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Il guerriero fragile di Henry Moore a Firenze per ricordare quanto è importante la pace

Grazie al sostegno finanziario del Ministero del Turismo “Fondo siti UNESCO e città creative” e dopo un accurato restauro eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure il Guerriero ha trovato una collocazione nella Terrazza tanto amata dall’artista

Sono passati più di cinquant’anni dalla grande mostra di Henry Moore al Forte di Belvedere a Firenze e finalmente si avvera il sogno dell’artista britannico che desiderava vedere esposto per sempre il suo Guerriero con scudo in uno degli ambienti più suggestivi di Palazzo Vecchio, la Terrazza di Saturno.

Moore era un convinto pacifista e l’immagine del guerriero insieme fragile e monumentale appare ancora più forte ed evocativa in questo momento così segnato da conflitti, che rafforza il senso di una collocazione in un luogo così ricco di valori civili come Palazzo Vecchio.

Molte sono state le mancate occasioni di collocare in quella sede la bellissima e per certi versi drammatica scultura in bronzo, di proprietà del British Institute of Florence.

Negli ultimi decenni si è potuta ammirare nel primo cortile di Santa Croce, dove è rimasta fino a pochi anni fa.

Oggi grazie al sostegno finanziario del Ministero del Turismo “Fondo siti UNESCO e città creative”, e dopo un accurato restauro eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure il desiderio di Henry Moore si avvera e il Guerriero sale in alto, in quella Terrazza tanto amata dall’artista.

Firenze accoglie la scultura di Henry Moore

“Il guerriero mutilato di Moore torna finalmente a Palazzo Vecchio, nella collocazione prediletta dal suo autore, e sembra ammonirci di fronte a nuove guerre contemporanee. – ha dichiarato il sindaco Dario Nardella – A cinquant’anni dalla retrospettiva che la città dedicò al grande artista inglese al Forte di Belvedere, Moore continua a sorprenderci e noi continuiamo ad omaggiarlo e a trovare nuove vie per mostrare le sue opere. Ora accogliamo il suo guerriero nel cuore civico, storico e artistico della città, una scelta che ci farà riscoprire un legame con lo scultore mai sopito e che si inserisce nella continua ricerca di sperimentazione e congiunzione tra antico e contemporaneo che la città porta avanti da alcuni anni con successo.”

È stato un lungo viaggio quello di Henry Moore iniziato nel 1970. La sua apparizione al Forte Belvedere ha cambiato radicalmente il rapporto tra il mondo culturale fiorentino e l’arte moderna contemporanea

“È stato un lungo viaggio quello di Henry Moore iniziato nel 1970ha detto Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento – La sua apparizione al Forte Belvedere ha cambiato radicalmente il rapporto tra il mondo culturale fiorentino e l’arte moderna contemporanea. La scultura di Henry Moore è stata un “dolce shock” perché ha fatto cadere molte resistenze e perplessità con il suo linguaggio assolutamente all’avanguardia eppure classico, direi anzi neoumanistico. In più, ai più accorti, ha fatto capire il forte legame dell’arte del Novecento con il mondo arcaico e primordiale. Infine, le sue ricercate forme non sono vuote di significato perché tendono sempre a rappresentare il mistero della natura e la grandezza drammatica della storia e dell’esistenza umana. Finalmente siamo riusciti a soddisfare il sogno di Moore grazie alla perfetta collaborazione tra tante istituzioni. Siamo ancora grati a Mary Moore per aver approvato questo itinerario, agli amici del British Institute of Florence, a Sebastiano Barassi della Henry Moore Foundation e un vivo ringraziamento a tutta l’équipe dell’Opificio delle Pietre Dure che ha condotto un restauro perfetto. Sono personalmente grato al Sindaco Nardella che ci ha sostenuto fino ad oggi, a tutti gli uffici del comune, allo staff del Museo Novecento e a MUS.E. Questo è un traguardo alla fine di un decennio di sfide culturali che hanno avuto anche in Henry Moore un punto di riferimento. Non è una fine, ma solo l’inizio.”

“Le nuove ferite del Guerriero che le restauratrici Stefania Agnoletti, Maria Baruffetti, Merj Nesi si sono trovate a dover curare erano soprattutto dovute ad una combinazione tra la tecnica di fusione della scultura (un metallo microporoso e la presenza rilevante di residui delle terre di fusione e dell’armatura in ferro) e la sua permanenza per diversi anni in ambiente esterno, che aveva causato l’alterazione cromatica della patina – il colore del bronzo – e l’emergere di efflorescenze biancastre. ha dichiarato Renata Pintus, Direttrice Servizio Arte Contemporanea dell’Opificio delle Pietre DureI materiali ferrosi e le terre sono stati rimossi dall’interno e la superficie è stata sottoposta ad una attenta pulitura: considerando una sostanziale disponibilità dello sculture al cambiamento nel tempo dell’aspetto dell’opera e il trasferimento del Guerriero in un ambiente semi-confinato, ci siamo limitati a smorzare certe disomogeneità cromatiche corrispondenti alle zone di saldatura o conseguenti al generale viraggio verso il verde della patinatura, applicando poi una protezione costituita da una miscela di cere.”

Henry Moore e l’amore per l’Italia

Quella tra Henry Moore e l’Italia è un’amicizia di vecchia data che è iniziata con la rivelazione giovanile dei maestri del Rinascimento italiano e dei primitivi toscani, passando per le partecipazioni alle Biennali di Venezia, il Gran Premio Internazionale per la Scultura del ’48, i soggiorni in Versilia dagli anni ’50 e le grandi mostre organizzate a Roma, Spoleto e Firenze negli anni ’60 e ’70, che ne consacrarono la fama agli occhi del pubblico nostrano.

Il viaggio studio compiuto nel 1925 tra la Francia, l’Italia e la Germania segnò l’inizio di questo lungo rapporto e rappresentò per Moore una vera e propria rivelazione.

L’osservazione dal vivo dei capolavori dei maestri toscani del Trecento e del Quattrocento lo accompagneranno a lungo e guideranno la sua formazione artistica insieme allo studio della scultura primitivista ed extraeuropea scoperta al British Museum di Londra, delle avanguardie storiche, di Brancusi e Picasso.

 

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