Un nuovo piano sanitario nazionale “sempre più integrato: un’integrazione vera tra sanitario e socio-sanitario”: è la premessa dell’assessora al diritto alla salute e alle politiche sociali della Toscana Monia Monni al Forum Risk Management di Arezzo. La prima vera uscita pubblica dopo la nomina e l’assegnazione delle deleghe in giunta pochi giorni fa.
Monni ha partecipato ad una tavola rotonda assieme ad altri assessori e rappresentanti di Regioni: dall’Emilia Romagna, dal Piemonte, dalla Calabria e dalla Basilicata, dalla Puglia e dalla Sicilia. Presenti anche tecnici del Ministero. L’occasione per ribadire il diritto alla salute e difendere il sistema sanitario con le opportune integrazioni.
In tanti hanno rimarcato come manca un nuovo piano nazionale dal 2006, sostituito dai piani di salute che poi, con la pandemia da Covid, sono venuti anche loro meno. Crescono i bisogni, crescono i costi e servono scelte: a volte anche impopolari, convengono un po’ tutti gli assessori intervenuti, magari con ricette e sensibilità a volte diverse.
L’integrazione tra sanità e sociale
“L’integrazione tra sanità e sociale è un obiettivo che la Toscana persegue da tempo: con questa legislatura ha anche riunito, non casualmente, le deleghe in uno stesso referente politico“ ha spiegato Monni. “Integrare politiche sanitarie e politiche sociali ci aiuta a prendere in cura le persone in maniera più compiuta. E questo deve essere il nostro obiettivo” ha sottolineando. Un obiettivo da centrare “leggendo o provando a leggere una società in movimento, perché altrimenti rischiamo di rincorrere i bisogni delle persone, che invece vanno prevenuti”.
Una società con tante fragilità
Una società, l’hanno sottolineata molti nel corso del seminario, “che invecchia e dove a volte non si invecchia sempre bene cosicché le famiglie devono farsi carico di anziani non più autosufficienti”. Una società anche dove altri fattori condizionano la salute delle persone: dalla marginalità alla perdita di lavoro. Una società dove aumentano i malati cronici e dove nessuna persona deve sentirsi periferia.
C’è chi non nasconde la problematicità di pazienti che si spostano da una regione all’altra per curarsi. Si parla anche di prevenzione e di salute mentale, di telemedicina e di innovazione, della nuova assistenza territoriali e di tetti sulla spesa del personale da rimuovere. Si parla chiaramente anche delle liste di attesa.
“Tutto si tiene e va tenuto assieme – ha ribadito Monni -: per questo l’integrazione è un metodo di lavoro e un approccio da cui non possiamo prescindere”. Senza dimenticarsi di chi lavora in sanità: “dobbiamo tornare ad avere anche più cura di chi dei nostri cittadini si prende cura”.
Il ruolo delle case di comunità
“Le case di comunità – ha concluso l’assessora – saranno un grande luogo dove praticare questa integrazione e fare comunità. Con le case di comunità riusciremo ad evitare che le persone rimbalzino da uno sportello ad un altro, creando percorsi dove nessuno si sente abbandonato. Ne apriremo a breve settanta: una sfida che potremo portare avanti con l’alleanza e l’aiuto dei medici di medicina generale e del terzo settore”.