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La straordinaria “famiglia” del Giglio, dieci anni dopo il naufragio della Concordia

I giorni e le notti della tragedia del Giglio, a informare, a raccontare passo dopo passo il naufragio e i soccorsi, chi si è salvato, chi non ce l’ha fatta e ancora l’animo nobile dei gigliesi, vivo patrimonio dell’umanità

costa concordia - © protezione civile

Camminare tra il molo rosso e il molo verde nelle ore immediatamente successive alla tragedia della Costa Concordia aveva dell’incredibile. Da una parte la macchina dei soccorsi che si era immediatamente attivata con il suo carico di uomini e mezzi ad impegnare ogni anfratto possibile sulla terra e sul mare; dall’altra, l’Isola del Giglio che, in meno di 24 ore, si era trasformata nel centro del mondo.

Oltre 350 giornalisti, provenienti da ogni angolo del pianeta, si erano riversati su quel lembo di terra nelle prime due settimane dall’evento. Con i moli e le strade trasformati in una sorta di set cinematografico con lo sfondo ‘innaturale’ della Concordia.

I tempi, una volta scanditi dalle partenze e dagli arrivi dei traghetti erano stati stravolti. Telecamere fisse su ‘rec’, microfoni accesi e la cronaca era servita. Dirette non stop h24 su quello che si è ben presto rivelato essere uno egli eventi del secolo. Collegamenti nei tg, dirette nelle trasmissioni serali di approfondimento e storie raccontate nei palinsesti pomeridiani, oltre che servizi sui principali media stranieri erano diventati pane quotidiano per cittadini di tutto il mondo.

La comunicazione produce effetti certi ma Gabrielli: La comunicazione produce effetti certi ma soprattutto certi effetti

“La comunicazione produce effetti certi ma soprattutto certi effetti” aveva detto l’ex Capo Dipartimento di Protezione Civile Franco Gabrielli nella sua prima conferenza stampa al Giglio. Una frase che a distanza di tempo si è rivelata quasi una profezia. Per gente che ha fatto della propria isola in mezzo al mare il luogo dove vivere e lavorare, circondata da calma, silenzio e serenità ritrovarsi alla ribalta delle cronache mondiali è stato un passaggio non indolore. Ma davanti a tanto clamore, che rischiava perfino di stravolgere nella loro radice più profonda certi gesti di solidarietà e umanità, istituzioni e gigliesi si sono ritrovati sempre davanti all’eterno dilemma se rimanere in silenzio oppure se raccontare la verità e le storie di quella notte per come si erano realmente svolte. E il Giglio ha avuto un effetto ancora una volta sconvolgente, perfino sui media nazionali e internazionali: quello di creare un rapporto a dir poco simbiotico tra i giornalisti e quel luogo in cui hanno finito per sentirsi come a casa, in una familiarità disarmante. Così le regie televisive e le postazioni hanno preso amichevolmente il nome del luogo in cui si trovavano.

C’erano le postazioni del Bar Rosa, quelle del molo verde e quelle dell’Hotel Demo’s. La veranda esterna del ristorante Porta Via era diventata la sala stampa, mentre la sala colazioni dell’Hotel Bahamas trasformata in sala conferenze stampa permanente. Tra il Bar Fausto e il Bar Ferraro si sono consumate le prime interviste e l’incessante scambio di informazioni tra giornalisti.

Raccontata la tragedia il pensiero è tornato a restituire quella normalità che il Giglio ha invocato in silenzio per giorni

I gigliesi, dapprima diffidenti, poi complici hanno fatto poi la loro parte. Mai una voce fuori posto, cordialità e rispetto del lavoro altrui. Un atteggiamento che i cronisti hanno saputo cogliere come sfumature dell’animo isolano. Raccontata la tragedia, sviscerata l’emergenza, il pensiero di tutti è tornato alle acque dell’isola, a restituire quella normalità che il Giglio ha invocato in silenzio per giorni. Non stupisce, allora, che con il passare del tempo molti giornalisti siano diventati amici del Giglio. Persone da chiamare dalla bottega o dal bar per un saluto, un bacio, un abbraccio, più semplicemente un arrivederci.

Storie di persone che nella loro normalità hanno compiuto qualcosa di stroardinario

A distanza di dieci anni la vicenda della Costa Concordia non ci ha ancora insegnato molto rispetto al concetto di prevenzione dell’emergenza, piuttosto che della gestione sull’onda dell’emotività. Tuttavia, ci ha restituito e continua a restituirci storie di persone che nella loro normalità hanno compiuto qualcosa di straordinario. Ecco, quando la normalità cesserà di essere straordinaria, forse solo allora, come Paese, potremmo dire di aver fatto un passo in avanti.

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