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“Ungaretti e l’arte del vedere” alla galleria Tornabuoni di Firenze una mostra tra poesia e pittura

Fino al 12 luglio una panoramica sui più importanti artisti tra gli anni Dieci e Settanta del Novecento, con opere di Pablo Picasso, Giorgio De Chirico, Amedeo Modigliani, Ottone Rosai, Alberto Burri e molti altri

“Pittura e poesia. Ungaretti e l’arte del vedere” è questo il titolo della mostra aperta nella galleria Tornabuoni Arte di Firenze dal 16 maggio al 12 luglio.

Si tratta di un omaggio al grande poeta italiano Giuseppe Ungaretti con una selezione di opere di artisti che conobbe, frequentò a Parigi e Roma, e sui quali scrisse.

L’espisizione traccia un panorama dell’arte italiana ed europea tra gli anni Dieci e Settanta del Novecento, attraverso le parole del poeta, presentando a fianco di materiali d’archivio, scritti, corrispondenze e poesie molte opere.

Gli artisti presenti sono tutti di fama mondiale: Giacomo Balla, Ardengo Soffici, Carlo Carrà, Gino Severini, Amedeo Modigliani, Giorgio de Chirico, Pablo Picasso, Enrico Prampolini, Ottone Rosai, Jean Fautrier, Franco Gentilini, Giuseppe Capogrossi e Alberto Burri.

Ardengo Soffici, L’aia del Berna, 1947

Il percorso museale parte da Parigi

Giuseppe Ungaretti arrivò a Parigi nel 1912, in un momento in cui la capitale europea era all’apice dell’effervescenza artistica e culturale. L’incontro con gli artisti delle avanguardie internazionali segnò profondamente la sua vita artistica e professionale.

Un soggiorno cruciale, che condizionò il suo sguardo sulle arti, in particolare sulla pittura, che per lui era semplicemente un’altra espressione della poesia: “chiamo poeta qualsiasi artista”.

In mostra, del periodo parigino, opere come Tasse et paquet de tabac, 1922 di Picasso, che Ungaretti frequentò da giovane e che definisce “il disegnatore più straordinario, più inesauribile di risorse che ci sia mai stato.”

Ci sono lavori figurativi come Giovane seduta (1905) di Amedeo Modigliani, Luce nella luce (1928) di Giacomo Balla, Il balcone (la fenetre), del 1930 ca. di Gino Severini, ma anche alcuni dipinti di Carlo Carrà e Ottone Rosai.

A documentare il rapporto che si instaurò con alcuni artisti, a Roma ci sono alcuni esempi di Superficie, dalla metà degli anni ’50 agli inizi dei ’60 di Giuseppe Capogrossi.

Più o meno degli stessi anni sono, anche, un Catrame (1950) e una Combustione (1960) di Alberto Burri che Ungaretti dice di amare “perché non è solo il pittore maggiore d’oggi ma è anche la principale causa d’invidia per me: è d’oggi il primo poeta”.

Alberto Burri, Combustione B.A., 1960

In mostra anche due inediti di Piero Dorazio

Saranno esposte per la prima volta a Firenze, due opere inedite di Piero Dorazio: Senza titolo, del 1968, realizzata per l’ottantesimo compleanno del poeta, e Modello e fonte per molti orizzonti del 1969, provenienti da Casa Ungaretti, con dedica al maestro e amico, a testimonianza del sodalizio intellettuale e affettivo che li ha legati per tutta la vita, e che, tra il ‘66 e il ’69, dette vita al libro d’artista La Luce. Poesie 1914-1961 con XIII litografie di Piero Dorazio.

Come sottolinea la curatrice Alexandra Zingone: “C’è l’impronta dichiarata di Ungaretti nel linguaggio visivo di Dorazio”.

In una Lettera a Bruna, del 1968, Ungaretti scrive di Dorazio: “È il pittore più puro d’oggi. Nessuno sa scomporre in infiniti modi la luce nei suoi mille colori perché ridiventi più ai nostri occhi luce, ricomponendosi; ridiventi il miracolo maggiore cioè dell’universo”.

Piero Dorazio, Modello e fonte di molti orizzonti, 1969

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