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Paolo Benvegnù torna a cantare l’amore: “La totale irrazionalità di scoprire il mistero dell’altro”

Sabato 20 gennaio Paolo Benvegnù sarà in concerto al Glue Alternative Concept Space di Firenze per presentare il suo ultimo album di inediti che vede due collaborazioni speciali con Brunori Sas e Neri Marcorè

Paolo Benvegnù - © Mauro Talamonti

Cantautore, scrittore, intellettuale Paolo Benvegnù è tutto questo e molto altro ed è sempre un momento esaltante quando si tratta di annunciare l’uscita di un suo nuovo album di inediti.

“È inutile parlare d’amore” è il titolo dell’ultimo disco che il cantante presenterà per la prima volta sabato 20 gennaio 2024 al Glue Alternative Concept Space di Firenze. Sarà la prima data di un lungo tour che lo vedrà in concerto in tutta Italia.

Sono in tutto dodici canzoni che riflettono sulla potenza dell’amore un sentimento sovversivo, rivoluzionario, antistorico e meravigliosamente arcaico e modernissimo. Forse l’unica libertà presente e futura che ancora resta agli esseri umani.

Il disco vede anche due collaborazioni speciali con Brunori Sas nel brano “L’oceano” e Neri Marcorè in “27/12”.

Ecco la nostra intervista a Paolo Benvegnù

Ciao Paolo! Il tuo ultimo disco si intitola “È inutile parlare d’amore” una provocazione, perchè mai come ora invece è importante parlarne

Decisamente, ho come l’impressione che in un mondo così fortemente portato all’utile, all’utilità, l’amore che è irrazionale porta ovviamente a fare cose che non sono quantificabili. Essendo l’amore incalcolabile è una forma di libertà che in questo momento storico mi sembra importantissima e per certi versi una sorta di elemento rivoluzionario. Siamo controllati su tutto, abbiamo l’impossibilità di muoverci in maniera irrazionale e l’amore è la totale irrazionalità, è scoprire il mistero dell’altro.

Il fatto che l’amore sia “inutile”, come dici te, sta proprio in questo la sua potenza

Sì esattamente, in più chi stabilisce cosa sia utile e cosa sia inutile? Certo nel mondo post-capitalistico di adesso tutto ciò che non fa guadagnare, produrre e consumare è qualcosa di inutile. Viviamo in un mondo in cui c’è già qualcuno che pensa per noi e in cui in futuro ci saranno intelligenze artificiali che penseranno per noi e ci diranno cosa fare e dove andare. Io ho l’impressione che dobbiamo riappropriarci dell’inutilità, perché proprio di questo è fatta la vita degli esseri umani. Esiste una realtà che non vediamo, la stiamo completamente dimenticando. Se fossimo cani, api o un altro animale vedremmo una realtà diversa e quindi come facciamo ad arrogarci il diritto di pensare che la nostra sia l’unica realtà vera e fisicamente concepibile?

Ho cominciato a scrivere canzoni perché dovevo mettere a posto i danni che la vita mi aveva procurato. Non essendo un uomo aggressivo e né un seduttore, né un dominatore dell’altro, ho pensato che facendo canzoni avrei potuto capire meglio come ripararli

Il tuo nuovo disco è stato anticipato da un singolo “Canzoni brutte”, in cui dici che le canzoni brutte sono quelle scritte per piacere a tutti e a tutte, il contrario di quello che mi sembra tu abbia fatto nella tua vita artistica

Ho concepito questo disco come una sorta di sceneggiatura, di film o romanzo di formazione. A un certo punto c’è un momento in cui uno dei due protagonisti perde il senso dell’etica e per guadagnare spazio comincia a pensare di togliere da se stesso il pensiero, ed essere utilitaristico. Per fortuna è un pensiero che compare solo nell’ottavo brano, nel nono brano questa cosa viene completamente sovvertita. Non si può togliere la complessità alla vita perché non è pesantezza, è anche leggerezza. Per fare un esempio noi ci addormentiamo e non capiamo come facciamo a respirare e restare in vita. Dobbiamo concentrarci sulle realtà possibili e non quelle che vediamo e basta. Se scrivi canzoni più semplici possibili soltanto per piacere a tutti, lo fai solo per guadagnare soldi. Invece dovremmo guadagnare intensità nella vita che facciamo non in denaro.

C’è un termine inglese che definisce proprio questa cosa che hai descritto cioè: “catchy”, un qualcosa fatto per acchiappare, per piacere

(Ride) Ho fatto un po’ come Daniele Silvestri agli esordi quando scrisse un ritornello sotto forma di slogan per dire che lo slogan è fascista di natura. Ecco io per questo brano avevo la stessa idea, l’idea di fare una canzone “catchy” dicendo che è assurdo essere “catchy”.

Questo è il tuo nono album, hai detto che è come un film, una storia che ha due protagonisti, raccontaci la loro storia

Per certi versi è una specie di Orlando furioso in cui tutti inseguono tutti. Nella mia fantasia c’è un inseguimento verso l’intensità della relazione, verso le cose, verso l’altro e l’alterità in generale. C’è anche una relazione tra i due protagonisti ma è incidentale. È stranissimo come noi viviamo la nostra vita senza vedere cosa ci può succedere e ce ne accorgiamo soltanto per nostalgia o perché ne abbiamo bisogno in quell’istante. Invece io sono convinto del fatto che ci dovrebbe essere una pratica importante legata al riconoscimento istante per istante di quello che ci sta succedendo. Certo è molto più faticoso vivere così piuttosto che vivere lasciando andare tutto.

Possiamo dirlo sono trent’anni che fai musica, dagli inizi con gli Scisma ad oggi. Com’è cambiato il tuo modo di esercitare l’arte del musicista e cosa ti spinge ancora a fare musica?

In me c’è stata una trasformazione. Ho cominciato a scrivere canzoni perché dovevo mettere a posto i danni che la vita mi aveva procurato. Non essendo un uomo aggressivo e né un seduttore, né un dominatore dell’altro, ho pensato che facendo canzoni avrei potuto capire meglio come ripararli. Una volta riparati, cicatrizzate le ferite, semplicemente quello che mi è venuto è essere uno studente che ha delle intuizioni e poi le esprime. In questo lungo percorso ho avuto un sacco di compagni al mio fianco, io da solo non avrei la forza per mantenere questo tipo di attività o per dire meglio passività. Quello che facciamo abitualmente io e i miei compagni è che io traccio una linea, come la cornice di un quadro e loro lo dipingono. Ho questa grande gratitudine nei confronti delle persone che svolgono questo lavoro, è come una famiglia per me. Ogni volta prepariamo le pietanze per un banchetto e poi le mangiamo insieme.

So che hai una figlia piccola ancora, che mondo stiamo consegnando alle nuove generazioni?

Un mondo difficile dal punto di vista dell’impossibilità del nascondimento. Io sono abbastanza convinto del fatto che tutto ciò che è realmente importante nella relazione tra uomo e uomo e l’uomo e la natura è un continuo confronto tra i misteri. Noi stiamo consegnando a questi bimbi un mondo in cui tutto è poco misterioso, in cui il rapporto con la morte non è più naturale perché la morte è vista come una cesura impossibile da recuperare, il dolore non esiste, i pazzi non esistono. Ho come l’impressione che non sarà facile per loro vivere in un mondo in cui saranno controllati per ogni cosa. Quello che cerco di fare io con mia figlia è semplicemente farle vedere gli aspetti più negativi di questa cosa e lasciare a lei la scelta se entrare nella massa o essere tangente.

Sabato 20 gennaio parte dal Glue di Firenze il tuo nuovo tour, come ti stai preparando? Sei carico per questa nuova avventura?

Mi sto preparando con il terrore al mio fianco (ride). No in realtà stiamo provando i brani e cercando di ritrovare nell’esecuzione la forza primigenia con cui sono stati scritti. Per me è bellissimo ricominciare dal Glue, perché è stato anche uno degli ultimi concerti che abbiamo fatto. Per noi è bellissimo suonare lì, il posto è fantastico e gli organizzatori sono degli amici oltre che delle persone meravigliose. Firenze è una città dove ho abitato e che mi manca un po’, per cui non potevamo cominciare meglio. Vediamo se saremo all’altezza di tutta questa bellezza.

Tutte le date del tour di Paolo Benvegnù

20 gennaio  – Glue – FIRENZE
8 febbraio  –  Hiroshima Mon Amour –  TORINO
9 febbraio  – Latteria Molloy – BRESCIA
22 febbraio  – Monk – ROMA
23 febbraio  –  Arci Kalinka Dude  –  SOLIERA (MO)

Paolo Benvegnù – © Mauro Talamonti

Informazioni sull’evento:

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