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Intervista a Gold Mass: quando la musica è emancipazione

Emanuela Ligarò a giugno debutterà con il suo primo disco ‘Transitions’ un progetto all’insegna del ‘do it yourself’

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Emanuela Ligarò è Gold Mass, laureata in fisica si occupa di acustica nel reparto ricerca e sviluppo di una multinazionale tedesca. Vive a Pisa anche se è di madre corsa e padre calabrese, ma di origini sarde. Nasce come musicista classica ma poi si innamora della musica elettronica e da questo colpo di fulmine è nato ‘Transitions’ il suo disco di debutto che uscirà a giugno ed è stato prodotto da Paul Savage che ha già lavorato con artisti del calibro di Mogwai, Arab Strap, Franz Ferdinand, Delgados. Emanuela fa tutto da sola, dalla promozione sui social e sulla stampa, alla ricerca di date per suonare, una filosofia di vita strettamente legata al messaggio forte che desidera inviare con questo disco.
Ecco la nostra intervista.

Ciao Emanuela! So che hai una formazione classica, il tuo primo approccio con la musica è stato suonare il pianoforte, giusto?
Sì, esatto, ho studiato pianoforte classico per una decina di anni e i miei ascolti all’inizio erano prevalentemente di musica classica. In casa mia giravano dei bei dischi quindi a un certo punto ho preso un altro binario. Devo dire che continuo tantissimo ad ascoltare musica classica, adoro l’opera.

L’amore per la musica elettronica quando è arrivato?
Molto recentemente, circa tre anni fa. L’artista tramite il quale mi sono avvicinata alla musica elettronica è Nils Frahm, artista berlinese e pianista classico molto raffinato che usa inserti elettronici. Mi sono sentita come accolta, accompagnata, da lì poi ho spaziato per conto mio.

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Credevo che tu venissi dal trip hop perché spesso ti associano a questo genere musicale
Ho ascoltato trip hop per molto tempo, vado un po’ a filoni, come se cadessi in un pozzo, quindi c’è stato anche il ‘pozzo’ trip hop, ma non è durato così tanto come può sembrare. Anzi il mio amore più spassionato è per Bob Dylan che non c’entra proprio niente.

Ho letto che sei laureata in fisica e lavori per una multinazionale tedesca?
Sì, lavoro nel laboratorio del reparto di ricerca e sviluppo, acquisisco dati con i sensori, poi li guardo sul pc, faccio analisi in frequenza. Quando vado a lavorare applico filtri, guardo i segnali sonori, le forme d’onda, quando sono in studio di registrazione praticamente lavoro con gli stessi strumenti di trattamento dei segnali, non c’è differenza. Sono sempre nel mio mondo, mi sento fortunata in questo.

Come mai hai deciso di scrivere questo tuo disco di debutto?
Ho sempre scritto musica, anche cose molto diverse. Prima di questo disco stavo lavorando a pezzi in italiano, e prima ancora in inglese. Una cosa che non ho mai fatto è stata far parte di una band o progetti altrui, ho sempre scritto musica mia. A un certo punto ho pensato che era il momento giusto per fare una cosa a livello professionale ed ho cercato un produttore stimato che potesse dare alla mia musica il suono giusto ed internazionale.

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Come hai conosciuto Paul Savage?
Volevo trovare un produttore che desse un bel ‘vestito’ ai miei brani. Allora mi sono chiesta: quali sono gli album che mi piacciono? Chi li ha prodotti? Sono andata a ritroso e ho cercato su internet delle tracce che mi potessero ricondurre a questi produttori. Alcuni di loro hanno un sito web e li puoi contattare direttamente, altri si fanno rappresentare da manager. Ci sono manager che gestiscono tre o quattro produttori ed è possibile raggiungerli. Ho fatto un lavoro ‘da segugio’, io non esco molto e quando non lavoro dedico completamente il resto del tempo al progetto musicale. Ho scritto ma non pensavo che mi rispondesse qualcuno, così sono stata abbastanza sfacciata da scrivere. E’ stato un momento di ‘falso’ coraggio, perché in realtà è una vigliaccheria scrivere essendo sicuri che nessuno risponda. Quando mi ha scritto Paul Savage ho sinceramente provato timore. Invece la cosa meravigliosa è stata che quando l’ho conosciuto si è presentato per quello che è, cioè una persona timida, delicatissima, sensibile. È stato un incontro davvero molto bello.

Nella promozione del tuo disco sei rivolta soprattutto all’estero, come mai questa scelta, pensi che la tua musica in Italia non possa essere capita o apprezzata?
Non ho un’etichetta discografica alle spalle, per cui in sostanza mi muovo come meglio credo nella gestione del progetto e hai ragione nel dire che sono orientata verso l’estero. La musica, come molte altri aspetti sociali, procede seguendo dei trend. Le mode sono momentanee, ma nel momento in cui ci sono, sono molto forti. L’ascolto medio italiano adesso è polarizzato verso un certo tipo di cantautorato di seconda generazione e sarebbe da ciechi o da stupidi non rendersene conto e non agire di conseguenza. Oggi ci sono alcuni artisti italiani che mi piacciono da morire ma la loro musica è molto diversa da quella che faccio io. Le etichette italiane conoscono molto bene il mercato ed il gusto degli ascolti di oggi, e quelle che mi hanno contattato per Gold Mass mi hanno fatto delle proposte che per come ragiono io, ho trovato inaccettabili, per cui non le ho prese in considerazione. In buona sostanza, mi dicevano che la musica gli piaceva molto e mi chiedevano in qualche modo di convertire il risultato finale di modo che fosse più in linea con il panorama italiano. Poi, quanto siano le etichette discografiche a raccogliere l’esigenza di un gusto creato dalla massa o quanto piuttosto sia quest’ultimo a venir influenzato dai lavoratori del settore musicale è un punto molto interessante da discutere ed un meccanismo a dir poco delicato. Recentemente, la trap è entrata con prepotenza nel panorama italiano come fenomeno di cui quantomeno una generazione più giovane di ascoltatori si è mostrata molto responsiva. Di certo la trap non è un genere di cui in Italia c’è mai stata tradizione, qualche anno fa avremmo detto che non avrebbe mai potuto attecchire ed invece è uscito vincitore del festival di Sanremo. Esisteva un bisogno della trap o è stato creato? Chi decide quali generi musicali si ascoltano massivamente? La morale della favola per me è che ogni artista debba seguire esclusivamente il proprio gusto musicale ed esprimersi noncurante del panorama musicale o commerciale in cui nasce. Una volta creata l’opera e solo in quel momento, ha senso chiedersi chi e dove potrà essere apprezzata la propria arte e portarcela.

Sei una che fa tutto da sola, dalla pubblicazione alla promozione, mi e ti chiedo: come fai?
Occorre moltissimo impegno, tutto il tempo che ho lo dedico al progetto. Occuparsi della promozione, della distribuzione, delle scelte visive e della comunicazione richiede molta energia. Ogni scelta è basata sul mio gusto ed è fedele a quella che è la mia visione artistica. Mi impegno a portare avanti il progetto musicale nel modo più professionale che conosco, autofinanziandomi ed autogestendomi. Non è affatto semplice perché muoversi senza aiuto comporta anche dei rischi strategici o economici. Ma essere indipendente, nel vero senso della parola e poter contare solo sulla mia forza ed iniziativa è una bellissima sensazione e regala una soddisfazione enorme.

Scopri di più su Gold Mass:
http://www.goldmassmusic.com

 

 

 

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