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“La Guerra degli Scarponi”. René il ciabattino che sabotava i fascisti per amore e Resistenza

Sacha Naspini racconta il suo nuovo romanzo “Villa del seminario” per Edizioni e/o. Una storia che nasce da una pagina di memoria toscana che ha sfiorato l’oblio: il campo di concentramento nazista di Roccatederighi a Grosseto

Quella raccontiamo oggi è una storia unica, per la Toscana e non solo. Nel nuovo romanzo di Sacha Naspini “Villa del Seminario” per edizioni e/o viene alla luce una pagina nera e scabrosa della nostra memoria, sconosciuta ai più.

Grosseto fu l’unica diocesi in Europa ad aver stipulato un regolare contratto d’affitto con un gerarca fascista per la realizzazione di un campo di internamento. A Roccatederighi tra il ’43 e il ’44, nel seminario del Vescovo di Grosseto, Monsignor Galeazzi furono rinchiusi un centinaio di ebrei italiani e stranieri destinati ai lager di sterminio. Trasferiti prima a Fossoli e poi ad Auschwitz.

Da questo fatto storico nasce il romanzo e ne abbiamo parlato proprio con l’autore.

Ecco la nostra intervista a Sacha Naspini

 

Sacha, ci racconta questi fatti storici e come si legano con la sua narrazione per dare vita a la Villa del Seminario?

Il fatto storico l’ho trovato “tra le mura di casa mia” perché i fatti accaduti a Roccatederighi e tra il ‘43 e il ‘44 si sono sviluppati in questo borgo dove sono nato, i primi 5-6 anni della mia vita li ho passati là. Questa storia, questa vicenda della Villa del Seminario è sempre rimasta un po’ sotto traccia. Ricordo in vari anni e a varie età di aver provato a chiedere informazioni e di aver trovato sempre dei muri davanti a me, era un argomento difficile da toccare. Un tasto strano. Poi con il passare del tempo mi sono sempre più informato, ho messo insieme un po’ di carte e documenti che con il tempo sono venuti fuori e sì, quello che è successo in quegli anni è un primato di cui Grosseto avrebbe fatto volentieri a meno. Nel tempo poi ho sempre pensato di dover trattare questo argomento, in virtù anche di quel silenzio che lo circondava. Ho conosciuto persone di cinquanta e sessant’anni e che sono nate e tuttora vivono a Roccatederighi che non ne sapevano niente.

Ho scritto per provare a forare la crosta di silenzio che si era sviluppata intorno a questa vicenda

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Non è la prima volta che Roccatederighi è ambientazione e personaggio dei suoi romanzi: già nel 2018 con “Le case del malcontento” ci troviamo in questo angolo di maremma sperduta: come può un piccolo borgo raccogliere e raccontare tutte queste storie?

Roccatederighi, ovvero quello che per me è il classico paesello dell’infanzia – è il palcoscenico di tante storie che mi riguardano. La domanda su cui si basa questa storia è: cosa succede in un borgo di nemmeno 700 anime – che in quel particolare contesto storico con l’arrivo dei nazisti, con le bande partigiane che stavano organizzando, con la popolazione che vive sacrificata, in difficoltà per il razionamento e tutto il resto – cosa succede se da un giorno all’altro decidono di piazzarti il campo di concentramento accanto a casa

Torniamo a La Villa del Seminario. Sullo sfondo della Grande Storia della Seconda Guerra Mondiale insieme a personaggi realmente esistiti c’è la storia umana, raccontata dal protagonista del romanzo: René, un ciabattino, un calzolaio che vive a Le case. Questo eroe è un solitario, uno che schiva la vita: parliamo di lui.


René è un personaggio trattenuto, un personaggio che ha schivato la vita ed è sempre stato a guardare

La sua vita si riduce a casa e bottega e non ha mai fatto un gesto di rilievo, anche perché è storpio dalla mano destra e ha perso tre dita da ragazzino. Questa faccenda, di essere menomato, non gli ha fatto vivere tantissime cose della vita, compresa la prima guerra mondiale, compreso un amore. Non ha una famiglia. Ha un innamoramento segreto per la vicina di casa che si chiama Anna Mi piaceva l’idea di un personaggio immobile, anche un po’ obtorto collo, sulla cinquantina. Quindi un po’ fuori da giochi rispetto ai canoni dell’epoca e che d’un tratto, da un momento all’altro, si ritrova poi a precipitare nella battaglia. Perché la Storia con la S maiuscola, suo malgrado, gli bussa alla porta di casa

C’è un momento in cui René decide di uscire dal suo cono d’ombra e di agire: perché e qual è l’evento che scatena questo cambiamento?

La risposta è Anna

Questo innamoramento segreto che René ha per questa vicina di casa che vede tutti i giorni e va a trovare tutti i giorni. Anna ha un figlio, Edoardo, che viene sorpreso un giorno con una banda di ribelli e viene fucilato sul posto La donna è travolta dal fiume di dolore. Lei è vedova della Prima Guerra e a un certo punto, per non impazzire, decide di continuare ciò che ha cominciato suo figlio, quindi si arruola nella banda dei partigiani che circolano intorno alla collina. Però prima di andarsene lascia una missione a René che si ritrova a dover prendere una posizione per la prima volta nella sua vita

Qui cambia anche l’orizzonte di Rene: inizia la sua ribellione, cosa accade?

René comincia intanto a farsi delle domande, a interrogarsi su cosa stia succedendo, cosa si sta perdendo della Storia Cosa spinge questi ragazzi giovanissimi a darsi alla macchia, cosa intuiscono del domani, cosa vedono nel futuro che lui non vede? E cosa ha visto Edoardo, che anche per lui è un figlio? Quando viene istituito il campo di concentramento, essendo il ciabattino del paese, René comincia a ricevere commesse da parte della Villa del Seminario, sacchi di scarponi, cinghie, valige. Comincia così a sabotare gli scarponi dei soldati dell’esercito regolare Poi la vicenda lo vedrà in azioni anche molto importanti

René comincia a elaborare i suoi piccoli metodi per fare Resistenza. Il primo che gli viene in mente è “la battaglia degli scarponi”

 

René però non diventa mai un combattente politicizzato. È come se per lui la guerra fosse “Una questione privata”, per citare Fenoglio.

È esattamente così. Attraverserà questi mesi in guerra dal ‘43 alla Liberazione di Grosseto come un “passeggero della guerra” farà poi delle azioni di rilievo, prenderà posizione e si farà una coscienza politica.

Ma la guerra di René nasce da una questione privata

 

Renato, René, Pistola, Settebello, Maciste: il nostro eroe cambia nome, ed è come se cambiasse identità nella narrazione. Come si trasforma René?

Questa parte è stata molto divertente per me. Veder cambiare questo personaggio che dall’inizio è un personaggio immobile appunto, che se ne sta di tanto in tanto sulla soglia della bottega a fumarsi una sigaretta e osserva il via vai della via, senza fare niente di più che accettare le commesse che arrivano. René si trasforma, via via che si bagna nel fango della battaglia, che matura una sua precisa coscienza politica si ritrova a gestire nomi diversi E viene detto anche Pistola questo nomignolo che gli hanno affibbiato da ragazzino quando ha perso le dita, ne sono rimaste sette e da una mano ne ha due, proprio come una pistola. Oppure Settebello. Poi diventerà Maciste, sarà il suo nome di battaglia che gli verrà dato quando entrerà attivamente a far parte della banda della Resistenza.

Questo è un romanzo pieno di figli e di ragazzi: Edoardo di Anna, Simone che diventa come un figlio per René, il capo partigiano che è solo un ragazzo in fondo: perché ha scelto di inserire nella storia di René tutti questi giovani?

Mi piaceva provare a focalizzare l’attenzione su questo sangue giovane, su questo argento vivo che non veniva piegato né spezzato dall’inverno dalle privazioni, dalla paura e dalla lontananza da casa. Questi ragazzi anzi hanno tenuto la posizione fino in fondo, a costo di giocarsi la vita. Figli che hanno ricostruito e che si sono contrapposti al governo e hanno ricostruito un nuovo modo di stare al mondo, un nuovo punto di vista sul mondo Dal capo partigiano, questo Boscaglia, che è un nostro combattente di Maremma realmente esistito, Guido Radi, detto Boscaglia, giovanissimo e come lui tantissimi altri

 Come ci racconta René la Resistenza partigiana, la sua Resistenza?

La resistenza di René è una resistenza fatta di piccole consapevolezze che arrivano a poco a poco durante la sua storia. E che poi scoppiano alla fine del romanzo Come gocce di consapevolezza che lo trasformano. È possibile trasformarsi anche a cinquant’anni, a sessant’anni.

Il riscatto di René è riuscire a capire qual è il suo posto nel mondo grazie a questa avventura imposta dalla Storia e all’esigenza di salvare Anna

 

C’è un momento in cui René entra a La Villa del Seminario, senza svelare troppo, perché?

Simone e René cominciano a fare amicizia Simone comincia a confidarsi e un giorno porterà a René la notizia che una retata dei fascisti ha portato all’arresto di cinque partigiani e andandosene Simone dice: “Pensa René: tra loro c’era perfino una donna”. A questo punto René non può più davvero stare con le mani in mano perché intuisce che hanno catturato Anna e l’hanno portata nella Villa. Lui troverà un suo modo, un escamotage per farsi internare a sua volta e avvicinarsi, senza un piano preciso

 

Sono piccoli uomini, piccoli gesti che però possono essere determinanti. Si può dire che in queste pagine gli Eroi dei margini tornano alla ribalta?

Per me sì: tante vicende tanti piccoli gesti, tanti piccoli atti di coraggio.

Non diciamo come andrà a finire “Villa del Seminario”, se René riuscirà o meno a compiere la sua missione, ma possiamo dire che è un romanzo che nasce dall’oblio – come i fatti storici fonte di ispirazione, che sono stati sconosciuti ai più fino ad oggi – e che tende nuovamente l’oblio nel finale?

Nel finale René si interrogherà come mi sono interrogato io. Il capitolo finale si sviluppa a vent’anni da quegli eventi. Tirerà un po’ le fila di alcune questioni. Il punto è che la vicenda del campo di internamento e l’oblio per l’appunto, il silenzio di cui si parlava all’inizio, sono quel materiale umano con cui mi sono scornato anch’io all’inizio del romanzo, quando ho cominciato a scriverlo Tutto rischia di passare nell’oblio, perché sono effettivamente tematiche cattive da digerire. Ma è importante non dimenticarle e soprattutto non fare finta di niente

Quel silenzio assordante che cerca di contrastare il 27 gennaio il Giorno della Memoria che abbiamo appena celebrato e che ricorda l’orrore e le vittime della Shoah per mano nazifascista. Possiamo dire che questo romanzo manda un messaggio di lotta all’indifferenza?

Spero che questo romanzo possa passare nelle mani dei lettori e muovere una coscienza. Lo spero. È probabile che in certi momenti della nostra vita si faccia largo un piccolo René dentro di noi, e rischiamo di restare un po’ un passo indietro, di non sporcarci le mani, di non interagire, di non fare.

Ultima domanda: “Villa del Seminario” è un romanzo di guerra o è un romanzo d’amore?

È una storia d’amore, riscatto e Resistenza

“Villa del Seminario” è tutte e tre queste cose insieme. È un romanzo di guerra, con un punto di vista particolare, di un ciabattino che cercherà di prendere e trovare la sua posizione non solo all’interno di questi eventi ma all’interno del mondo ed è guidato tanto dall’amore.

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