sento un paladino, la mia è una denuncia muta. Serve una maggiore sensibilizzazione”

Il mare restituisce plastica, legno e vetro e lui, Alessandro Di Costanzo, trasforma tutto in piccole opere d’arte, proprio dal mare ispirate: pesci, gabbiani e cavallucci marini. Si fa chiamare “Be Coot”, un nome d’arte che doveva per forza essere inglese (“magari per andare a lavorare anche all’estero”, dice l’artigiano artista): prima pensava a “Be cool”, ma forse troppo, poi è diventato “Be Coot” appunto, “come la folaga americana”, un uccello acquatico, “una grossa anatra, insomma”. Ed ecco che il mare torna. Alessandro Di Costanzo ha 52 anni e “da 51 Livorno mi ha adottato”, qui lavora, vive, crea e trae ispirazione. “Vorrei anche andare all’estero, ma alla fine sempre a Livorno rimango”, dice ridendo.

È un hobbista e come tale vende nei mercatini e on line, per chi lo cerca sul suo sito e sui suoi canali social. “Ho anche un canale whatsapp, così creo un contatto diretto con i clienti: mi mandano foto, io gli faccio vedere l’idea e la bozza”. Il suo laboratorio è una casa “talmente piena di roba, che dormo sullo zerbino”, dice ancora ridendo. La parlata è tipica livornese, ma lui dice di no, che gli manca il “rozzo”.

Non sei nato a Livorno quindi?

Mia mamma è sarda, mio padre ha origini napoletane e io sono nato in Germania perché i miei hanno trovato lavoro lì. Poi quando avevo un anno siamo venuti a Livorno. Volevo fare il liceo artistico, ma sai, i genitori non volevano e io mi sono imposto poco. Così ho fatto tanti lavori: conceria, muratore, lo spedizioniere. Tanti, non mi spaventa la fatica.

E come ti sei avvicinato all’arte?

La passione l’ho ereditata da mio padre e da mio zio che dipingevano, ma a livello amatoriale. Mi è sempre piaciuta la pittura e lavorare il legno, ho unito le due cose. Da ragazzino, con un gruppo di amici, siamo arrivati anche in edicola con un giornale tipo Vernacoliere ma senza politica, disegnavamo storie. L’unico rammarico è di avere iniziato troppo tardi, da solo dieci anni. Quando passi da un lavoro all’altro, ti ritrovi nell’età di mezzo che sei sempre avanti per i contratti, e allora ho detto: proviamoci, vediamo come va. E sta andando abbastanza bene.

L’idea di creare opere da vendere utilizzando materiali di scarto come è nata?

Avevo bisogno di creare con materiale che costasse poco e poi mi piace riuscire a dare una nuova vita agli oggetti, sia quelli che restituisce il mare che quelli portati dalle persone, cose che non usano più o che devo risistemare. E sono sempre di più. Poi abito vicino al mare, vicino alla Terrazza Mascagni, e a volte ritrovo galleggianti o cose così.

La tua forma d’arte è anche una denuncia.

Non mi sento un paladino, la mia è una denucia muta. Però mi accorgo che succede qualcosa quando si avvicinano i bimbi e i genitori gli dicono: cosa ci vedi in questo oggetto e loro restano un po’ basiti. Lo vedi che sono travolti dalla tecnologia, come tutti del resto, e non riescono a guardare al di là del proprio naso. Travolti da un mondo consumistico, che quando una cosa si rompe va battuta via.

Livorno dà senso alle mie ispirazioni. Mi piacerebbe provare posti nuovi e diversi, ma resto sempre qui

La tua, quindi, non è una denuncia urlata, ma un’azione concreta.

Serve una maggiore sensibilizzazione e mi piace pensare che stiamo diventando più sensibili.

Qual è il tuo soggetto preferito.

I pesci mi piacciono tutti, perché si prestano bene a quello che faccio.

Dai nomi anche divertenti alle tue opere.

Io cerco di metterci humor, mi ci diverto. C’è il pesce trombetta, poi il biliardino, c’è il pesce maranza con la catenaccia e il jeans tutto strappato, il favollo sceriffo. Poi i gabbiani dell’amorometro, che se uno della coppia è arrabbiato deve girarlo e spezzare il cuore.

È molto livornese tutto questo.

Livorno dà senso alle mie ispirazioni. Certo, mi piacerebbe provare posti nuovi e diversi, ma poi sono molto legato alla famiglia e mi spaventa anche un po’ non sapere cosa trovo.

Quali sono i tuoi best seller?

Il pesce trombetta, di sicuro, poi il cavalluccio marino e il barracoda.

Ma come trovi l’idea?

Sono pazzo di mio (ride, ndr). Penso a un pesce nuovo e poi costruisco un doppio senso che possa funzionare. Ad esempio il pesce trombetta, nasce da una storia che lessi da piccolo su Topolino. Poi ora le trombette della bici costano poco, te le tirano dietro, quindi le riuso.

Dove ti troviamo questa estate?

Ci sarò ad Effetto Venezia, con un gazebo. Poi esporrò in alcuni negozi, ma soprattutto vengo contattato direttamente dalle persone.

Ormai sei conosciuto a Livorno

In tanti vengono a cercarmi e questa cosa mi piace, non me l’aspettavo. Alcuni vengono da fuori città e ho anche venduto all’estero. L’altro giorno ero all’Ikea a Pisa e mi hanno riconosciuto: “Ma tu sei l’artigiano, ho visto i tuoi lavori”, mi hanno detto. Non me l’aspettavo.

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