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© Gionata Damele e Saverio Nichetti

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L’Ippoasi: il rifugio in provincia di Pisa dove gli animali vivono liberi e in pace

Nel cuore del parco di San Rossore si trova una moderna “arca di Noè” che con amore, gentilezza e passione porta avanti un progetto volontario per salvare gli animali e farli vivere senza paura

Nel Vecchio Testamento si racconta la storia di Noè che con l’aiuto di tutta la sua famiglia costruì una grande barca, per trarre in salvo tutti gli animali, che rischiavano di morire a causa del diluvio universale.

A San Piero a Grado in provincia di Pisa, all’interno del Parco di San Rossore, c’è qualcuno che con pazienza e gentilezza sta facendo qualcosa di simile.

Stiamo parlando dell’Ippoasi, un rifugio per animali di ogni specie, gestito con amore, gentilezza e passione da un gruppo di volontarie e volontari provenienti da tutta Italia e dal resto del mondo.

Tutti gli animali che abitano il Santuario sono veri e propri rifugiati, che hanno sopportato tremende sofferenze e si sono sottratti da condizioni di morte certa. Nel suo terreno di quasi quattro ettari, Ippoasi fornisce loro un rifugio sicuro, dove possano vivere liberamente.

L’obiettivo principale è quello di offrire agli animali rifugiati un’esistenza il più serena possibile, tenendoli lontani da qualsiasi tipo di utilizzo o abuso. Qui gli animali vivono in pace e ognuno di loro riceve il rispetto che merita.

Susanna Panini dell’Ippoasi

“L’Ippoasi è stata fondata nel 2008 da due persone che hanno lavorato per circa 25 anni sfruttando i cavalli – ci ha raccontato Susanna Panini una dei responsabili dell’Ippoasi – Io sono arrivata come volontaria nel 2014, vivevo in Liguria e frequentavo spazi in cui si iniziava a parlare di antispecisimo e mi è venuta voglia di provare a fare qualcosa che fosse più incisivo. Mi sono licenziata e sono venuta a Pisa per un periodo di volontariato, dopo un mese e mezzo ho deciso di trasferirmi qua e sono diventata una volontaria fissa del rifugio. Nel 2017 ho preso in mano la gestione dell’Ippoasi”.

il rifugio è uno spazio politico dove gli animali non hanno obblighi di nessun genere, non devono lavorare per nessuno e non devono dare in cambio niente del loro corpo per mangiare

In quanti siete all’Ippoasi?

Persone fisse sono circa tre, ma c’è un gruppo nutrito di volontari, una quindicina di persone che lavorano con noi. Io uso questa parola “lavorare” ma in realtà non percepiamo nessuno stipendio, lavorare qui è la nostra missione.

Che cos’è un’Ippoasi, che cosa fa?

L’Ippoasi è un rifugio, uno spazio dove gli animali salvati da situazioni di abuso e sfruttamento di vario genere, legate all’industria alimentare o dell’intrattenimento, vengono liberati e si emancipano dalla loro condizione di schiavitù. Tornano ad essere veri e propri individui rispettati in tutte le loro sfaccettature, non vengono cioè destinati ad alcun tipo di utilizzo. Noi non siamo una fattoria didattica o un luogo dove viene praticata la pet teraphy. Il rifugio è uno spazio politico dove gli animali non hanno obblighi di nessun genere, non devono lavorare per nessuno e non devono dare in cambio niente del loro corpo per mangiare. Hanno diritto alla vita e alla salute, cose che per noi sono scontate.

Come sono arrivati da voi gli animali che ospitate?

Generalmente arrivano su segnalazioni di privati, storie dei più svariati generi che vanno dal ritrovamento di un animale vagante fino alla persona che si vuole disfare di un animale. Ma c’è anche una collaborazione con le istitutizioni come la Polizia, le Usl e le Procure che ci contattano in caso di sequestri o casi di maltrattamento che vanno a finire in Tribunale. Viviamo in una società in cui ci si indigna giustamente per il cane scuoiato mentre la normalità è che nei macelli vengano portati decine di migliaia di animali, e questa cosa non scandalizza nessuno. Solo negli ultimi anni ci sono stati grandi casi di sequestri di animali da reddito, negli allevamenti non si va troppo a controllare come vengono trattati gli animali, è ovvio che vengono maltrattati. C’è una forte indifferenza.

Gianna – © Gionata Damele e Saverio Nichetti

C’è una storia in particolare che mi puoi raccontare?

Una storia che racconta tante sfaccetature è quella di una capra che abbiamo chiamato Gianna. Ci hanno telefonato da Tirrenia, da una Caserma della marina militare, perché il giorno dopo un forte temporale avevano trovato nei dormitori una capra terrorizzata. Aveva un corda legata al collo con evidenti segni di morso. Quindi lei si è strappata a morsi la corda a cui probabilmente era legata ed è scappata per nascondersi e riparasi dal temporale. Noi siamo subito partiti, l’abbiamo recuperata e portata in salvo al rifugio. Dopo dieci giorni lei ha dato alla luce due cuccioli. Era sicuramente detenuta per fare figli e il latte. Per fortuna è una storia a lieto fine, lei non sarà mai separata dai suoi figli. Adesso vive in una situazione di pace e serenità.

Gianna è stata molto coraggiosa

Questa storia parla anche di un concetto che noi definiamo “resistenza animale”. Spesso le persone hanno la tendenza a infantilizzare gli animali, a parlare di loro come se stessero parlando di bambini o persone disabili. Come se gli animali non fossero abbastanza intelligenti o in grado di far valere i propri bisogni o desideri, invece sono perfettamente in grando di farlo. E quando ne hanno la possibilità, in varie modalità, cercano di ribellarsi alla condizione in cui sono. Gianna sicuramente, poi abbiamo imparato a conoscerla, è molto testarda e cocciuta, anche adesso non le manda a dire, se vuole qualcosa trova il modo di ottenerlo e questo le ha permesso di salvare se stessa e la sua famiglia. Dobbiamo sempre ricordarci che nessun animale vuole morire, nessuno vuole partorire per vedersi allontanare i cuccioli.

L’Ippoasi come si sostiene economicamente?

Diciamo che se prima gli animali davano un reddito, producevano un tornaconto economico, nel rifugio creano un debito. Nel senso che è ovvio che non li sfruttiamo in nessun modo, dobbiamo dargli da mangiare, spendendo soldi che raccogliamo grazie alla solidarietà delle persone che credono nel nostro progetto, in quello che facciamo. Abbiamo varie modalità per raccogliere fondi, organizziamo pranzi, cene, il 5 per mille. Non riceviamo però nessun sostegno statale. Abbiamo una libreria itinerante, un collettivo di cucina, stiamo per aprire una falegnameria sociale, organizziamo adozioni a distanza. Facciamo anche visite guidate all’Ippoasi ma causa della peste suina africana l’Usl ci vieta di far incontrare gli animali e le persone. Il 24 marzo faremo il primo evento della primavera che prevede la mattina un laboratorio con un’illustratrice, poi il pranzo e la presentazione di un libro.

Per visitare o sostenere l’Ippoasi: www.ippoasi.org

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