Un team internazionale guidato dall’Università di Pisa ha individuato una cavità nascosta sotto i Campi Flegrei a soli 3,6 km di profondità: una scoperta che apre nuove prospettive per comprendere l’evoluzione del sistema vulcanico e valutare meglio i rischi associati.
I Campi Flegrei infatti, tra i complessi vulcanici più monitorati al mondo, dal 2005 sono interessati da una nuova fase di sollevamento del suolo, nota come bradisisma, accompagnata da terremoti di intensità crescente: il più forte, di magnitudo 4.6, è avvenuto lo scorso 30 giugno.
La cavità scoperta dai ricercatori
La ricerca, pubblicata su Nature Communications Earth and Environment, è frutto di una collaborazione tra l’Ateneo pisano, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia e il GFZ Helmholtz Centre for Geosciences di Potsdam.
La cavità individuata per la prima volta è lunga circa un chilometro e mette in comunicazione il serbatoio profondo responsabile del sollevamento del suolo con le fumarole superficiali di Solfatara e Pisciarelli. Le analisi non ha rivelato con certezza il contenuto: forse gas ad alta pressione o fluidi magmatici.
“Abbiamo individuato la cavità grazie all’analisi di segnali sismici di lunghissimo periodo (VLP) – spiega Giacomo Rapagnani, dottorando dell’Università di Pisa e e primo autore dello studio – questa struttura risuona sempre alla stessa frequenza (0,114 Hz) da almeno sette anni, segno che le sue dimensioni e la sua composizione sono rimaste stabili nel tempo, si tratta di un indizio prezioso per comprendere come si evolvono i flussi di fluidi nel sottosuolo e individuare eventuali segnali di variazione strutturale che potrebbero indicare un aumento del rischio vulcanico”.
Analizzati oltre 100 terremoti
“Abbiamo analizzato oltre cento terremoti avvenuti dal 2018 a oggi – continua Rapagnani – è così emerso che in coincidenza con i terremoti più intensi si attiva una “risonanza” a bassa frequenza che ha rilevato appunto l’esistenza della frattura. È un comportamento simile a quello osservato in altri vulcani attivi, ma mai documentato prima nei Campi Flegrei”
“Questo studio evidenzia come lo sviluppo e l’applicazione di tecniche sofisticate per l’analisi dei dati sismologici siano fondamentali per comprendere a fondo processi geofisici complessi, come i terremoti e le eruzioni vulcaniche – aggiunge Francesco Grigoli, coautore dell’articolo e professore di Geofisica dell’Università di Pisa – solo spingendo al limite le nostre capacità di analizzare grandi quantità di dati eterogenei possiamo migliorare la comprensione di questi fenomeni e mitigare con maggiore efficacia i rischi a essi associati”.