Si intitola “Moda in luce 1925-1955. Alle origini del Made in Italy” la mostra ospitata dal 18 giugno al 28 settembre alla Galleria della moda e del costume di Palazzo Pitti. Promossa dal ministero della Cultura, organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà in collaborazione con la Galleria degli Uffizi, curata dalla giornalista Fabiana Giacomotti e presentata ieri a Pitti Uomo, l’esposizione ricostruisce trent’anni fondamentali della storia della moda italiana, prima della sua definitiva affermazione internazionale.
Il patrimonio dell’Archivio Luce
Oltre cinquanta capi d’abbigliamento, accessori e contributi audiovisivi e fotografici articolano il percorso espositivo, pensato per raccontare come la moda italiana si sia andata definendo – tra innovazione tessile, ricerca estetica, artigianato d’eccellenza e strategie commerciali – ben prima della famosa sfilata nella Sala Bianca di Palazzo Pitti del 1952. Una narrazione che si sviluppa lungo un arco temporale compreso tra il 1925 e il 1955, intrecciando episodi poco noti con nomi leggendari, così da restituire uno sguardo nuovo sulle radici del Made in Italy.
Al centro della mostra, lo straordinario patrimonio dell’Archivio Luce, con un nucleo importante di fotografie e filmati, di cui molti inediti. I capi e gli accessori esposti provengono in parte da prestigiosi musei (come ad esempio i Musei Boncompagni Ludovisi, Palazzo Madama) e in parte da archivi di impresa o di privati.
“I materiali dell’Archivio Luce costituiscono il cuore visivo e narrativo di questa mostra – spiega la presidente di Cinecittà, Chiara Sbarigia – attraverso filmati, fotografie e cinegiornali, si ricompone un mosaico di memoria collettiva che ci parla di sperimentazioni tessili, di sfilate tenutesi già negli anni Venti e dell’importanza crescente dell’industria italiana nella lavorazione della seta, della viscosa negli anni Trenta e del Lanital negli anni Quaranta. Emergono così le innovazioni dell’industria della moda, i legami con il cinema hollywoodiano e il ruolo cruciale di tante figure – donne e uomini – che, attraverso l’abito, hanno promosso un’idea di Italia moderna, creativa e aperta al dialogo internazionale.”
Maison storiche e rarità in mostra
Sono presenti opere di Maison storiche – alcune delle quali scomparse – come Ventura, Radice, Tortonese/La Merveilleuse, Gandini, Montorsi, Villa, Fontana, Palmer, Biki, Carosa, accanto a nomi celebri come Maria Monaci Gallenga, Fortuny, Simonetta Visconti, e un rarissimo capo della “Tessitrice dell’Isola”, baronessa Gallotti. Non mancano firme note tutt’oggi ma già attive nel periodo: Gucci, che presenta la sua “numero uno”, una borsa da sera della fine degli anni Venti mai esposta, Salvatore Ferragamo con il sandalo “invisibile” del 1947, ed Emilio Pucci, in mostra con i primi capi ancora etichettati “Emilio”.

Preziosa la documentazione storica esposta, con cataloghi di tessuti, “attestati di italianità” e libri rari, che restituiscono un quadro completo e originale della moda italiana.
Numerosi gli inediti degli anni Quaranta e Cinquanta di grande firma sia registica sia sonora come quella di Romolo Marcellini e Roman Vlad. Presente in mostra la versione restaurata del documentario “Sette canne per un vestito”, realizzato nel 1948 da Michelangiolo Antonioni. Sono moltissimi, infine, i filmati di moda stranieri che si intervallano con quelli italiani fino ai primi anni Quaranta e che permettono di tracciare una storia inedita anche dei rapporti fra la moda italiana e quella d’Oltralpe e d’Oltreoceano, sia prima sia immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale.
“Questa mostra permette, attraverso un florilegio selezionatissimo di fotografie e video, non solo di ricostruire un momento importante della storia della moda, ma anche di calare gli abiti in un contesto che li rende vivi perchè il supporto dei ‘cinegiornali’ e dell’immagine come mezzo documentario contribuisce come nient’altro a comprendere la funzione sociale dell’abito oltre la sua parvenza estetica” aggiunge il direttore delle Gallerie degli Uffizi Simone Verde.