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Gabrielli alla Versiliana: “Migranti e covid? Ci vuole onestà intellettuale”

Il capo della polizia (ed ex capo della protezione civile) al Caffè della Versiliana ha parlato dell’emergenza coronavirus e delle questione migratoria: “Esiste un tema di responsabilità personale”

franco gabrielli al festival del volontariato di lucca - © Gianluca Testa

Quando a parlare è Franco Gabrielli, oggi capo della polizia ed ex capo del dipartimento nazionale di protezione civile, non c’è mai niente di scontato. Lui che è nato a Viareggio e che ha sempre vissuto a Montignoso, che ha lasciato per la prima volta solo quando si è trasferito a Pisa per frequentare l’università, non solo ama la Toscana, ma la conosce molto bene. Ospite al Caffè de la Versiliana di Marina di Pietrasanta (Lucca), Gabrielli ha parlato di coronavirus, di migranti e d’attualità.

“No al controllo massivo della polizia”

Sul tema delle misure di prevenzione per il covid-19 ha detto che “mai come in questo momento esiste un tema di responsabilità personale”. Secondo lui se le forze di polizia avviassero “un’attività di controllo massivo”, ad esempio sulle discoteche, “gli effetti sarebbero devastanti” anche per “la ripresa delle attività economiche”. Per Gabrielli, “alcune accortezze in termini di profilassi devono necessariamente diventare uno stile di vita”.

“L’emergenza? Non sono i migranti, è il virus”

Per gli sbarchi di migranti “i numeri in sé non costituiscono un’emergenza, oggi però c’è il tema sanitario” legato alla diffusione del contagio del coronavirus. “Credo che oggi il tema principale sia quello di poter consentire dei periodi di quarantena che garantiscano la salute pubblica, e non sempre questo si realizza”, ha aggiunto Gabrielli al Caffè della Versiliana. “Abbiamo dei cluster, lo abbiamo a Treviso. Registriamo purtroppo molti cittadini del Bangladesh, del Pakistan, dell’Afghanistan che sono positivi, peraltro quasi tutti asintomatici”.

Ci concentriamo sugli stranieri ma poi sono gli italiani che vanno all’estero, fanno le gite, ritornano in Italia e portano il coronavirus anche qui

“Non affrontiamo seriamente il problema”

Per il capo della Polizia, però, “ci concentriamo sugli stranieri ma poi sono gli italiani che vanno all’estero, fanno le gite, ritornano in Italia e portano il coronavirus anche qui. È una questione che forse dovremmo affrontare con un briciolo di onestà intellettuale, perché se no poi ci creiamo il nemico di turno e non affrontiamo seriamente il problema.

“La protezione umanitaria non dà prospettive”

“Purtroppo nel nostro Paese da troppo tempo non ci sono flussi legali, e quindi si è intrapresa questa folle strada di immaginare che tutto possa essere gestito con la protezione umanitaria” ha detto Gabrielli, che in passato ha affrontato questi temi più di una volta, intervenendo anche al Festival del volontariato di Lucca. Poi ha aggiunto: “Con la protezione umanitaria si fanno entrare persone cui – ne abbiamo la certezza – non verrà mai riconosciuta loro la protezione umanitaria. Quindi immettendo nei nostri territori soggetti che molto spesso vivono una condizione limbica, non di prospettiva, e che alla fine saranno destinati a alimentare quelle sacche di marginalità che impatteranno inevitabilmente sui temi della sicurezza di questo paese. Ho sempre guardato con grande diffidenza il buonismo di chi immagina che si possano accogliere tutti – aggiunge – che è una condizione irrealizzabile“.

“I rimpatri? Servono accordi internazionali”

Secondo Gabrielli per fare i rimpatri “ci vogliono seri e strutturati accordi internazionali”, perché “le persone non sono pacchi postali, sono persone che hanno una cittadinanza, uno status”, e dunque è necessario “inserire clausole migratorie negli accordi di cooperazione internazionale: io ne prendo un tot, e oltre il tot te li riprendi tu”.

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