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© Francesca Di Giuseppe

Cultura /

Teatri di Confine 2024: danza, circo, prosa e musica nei luoghi d’arte di Pistoia e Pescia

Dal 30 maggio al 17 giugno torna “Teatri di Confine” la rassegna che porta i protagonisti della scena contemporanea in alcuni dei luoghi più suggestivi del territorio

Dal 30 maggio al 17 giugno torna “Teatri di Confine” la rassegna che porterà danza, circo contemporaneo, prosa e musica nei luoghi d’arte di Pistoia e Pescia.

Un cartellone di appuntamenti ospitati a Pistoia, negli spazi del Museo del Novecento e del Museo Contemporaneo di Palazzo Fabroni e di Villa Stonorov-Fondazione Vivarelli, e a Pescia, alla Gipsoteca Libero Andreotti e al Museo della Carta.

“La rassegna Teatri di Confine, dedicata alla scena contemporanea, quest’anno viene ospitata in alcuni dei musei e dei luoghi d’arte più significativi di Pistoia e di Pescia. Siamo orgogliosi di proporre un cartellone multidisciplinare vario per temi e registri, diffuso sul territorio, che regalerà agli spettatori preziose occasioni di scoperta e approfondimento” ha dichiarato la presidente della Fondazione Toscana Spettacolo.

Gianfranco Gagliardi, direttore generale della Fondazione Teatri di Pistoia ha commentato: “Siamo felici di annunciare, dopo un anno di pausa, la ripartenza di Teatri di Confine, una rassegna che mira ad esplorare contenuti, luoghi, rotte inconsueti, nuovi o da nuove prospettive, mettendo in dialogo elementi magari normalmente distanti. Nel 2024 i Musei di Pistoia e Pescia saranno il palcoscenico di questo viaggio nel contemporaneo tra danza, performance e arti visive, un viaggio curioso che potrà appassionare tanti tipi di fruitori, anche chi a teatro normalmente non va”.

Teatri di Confine è realizzata da Teatri di Pistoia e dalla Fondazione Toscana Spettacolo onlus, con il sostegno del Ministero della Cultura e della Regione Toscana, in collaborazione con il Comune di Pistoia e il Comune di Pescia.

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Il programma degli spettacoli

Giovedì 30 maggio (ore 21.15) alla Gipsoteca Libero Andreotti di Pescia, Davide Valrosso presenta “Sympsiom” una performance che nasce dall’incontro con un musicista che cambia in ogni luogo di rappresentazione dell’azione di danza. In questa occasione Valrosso viene accompagnato dalla musica dal vivo del chitarrista Meme Lucarelli. Un nuovo modo di intendere l’improvvisazione attraverso un unico elemento: una cesta piena di pensieri, in cui ogni persona è chiamata ad aggiungerne uno proprio e prenderne uno altrui.

A seguire “Simbiosi” con Laila Lovino e Melissa Bortolotti, per la coreografia di Roberto Tedesco. Le relazioni simbiotiche sono considerate forme inibitrici dello sviluppo o addirittura dannose, in cui l’acquisizione dell’indipendenza e della maturità per la vita adulta è compromessa. È su questa traccia che prende forma la coreografia concepita da Roberto Tedesco per due danzatrici.

Martedì 4 giugno (dalle ore 18.30), al Museo della Carta di Pescia, è il momento di “William Shakespeare’s Half Time Job”. Lettura performativa dei tarocchi ispirata all’immaginario di Shakespeare, di e con Marco Di Costanzo. Lo spettacolo è un’immersione nell’opera dell’autore inglese attraverso una forma scenica contemporanea. Lo sguardo dell’autore è impiegato in una lettura dei tarocchi per un singolo spettatore, veicolata con un linguaggio apparentemente “spontaneo”, estemporaneo, ma in realtà nutrito di frasi, immagini e aneddoti tratti dai suoi testi. Per assistere alla performance, per massimo 20 spettatori, è obbligatoria la prenotazione (una persona ogni 15 minuti, per le prenotazioni: 0573 991609 – 27112)

Contemporaneamente, per la coreografia di Patrizia de Bari, in scena “Bianchisentieri” una performance che incalza, con suggestioni visive e sonore, i temi della conservazione e della trasmissione della conoscenza, attraverso la memoria. Bianchi come i fogli e Sentieri come i solchi della scrittura, fonte primaria della trasmissione e del sapere. La trasposizione in un’immagine surreale darà vita ad un “animale” raro, forse già scomparso, che trascina un abito costruito con pagine di libri oramai dismessi, pronti per il macero, come simbolo della memoria del passato e depositari del sapere. Lo spettacolo, prodotto da Giardino Chiuso, è a ingresso libero, fino ad esaurimento posti.

WOOD, photo by Giulia Di Vitantonio

Martedì 11 giugno (ore 19.00), nel ‘giardino d’autore’ del Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, a Pistoia, arriva “Abbattoir Blues” di e con Luigi Ciotta, ultimo titolo della Trilogia dell’Abbondanza, dopo Funky Pudding (2009, sul tema degli sprechi alimentari) e Sweet Dreams (2014, sull’abuso di zuccheri). Uno spettacolo onirico, surreale, comico, crudele ed emozionante, che tramite il clown e il circo affronta in maniera dissacrante e non moralistica le condizioni di vita umane e animali all’interno dei macelli. 

Venerdì 14 giugno (ore 19.00), nel ‘giardino d’autore’ del Museo del Novecento e del Contemporaneo di Palazzo Fabroni, a Pistoia, va in scena “Wood” con Maria Anzivino, per la coreografia di Marianna Moccia e Sara Lupoli. Il viaggio della performance è una metafora della crescita dell’uomo e del suo rapporto con la natura. Wood prende per mano lo spettatore e lo accompagna in un viaggio visuale e sonoro dove le scene dondolano sul sottile filo dell’immaginazione e della compartecipazione, evocando suggestioni legate alla complessità dell’essere umano e all’ostinata ricerca dell’equilibrio.

A seguire “There is a planet” di Michele Scappa, con il performer Emanuel Santos. Si tratta di una ricerca finalizzata a distanziarsi dall’ambiente teatrale, attraverso un’indagine del corpo negli spazi, un corpo che si abbandona, che osserva, che include e che comunica. L’indagine prende ispirazione dalla mostra fotografica di Ettore Sottsass alla Triennale Milano (2017-18), da cui deriva l’omonimo titolo. Sono fotografie, scattate in quarant’anni di viaggi intorno al mondo, che riguardano l’abitare e in generale la presenza dell’uomo sul pianeta.

La rassegna si conclude lunedì 17 giugno (ore 21.15) a Villa Stonorov – Fondazione Vivarelli di Pistoia con “Vorrei una voce” di e con Tindaro Granata, coprodotto da LAC Lugano Arte e Cultura in collaborazione con Proxima Res. E’ un monologo costruito con le canzoni di Mina cantate in playback, fortemente ispirato dal lungo percorso teatrale che Tindaro Granata ha realizzato al teatro Piccolo Shakespeare, all’interno della Casa Circondariale di Messina, con le detenute di alta sicurezza. Il fulcro della drammaturgia è il sogno: perdere la capacità di sognare significa far morire una parte di sé.

WILLIAM SHAKESPEARE’S HALF TIME JOB
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