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Carlotta Vagnoli: perchè la  violenza sulle donne è un problema degli uomini

Intervista all’attivista femminista, sex columnist e brillante scrittrice che si batte per i diritti delle donne contro la violenza di genere

Carlotta Vagnoli

Carlotta Vagnoli è una brillante scrittrice, sex columnist e attivista femminista che tramite il suo account instagram (www.instagram.com/carlottavagnoli) e non solo si occupa della lotta per i diritti delle donne contro la violenza di genere. Ogni giorno si scontra con pazienza e determinazione con chi vuole insegnarle cosa deve dire e fare una donna, come deve usare il suo corpo e si interessa anche della narrazione tossica che fanno i media della violenza di genere. Uno dei sui articoli più letti e più importanti è “La libertà di fare sesso come voglio” uscito su GQCarlotta è una “survivor” termine con cui si indica una persona che è sopravvissuta a una relazione violenta e maltrattante. Adesso Carlotta non ha più paura e noi l’abbiamo intervistata in occasione dell’8 marzo, la Giornata internazionale della donna. 

Ecco la nostra intervista

Ammiro moltissimo voi femministe attiviste perchè siete la voce che tante di noi non hanno, quanto è difficile essere un’attivista, mi immagino che ricevere insulti sia all’ordine del giorno

Direi di sì, è abbastanza complesso. Stavo giusto guardando i commenti su di me a un video che ho pubblicato, la cosa più lusinghiera era probabilmente una minaccia di morte quindi diciamo che a volte è faticoso. Ma ormai è diventata una diatriba nel mondo dei social da quelle questioni di biologia come se fosse tutto bianco e nero, come se il femminismo fosse il contrario del maschilismo. É stato sfruttato molto questa narrazione sul femminismo, serve a creare dei mostri, letteralmente. Non raro che un certo target ben preciso di persone si scaldi contro chi fa divulgazione femminista e anche quando parliamo di cose che sono relative agli stereotipi di genere che poi sono pessimi anche per gli uomini stessi. Solo che ormai si è così arroccati su certi pensieri che non si riesce a capire che il femminismo lavora forte e lavora duro e migliorerebbe tante cose a 360 gradi.

Quando cerco di parlare di femminismo con i miei amici maschi spesso cerco di spiegarli proprio il fatto che il femminismo è dalla parte degli uomini, perchè lotta contro dei modelli maschili che sono totalmente obsoleti e fuori dalla realtà. É difficile però fargli capire che “femminismo” non è una brutta parola

Ormai ci sono tante voci che abbinano il femminismo alle parole che finiscono in -ismo cioè tutto ciò che è un eccesso, che è un’ideologia radicalizzata su posizioni violente, invece non è così. Cercare di fare capire la radice dello stesso femminismo parlando di stereotipi di genere, cercando di fare capire perchè sono dannosi e perchè colpiscono anche gli uomini, perchè una società più paritaria sarebbe auspicabile è un terreno sicuramente da cui partire. Muovere però la coscienza di persone che hanno sempre fatto della mascolinità performativa e di un privilegio dei punti vincenti che li esulano da tantissime responsabilizzazioni è sicuramente complesso. A volte io dico: non sono queste persone necessariamente gli interlocutori del femminismo, il femminismo si deve rivolgere in primis alla cultura e alle istituzioni perchè un cambiamento deve arrivare dalle fonti secondarie da cui noi apprendiamo. Le primarie sono la famiglia e la scuola, ma tutto ciò che viene dal mondo intorno a noi cioè gli audiovisivi, la cultura, la politica, il lavoro, tutto contribuisce a creare il nostro mindset che è completamente sbilanciato. Quando fosse impossibile ragionare e “convincere” che è un termine che odio perchè io non devo convincere nessuno a creare una società paritaria, dovrebbe essere un dato di fatto voluto da tutte le persone, ci si deve secondo me riappropriare degli spazi decisionali, di potere e di formazione della cultura.

Prima parlavi dei “mostri”, oggi spesso si parla di “incel” (Involuntary celibate). Ti sei mai chiesta come nascono questi uomini tossici?

É una deriva di un comportamento che è abbastanza radicato nella società cioè la donna vista come secondaria, come accessoria. Loro la chiamano “NP” cioè non-persona, ma anche non-pensante, perchè è vista come un corpo da usare. La rabbia che viene scagliata contro la donna è secondo loro il simbolo di quello che non va nella società. Loro danno la colpa alla donna per tutti i loro fallimenti e per una società che li esclude, non capendo che in realtà che è proprio la società sessista che esclude gli stessi incel. Perchè a meno che tu non sia un maschio alfa con la virilità al 100% allora non sei degno di. É molto più facile per loro accusare le donne perchè loro vogliono fare parte di quel circolo ristretto di maschi alfa, è questa l’idea che noi dobbiamo andare a destrutturare. L’idea di un “maschio alfa” un maschio virile che è la cosa più tossica che ci sia, ed è questa idea di “alfa” che sono alla base delle chat di Telegram che fanno leva sulla mascolinità performativa, che è il grande collante: uomini che fanno squadra cercando di dimostrare quanti più cliché sulla mascolinità ci possano essere.

Vai spesso nelle scuole a parlare di questi temi, come reagiscono i giovani di fronte a queste problematiche?

Io faccio formazione insieme ad alcune formatrici e psicologhe dei centri antiviolenza nelle scuole medie che mi affiancano. Spesso non si rendono conto, spesso le ragazze stesse non riescono a dare un nome alle violenze che hanno subito. Quindi l’esperienza della formazione è chiarificatrice in tanti sensi, soprattutto sul perchè si sia portate/i ad avere dei comportamenti di un certo tipo nei confronti dell’altro sesso. I ragazzi sono prima diffidenti, poi partecipativi in presenza. Le ragazze invece sono sempre molto coinvolte. Ci sono anche scuole in cui i ragazzi partecipano fin da subito con tanta veemenza, e questa cosa mi piace. In didattica a distanza non è così, si crea quel distacco che conferisce l’anonimato, quindi spesso si scade anche in insulti, minacce, provocazioni, zoombombing. La DaD è tosta, ci permette di fare tantissime scuole in più però è terra di nessuno anche quando ci sono i professori presenti.

Sui media c’è un costante victim blaming e una narrazione spesso errata della violenza di genere. A me ha stupito molto il fatto che in un mese in tre fiction della Rai sia andato in onda la storia di un “falso stupro” cioè tre personaggi femminili che denunciano uno stupro inventato. É difficile credere che sia tutto un caso, cosa ne pensi?

Si può dire che è sicuramente un “espediente narrativo”, in tutti questi episodi c’è il bene contro il male, la retta via contro quella delle menzogne. Il falso stupro sembra l’espediente narrativo del 2021, è problematica come cosa anche se molti mi hanno detto che l’accusa di falso stupro serve per svelare una cosa positiva. No, possiamo usare mille espedienti ma non uno che si porta dietro un retaggio culturale così grande e così grave. Guardando le statistiche secondo uno studio americano i falsi stupri sono dal 2 al 6% quindi è un numero irrisorio rispetto alla totalità. Ma noi viviamo in una società che non crede alle vittime neanche quando vengono ammazzate. Non credono alle vittime neanche quando muoiono di femminicidio. Quindi cercare di creare un’accoglienza per le donne vittimi di violenza di genere è essenziale e per farlo bisogna annullare il victim blaming e anche la reticenza nel credere loro. Il fatto che giaccia un sospetto sulle donne vittime di violenza di genere andrebbe eliminati, è qualcosa di culturale che ci stiamo portando dietro, non è parlare di un omicidio qualunque, non è parlare di un furto d’auto o di una frode. Ogni violenza di genere si porta dietro una matrice importante e annullarla è compito, come dicevo prima, delle fonti secondarie che sono implicate nella trasmissione di stereotipi e di credenze scorrette.

Uno degli ultimi casi che ha fatto scandalo in questi giorni è quello delle offese via radio a Giorgia Meloni. Perchè è così difficile capire che vivremo tutti meglio in una società che non ammette questo tipo di violenza verbale anche nei confronti di donne che magari non la pensano come noi?

Solitamente si pensa che l’unica offesa che si possa fare a una donna è un’offesa sessista perchè va a scardinare nel profondo l’entità stessa della donna. Fare una battuta sessista a una donna la annulla proprio in quanto donna. Ha una funzionalità per precisa dare della “troia” o della “pesciaiola”, oddio forse “pesciaiola” è più classismo. Dare della “vacca” a una donna la depersonalizza e la annulla in quanto tale. Non capirlo è una cosa che succede sia a destra che a sinistra, è trasversale e molto democratica come cosa. I compagni di sinistra non sono immuni al sessismo. Non c’entra che la Meloni sia una paladina dell’estrema destra. Con una donna specialmente se è di estrema destra ci si può appellare alle sue ideologie se si vuole controbattere, andare su un piano di questo tipo è indice di una civiltà maschilista e patriarcale in cui viviamo. Giustificare il sessismo solo per chi non ci piace, è come dire “quella donna è stata stuprata perchè aveva la minigonna, se l’è andata a cercare” è la stessa identica cosa. In casi del genere bisognerebbe far capire a persone come la Meloni che portano avanti un’ideologia sessista che il sessismo non si può strumentalizzare solo quando ci tocca in prima persona. Va salvaguardato sempre soprattutto se lo fanno i suoi alleati che non sono nuovi a offese sessiste verso le donne del PD, vedi il caso di Salvini-Boldrini. Bisogna togliere il sessismo dal discorso politico, è un discorso culturale e universale.

 

 

 

 

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