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Artigianato, 5 antichi mestieri toscani che forse non conosci

Dal bigonaio al carbonaio, dallo scalpellino alla lavorazione degli utensili in rame fino all’intreccio di palme bianche e di erbe palustri

Un bigonaio al lavoro a Moggiona – © Pro Loco Moggiona

Ci sono antichi mestieri che rischiano di scomparire: lo spopolamento di campagne e piccoli borghi e l’avvento di nuove moderne lavorazioni ne mettono da tempo a rischio la sopravvivenza. Per questo la Regione Toscana promuove azioni per salvaguardare, ripristinare, valorizzare e divulgare queste forme d’artigianato.

Con queste motivazioni è stato istituito un elenco regionale che viene periodicamente aggiornato. Un modo per meglio pianificare progetti, interventi e investimenti per sostenere e preservare gli antichi mestieri a rischio di cessazione e scomparsa.

I bigoni di Moggiona – © Pro Loco Moggiona

Il bigonaio e i recipienti per la vendemmia

Il bigonaio prende il suo nome dai bigoni, i recipienti di legno che vediamo ritratti in quadri e disegni delle vendemmie di un tempo. Insieme ai barili era i manufatti realizzati da questo artigiano per trasportare e conservare le uve. Il bigonaio andava a tagliare in estate gli alberi da cui avrebbe poi ottenuto a bottega le doghe di legno da modellare e usare per costruire i recipienti per vendemmia e vinificazione.

Un antico mestiere molto diffuso nelle Foreste Casentinesi, dato che per secoli è stata usata l’abetina che cresce accanto all’Eremo di Camaldoli. Il cuore della lavorazione era il paese di Moggiona. Alla metà del secolo scorso nel paese erano ancora attive 25 botteghe di bigonai.

Una volta ottenuto il legname, si procedeva alla realizzazione delle doghe e dei cerchi che avrebbero tenuto assieme bigoni e barili. A ricordo di questa antica lavorazione a Moggiona è stata allestita una “bottega del bigonaio”. Qui sono esposti gli attrezzi tipici, si possono ammirare fotografie e documenti e vedere gli ultimi maestri-bigonai al lavoro.

Il mulino di Filattiera

1. L’arte del mulino di Filattiera

Il mulino di Fillattiera è attivo dal lontano 1589: la lavorazione non si è mai fermata e il mulino viene alimentato dalla forza delle acque del Magra. Tre le macine in pietra, per le lavorazioni di grano, mais e castagne.

La produzione è ancora oggi artigianale con la lavorazione dei cereali attraverso una macinazione lenta: in questo modo non si perdono gli enzimi e vengono preservate al meglio le caratteristiche del cereale.

Le palme bianche intrecciate

2. L’intreccio delle palme bianche e delle erbe palustri

L’intreccio manuale delle palme bianche era una pratica molto diffusa durante il periodo pasquale: le palme bianche intrecciate erano poste alla base del ramo dell’ulivo benedetto o servivano per costruire ghirlande. Un’antica tradizione tramandata di padre in figlio all’interno dell’Azienda Agricola Barignano nelle colline intorno Pescia, ormai quasi persa anche per la diffusione di un parassita che attacca la palma.

L’associazione Intrecci Onlus di Larciano, in collaborazione con il Centro di ricerca del Padule di Fucecchio, realizza manifatti naturali, usando le tecniche del passato dell’intreccio di erbe palustri. Un progetto che coinvolge un gruppo di ragazzi con varie disabilità seguiti dall’associazione.

L’ecomuseo del carbonaio in Casentino

3. Il mestiere del carbonaio

Il ricordo del mestiere del carbonaio sopravvive ai giorni nostri soprattutto per le attività didattico-dimostrative. Con l’abbondanza di legnami in molto delle comunità toscane questo lavoro del taglio della legna e della cottura del carbone prosperò fino alla metà del XX secolo.

A preservare il ricordo dell’uomo nero del carbone, della vita alla macchia e delle abitazioni di terra c’è l’ecomuseo del carbonaio gestito dalla Pro Loco I Tre Confini di Cetica. Studi sono stati compiuti anche dall’università di Firenze.

Il mestiere dello scalpellino – © Frosini Pietre

4. Il duro lavoro dello scalpellino

Vie e piazze dei borghi toscani avrebbero tutto un altro aspetto senza i portali di pietra finemente lavorata, le colonne dai capitelli cesellati, gli architravi scolpiti. Merito dell’abilità dei signori della pietra: gli scalpellini. Non importa il materiale: granito, marmo, arenaria, era abilmente trasformato sotto i colpi di questo artigiano.

Tra i manufatti realizzati anche oggetti per la cucina, l’erboristeria, le tintorie, gli oleifici. Si parla di mortai, pestelli, macine, vasche e vaschette, abbeveratoi, canali di scolo, bacili di raccolta. Ancora oggi questa tradizione sopravvive in Toscana. Una preziosa opera è portata avanti dalla Banca della Memoria del Casentino per preservare il ricordo di questo antico mestiere.

Casseruole in rame

La lavorazione degli utensili in rame

Pentole e padelle in rame sono ancora oggi alla base del successo in cucina. A San Quirico di Valleriana, nel Comune di Pescia, l’azienda artigiana Antichi Mestieri continua la tradizione della lavorazione di utensili da cucina in rame.

In bottega vengono compiute tutte le lavorazioni: la forgiatura al fuoco, la battitura, la tornitura, la fresatura, la stagnatura manuale e, infine, la pulimentatura. Antichi Mestieri produce paioli, teglie da pizza e per la cecina (la farinata di ceci), casseruole e utensili.

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