© Ad-Meata Brew House

Enogastronomia /

Un luppoleto “eroico” e un birrificio agricolo: così rinasce il Monte Amiata

Materie prime locali, geotermia e turismo legato alla birra: la scommessa di Jean Claude Zacchini, ex programmatore informatico che ha dato vita a un progetto capace di rigenerare il territorio e la comunità

Sull’Amiata, a oltre 900 metri di altitudine, cresce uno dei luppoleti più “alti” e particolari d’Italia. Un luppoleto definito “eroico”, che ha dato vita a un progetto agricolo e brassicolo capace non solo di innovare, ma anche di rigenerare un territorio. È la storia di Ad Meata, il birrificio di Santa Fiora nato poco più di un anno fa e guidato da Jean Claude Zacchini, ex programmatore informatico che ha deciso di cambiare rotta e investire nella coltivazione di luppolo, castagne e orzo.

Le origini del progetto

Jean Claude ha lavorato per 23 anni come programmatore. Poi, la svolta: l’azienda agricola, l’amore per il biologico, il luppolo divenuto centro dell’attività. “Il birrificio è recente – spiega il fondatore – ma la nostra storia parte da lontano: siamo nati come azienda agricola biologica, poi la passione per la birra e per il luppolo ha acceso una strada nuova”.

Il luppoleto “eroico” a Seggiano

Luppolo dell’Amiata – © Ad-Meata Brew House

Il cuore del progetto è un luppoleto nel comune di Seggiano, a oltre 900 metri sul livello del mare: un’altitudine molto superiore rispetto alla “comfort zone” naturale della pianta (intorno ai 700 metri).

“È stata una scelta rischiosa – racconta – ma si è rivelata fortunata. Lì il luppolo cresce senza impollinazioni indesiderate e con meno problemi di virus e batteri. La qualità è altissima, anche se ovviamente i quantitativi sono più ridotti”.

Il birrificio agricolo

L’idea di dare vita a un birrificio è venuta col tempo. “Non ero un mastro birraio e non producevo birra nemmeno per hobby, ma avevo la materia prima e la volontà di provarci”.

Il nostro slogan è: coltiviamo birra. Tutto quello che entra in birrificio nasce nei nostri campi

Grazie a un birrificio di Follonica, “In Bocca al Luppolo”, nasce la prima birra realizzata con i luppoli dell’Amiata. Il riscontro è positivo e il progetto decolla.

“Il primo anno è andato bene, il secondo meglio. Il passo successivo è stato naturale: è partito così il birrificio agricolo. Il nostro slogan è: coltiviamo birra. E non è un modo di dire. Produciamo luppolo, orzo, castagne, olio. Tutto quello che entra in birrificio nasce nei nostri campi”.

Birrificio agricolo di Santa Fiora – © Ad-Meata Brew House

Santa Fiora, acqua pura e geotermia

Il birrificio si trova a Santa Fiora per due motivi: l’acqua purissima del Fiora e il teleriscaldamento geotermico, che alimenta l’impianto costruito su misura.

Il territorio circostante, intanto, ha accolto l’iniziativa con entusiasmo, riconoscendone il potenziale turistico ed economico. “L’amministrazione comunale ci ha coinvolto da subito – continua Jean Claude -; lavoriamo insieme per realizzare una futura festa della birra legata anche ad altre eccellenze enogastronomiche. La birra ‘geotermica’, in questo senso, è una nuova declinazione dell’identità locale”.

Turismo e nuove esperienze

Tap room – © Ad-Meata Brew House

La tap room del birrificio è ormai una tappa privilegiata per chi visita l’Amiata. “Ospitiamo gruppi di turisti e appassionati che, dopo aver esplorato le bellezze della natura, cercano un’esperienza da vivere, magari con una degustazione. La birra sta diventando un modo per raccontare il territorio”.

Premi e collaborazioni

Il legame con l’agricoltura è un altro fattore fondamentale: orzo, marroni secchi, olio, tutto prodotto dall’azienda. Non mancano le sperimentazioni: “Abbiamo fatto una collaborazione con un’azienda di Montalcino usando mosto di Sangiovese.

Abbiamo vinto poi un premio per la nostra birra alle castagne. Ciò che la rende unica è l’affumicatura perché utilizziamo i seccatoi a legna di vecchia generazione”.

Un nuovo fermento per l’Amiata

Un luppoleto in altura, un birrificio geotermico, un paese che punta sul turismo lento e sull’innovazione agricola. Sembra solo una storia di birra, ma è molto di più: è l’idea che l’Amiata possa rinascere proprio da stimoli come questo. “Quest’anno abbiamo ‘preso le briglie’, come dico sempre – conclude l’imprenditore -. Ora vogliamo farci conoscere davvero. Questa può essere la scintilla per far crescere nuove attività. Il territorio ne ha bisogno”.

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