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Mary Shelley: nel romanzo di Silena Santoni l’enigma della ventenne che creò Frankenstein

Silena Santoni nel romanzo “La mia creatura”, pubblicato da Giunti Editore, racconta la genesi del capolavoro letterario di Mary Shelley, ma soprattutto la vita incredibile di una donna dalla forza straordinaria, simbolo di emancipazione femminile

Mary Shelley

“La mia creatura” si intitola così il romanzo gotico della scrittrice toscana Silena Santoni, pubblicato da Giunti Editore, ispirato alla vita di Mary Shelley creatrice di Frankenstein, un libro che ha inaugurato la fantascienza.

Il libro intreccia verità e finzione in un’emozionante storia di rivalsa femminile, con protagonista un’eroina tormentata, magnetica, indimenticabile.

La vita di Mary non è mai stata facile, i lutti l’hanno perseguitata fin dalla nascita, a partire dalla madre che muore mettendola al mondo, dando vita a fantasmi che popolano i suoi pensieri, insieme ai sensi di colpa di cui non riesce a liberarsi.

L’amore per il poeta Percy Shelley conosciuto quando lei era ancora un’adolescente e lui era già sposato con figli, la tiene in vita. Un uomo anticonformista e geniale, romantico e crudele con cui scappa dalla casa paterna per viaggiare in tutta Europa e anche in Toscana, dove lui morirà tragicamente in un naufragio.

Ma oltre all’amore c’è un’altra passione che anima la vita di Mary: è la scrittura. Sarà il 1816, “l’anno senza estate” a cambiarle la vita. Sulle sponde del Lago Lemano a Ginevra, Mary e Percy, isolati in una notte di tempesta a Villa Diodati con la sorellastra Claire Clarmont, Lord Byron e John Polidori, evocheranno qualcosa di oscuro che porterà Mary a concepire la sua creatura: Frankenstein. Un mostro che, nel metterla di fronte agli incubi più cupi, le darà finalmente anche la forza di liberarsene, per diventare immortale.

Silena Santoni nel romanzo “La mia creatura” attraverso il racconto in prima persona della protagonista, esplora la genesi del capolavoro di Mary Shelley ma soprattutto racconta la vita incredibile di una donna dalla forza straordinaria, capace di lottare contro terribili “mostri” e diventare un simbolo di emancipazione femminile oggi più attuale che mai.

Ecco la nostra intervista a Silena Santoni

Mary Shelley è un mistero, perché ancora oggi ci si domanda come sia possibile che questa giovanissima ragazza di neanche vent’anni abbia potuto scrivere uno dei libri più importanti della letteratura mondiale. Quel Frankenstein che avrebbe poi dato vita al filone della fantascienza

In effetti stupisce molto, aveva 19 anni quando ha scritto Frankenstein. Com’è possibile? Intanto bisogna pensare a dove nasce e cresce Mary Shelley. Lei è figlia di due scrittori, filosofi e intellettuali: William Godwin il padre e Mary Wollstonecraft la madre che era una protofemminista e muore di parto proprio dando alla vita Mary. Sono due geni, quindi il padre si aspetta che Mary abbia ereditato da entrambi i genitori la genialità. Tant’è vero che per assurda convinzione dell’epoca quando nasce la bambina viene chiamato un frenologo per misurarle la circonferenza del cranio. Viene subito molto stimolata sia per le aspettative, perché Mary sa fin da piccola che dovrà diventare una scrittrice, il che è un fardello non indifferente per lei. A 4 anni sa già leggere e scrivere, il padre la porta spesso sulla tomba della madre e indicandole lettere che sono incise sul marmo le insegna l’alfabeto. Sia perché la bambina già a 4-5 anni è ammessa allo studio, il salotto del padre che era frequentato dagli intellettuali dell’epoca, poeti come Wordsworth, Coleridge, ma anche scienziati.

il mostro creato dal dottor Frankenstein altro non è che la raffigurazione di tanti mostri che Mary si portava dentro

Lo stesso salotto in cui conosce Percy Bhysse Shelley tra l’altro…

A questo bisogna aggiungere che era un’altra epoca, oggi un 19enne è un bambino, lei a 19 anni aveva già avuto due gravidanze, era scappata di casa, aveva viaggiato per mezzo mondo, quindi era particolarmente precoce. Ultima cosa Mary porta dentro di se tanti lutti, la madre muore 10 giorni dopo la sua nascita, lei si ritiene in qualche modo responsabile di questa morte. Inoltre la sua prima bambina muore a poche ore dalla nascita. La vita di Mary fin da giovanissima è costellata da lutti, ansie, paure che avevano bisogno di uscire fuori, di essere codificate e lei da una forma a tutto questo nel suo romanzo. In fondo il mostro creato dal dottor Frankenstein altro non è che la raffigurazione di tanti mostri che Mary si portava dentro.

Si dice che Frankenstein sia un’opera sul parto, sul dare e togliere la vita, collegandolo proprio alla morte della madre e ai tanti aborti di Mary

Lei perde quattro figli, sicuramente il tema della genitorialità consapevole è fondamentale nella vita di Mary, un tema che lei riporta in Frankenstein. Perché in realtà la figura della creatura è stata modificata nelle opere teatrali, nei film, come malvagio. Invece nell’opera originale è buono, è semplicemente un diverso che si incattivisce a causa della malvagità e del pregiudizio delle persone. Il vero criminale è lo scienziato, il dottor Frankenstein che tenta un esperimento folle, nel non rispettare le leggi della natura, nella ricerca dell’immortalità. Quando si accorge di quello che ha fatto scappa e abbandona la creatura che è come un bambino appena nato, al suo destino. La responsabilità nella procreazione è un tema fortissimo in lei.

Il suo romanzo si apre con uno degli eventi cardine della vita di Mary, ovvero la morte del marito Percy Bysshe Shelley durante un naufragio sulla costa toscana. Loro vivono una vita molto avventurosa, scappano insieme quando Percy era ancora sposato. Il loro viene definito un grande amore, ma mi pare di capire che tu sei invece molto critica nei confronti di Percy

Percy Shelley è l’esempio di genio e sregolatezza, una persona che vive al di là di qualunque regola sociale e etica. È contrario al matrimonio, è favorevole all’amore libero, sono tutte sue teorie che lui mette in pratica anche nel rapporto con Mary e non si preoccupa più di tanto di offendere la sensibilità di questa persona, lui va avanti per la sua strada. Mary all’inizio subisce una fascinazione enorme di quest’uomo, pensa di non poter vivere senza di lui, si sente sempre non all’altezza di questo marito bello, famoso, poeta che scrive versi bellissimi. Poi col passare del tempo lo ha un po’ ridimensionato. Malgrado lei rimanga vedova giovanissima, a soli 24 anni, nella realtà Mary non si risposa mai, torna in Inghilterra e lavora indefessamente alla revisione dell’opera del marito. Quindi in qualche modo continua a vivere nell’orbita di quest’uomo. Nel mio romanzo ho dato a Mary una sensibilità più contemporanea e ho immaginato che alla fine questa donna si sia veramente stufata dei capricci, degli amori, delle umiliazioni e degli egoismi innegabili di Percy. A un certo punto capisce di non aver bisogno di lui, trova la propria dimensione, il proprio orgoglio e la propria libertà. Riesce cioè a dare un senso alla propria vita a prescindere dal marito, proprio attraverso la scrittura, nell’orgoglio e la consapevolezza di aver scritto un capolavoro che durerà negli anni.

Mary trova la propria dimensione, il proprio orgoglio e la propria libertà. Riesce a dare un senso alla propria vita a prescindere dal marito, proprio attraverso la scrittura

Una cosa innegabile è che dopo la morte tragica del marito lei si riprende in modo molto energico da questa tragedia. Pur essendo una donna sola con un bambino piccolo continua a lavorare e a scrivere, ha una vita piena, ricca. Però devo dire che Frankenstein esiste anche perché fu Percy che spinse la moglie a scrivere il romanzo e leggendo le poesie che lui le dedicava è difficile restare indifferenti, il loro sembra davvero un grande amore

Per lui era anche un costume, scrive poesie bellissime per tutte le donne che via via incontra e che elegge a proprie “Muse ispiratrici”. E’ un grande poeta, scrive cose bellissime per Mary ma non solo per lei. Ed è storicamente provato che specialmente nell’ultimo periodo che passano  a Pisa e in Liguria i rapporti si erano un po’ raffreddati. D’altra parte Percy ha un rapporto continuo con la sorellastra di Mary: Claire Clairmont, il loro è un rapporto a tre dall’inizio alla fine. Si dice che lui abbia anche concepito una figlia con Claire. Lei è l’amante ufficiale di Percy, insomma non sono cose facilissime da digerire agli inizi dell’800 per una donna.

Sì può dire che alla fine Mary “ha vinto”, nel senso che è la più famosa, ancora oggi, almeno nella cultura pop, rispetto a quel gruppo di intellettuali, al marito e anche al padre che dopo la fuga l’aveva ripudiata?

Non so fino a che punto tutto questo sia meritato perché parliamo di Byron, di Shelley di grandi artisti, rimane il fatto che lei con la creazione di Frankenstein è sicuramente la persona più famosa. Non so se sia accaduto nella realtà, ma nel mio romanzo Mary si prende una rivincita, acquisisce coscienza dell’importanza della sua opera che la renderà famosa nei secoli a venire. Lei ne era almeno in parte consapevole perché Frankenstein viene subito messo in scena a teatro poco dopo la morte di Shelley. Quando lei rientra in inghilterra già assiste ad una trasposizione scenica del suo libro.

Silena Santoni, La mia creatura
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