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Le “Beautiful lies” di Ali Banisadr invadono il Museo Bardini e Palazzo Vecchio

Dal 30 aprile al 29 agosto si tiene la prima mostra dell’artista iraniano in fuga dalla guerra in un museo pubblico italiano

L’artista Ali Banisadr ha lasciato l’Iran a soli dodici anni insieme alla famiglia, poi ha raggiunto prima la Turchia e successivamente gli Stati Uniti, fermandosi in un primo momento a San Diego, successivamente a San Francisco e poi a New York, dove l’artista vive ancora oggi e dove ha frequentato la School of Visual Art e la New York Academy of Arts.

A Firenze si tiene la prima mostra dell’artista in un museo pubblico italiano, le sue opere saranno infatti esposte nel Museo Bardini e nella sala Gigli di Palazzo Vecchio dal 30 aprile al 29 agosto.

I dipinti di Ali Banisadr saranno in dialogo con le opere della collezione creata da Stefano Bardini, con i marmi e le pitture medievali e rinascimentali, con i tappeti persiani e con le armature conservate nel museo caratterizzato dal celebre ‘blu’ Bardini. In palazzo Vecchio, Banisadr è stato invitato a realizzare tre dipinti site-specific, ispirati dalla lettura della Divina Commedia di Dante.

Ali Banisadr, The Builder, 2019

L’arte di Ali Banisadr

Se osservate le opere di Banisadr potrete forse collocarle tra Hieronymus Bosch e Goya, tra Pollock e de Kooning, ma l’origine delle sue piccole “esplosioni di colore” è in realtà radicata nell’infanzia dell’artista. Banisadr infatti ha iniziato a dipingere nello scantinato della casa di famiglia mentre tutto intorno crollava a causa dei bombardamenti.

Le sue opere nascono dunque dalla “sinestesia” tra i sibili, gli scoppi che lui “sentiva in tutto il corpo come qualcosa di reale” anche molti anni dopo aver lasciato la sua madrepatria.

Dalla connessione tra memoria uditiva e visuale nascono i suoi quadri. Ogni suo dipinto infattiè la combinazione in simultanea di intuizioni e percezioni tra memoria visiva, suoni, impressioni, ricordi profondi, immaginazione creativa, altri dati che entrano in gioco in un tutt’uno e allo stesso momento

I suoi dipinti sono abitati da una folla surreale di decine e decine di figure, che sembrano apparire e svanire nella superficie pittorica dei suoi dipinti che è come una tempesta che trascina in un caos apocalittico quelle masse di esseri bizzarri e mostruosi, grotteschi e alieni.  Si tratta di un pandemonio, dove il caos è però ordinato, anche se ogni creatura che abita questo universo non corrisponde nei tratti a personaggi riconoscibili e identificabili.

Ali Banisadr, Hypocricy of Democracy, 2012

“Quando ho conosciuto Ali Banisadr e ho potuto parlare con lui, mi sono imbattuto in un artista di grandi conoscenze non solo storico-artistiche ma letterarie e musicali. Le sue opere non possono essere disgiunte dalla sua biografia, segnata da eventi drammatici che si sono fissati nella sua memoria e vorrei dire nel suo corpo: dalla poesia e dai disastri della guerra attinge le sue visioni così fantastiche e surreali. Parlando con lui di Firenze e di Dante, ho scoperto la sua enorme passione per la Divina Commedia.

Il modo in cui Banisadr sovrappone dettagli su dettali e crea paesaggi ricolmi di moltitudini, mescolando elementi figurativi ad altri decisamente astratti e informali, può ricordarci la struttura allegorico di Dante in un poema che da voce a decine e centinai di personaggi, eventi, immagini ognuna con una pluralità di significati.

Nelle magnifiche pitture d Ali personalmente ritrovo un ritmo e un respiro che è vagamente narrativo e soprattutto polifonico, e non mi stancherei mai di ‘leggere’ il quadro da vicino e da lontano, sicuro di essere sempre sorpreso da un particolare e da una soluzione pittorica che aggiunge altre informazioni ed emozioni. Una sorta di pandemonio linguistico, una messa in scena sinestetica, risolta con una maestria pittorica eccezionale, opere che generano uno stato di angoscia nella meraviglia, non troppo distante da quello provato nella pandemia, che ha travolto come una tempesta tutti noi”, ha dichiarato Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento.

Ali Banisadr, SOS, 2020
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