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Equipe dell’università di Pisa porta alla luce i resti di un villaggio del 6200 Ac

Un ritrovamento di grande importanza per studiare l’adattamento e la sopravvivenza ai cambiamenti climatici delle tribù nomadi in uno dei periodi più freddi e aridi dell’attuale era geologica. Su Ig un profilo per seguire gli scavi

L’antico sito scoperto a Los Monegros

Un’equipe dell’università di Pisa ha riportato alla luce i resti di un accampamento all’aperto del Mesolitico. Un ritrovamento di grande importanza per studiare l’adattamento e la sopravvivenza ai cambiamenti climatici.

A ritrovare i resti del sito, nell’area semi-desertica di Los Monegros, in Spagna, il gruppo di archeologi impegnati nel progetto “MesoHistories”, diretto da Niccolò Mazzucco, professore dell’ ateneo pisano e Javier Rey Lanaspa, archeologo del Governo di Aragona.

Resti del 6200 AC

I resti della capanna dovrebbero risalire al 6200 a.C. A, all’epoca degli ultimi cacciatori-raccoglitori-pescatori nomadi vissuti qui in un momento di grave crisi climatica, uno dei periodi più freddi e aridi dell’attuale era geologica, l’Olocene: “Lo scenario che si sta componendo è di grandissimo interesse non solo archeologico – ha spiegato il professor Niccolò Mazzucco – In quasi un mese di scavi nel sito chiamato ‘PBM‘, situato a Sariñena (Huesca, Spagna), abbiamo riportato alla luce i resti di almeno una capanna, con buche di palo, quattro focolari in fossa, resti di combustione, alcune punte di proiettile di forma triangolare e trapezoidale, caratteristiche del periodo mesolitico, e un’area di lavorazione della selce”.

Una questione di sopravvivenza

“I resti ritrovati ci aiuteranno a comprendere come questi esseri umani abbiano cercato di adattarsi alla nuova condizione ambientale determinata da quello che viene indicato evento 8.2 ka, ossia il brusco raffreddamento di 1–3 °C che circa 8.200 anni fa interessò gran parte dell’emisfero settentrionale e durò circa 160 anni”- ha spiegato Mazzucco.

Le indagini sui reperti sono ancora in corso, ma già i primi risultati delle analisi polliniche indicano che in quel periodo preistorico il luogo dello scavo sarebbe stato caratterizzato principalmente da un paesaggio semi-aperto, dominato da specie come il cipresso e il ginepro. Oltre a ciò, in questo angolo dell’attuale deserto di Los Monegros sembra fosse presente una palude, sulle cui rive il gruppo di cacciatori-raccoglitori nomadi, probabilmente di piccole dimensioni, aveva costruito il proprio accampamento, per poter cacciare mammiferi ed uccelli, come testimoniano alcuni resti di ossa trovati durante lo scavo e che ci raccontano di un significativo cambio di dieta.

“La caccia agli uccelli non era una cosa molto frequente ed è spesso difficile da documentare a livello archeologico. Nel caso di PBM, la relativa abbondanza di ossa di uccelli e piccoli mammiferi potrebbe suggerire un cambiamento nell’alimentazione di questi cacciatori-raccoglitori-pescatori che si erano adattati alle nuove, più rigide, condizioni climatiche – ha concluso Niccolò Mazzucco – L’allargamento del numero e del tipo di prede cacciate rispetto ad una dieta altrimenti principalmente basata sulla caccia ai grandi ungulati, quali cervo, cinghiale o capre selvatiche, è spesso riflesso di un adattamento a nuove condizioni ambientali, ad un cambiamento della mobilità e delle strategie economiche di questi gruppi”.

“Sebbene sia ancora presto per trarre conclusioni – ha aggiunto – e solo le analisi di laboratorio potranno chiarire l’effettiva composizione delle specie cacciate, PBM è un sito che potrà offrire nuovi spunti per interpretare quest’ultima fase di vita dei cacciatori-raccoglitori-pescatori europei, all’alba della rivoluzione Neolitica, che pochi secoli dopo il 6200 a.C. porterà nuovi stravolgimenti con l’arrivo di specie domestiche e l’inizio dell’agricoltura”.

Il progetto “MesoHistories”

La campagna di scavo iniziata a luglio, la terza nel sito “PBM”, fa parte del progetto “MesoHistories”, diretto da Niccolò Mazzucco, professore presso l’Università di Pisa (Italia), e Javier Rey Lanaspa, archeologo del Governo di Aragona. Nel gruppo scientifico sono coinvolti Aitor Ruiz-Redondo, professore presso l’Università di Saragozza e ricercatore presso l’Università di Saragozza, insieme a Ignacio Clemente Conte, ricercatore titolare presso la IMF-CSIC, ed Ermengol Gassiot dell’Università Autonoma di Barcellona. Questa terza campagna vede la partecipazione di studenti delle Università di Pisa e Saragozza ed ha avuto una durata di circa tre settimane, durante le quali si sono concluse le operazioni di scavo, definendo con maggiore precisione l’estensione dell’occupazione e le attività svolte, nonché la raccolta di nuovi campioni per analisi cronologiche e ambientali. Per seguire gli aggiornamenti sullo scavo PBM e sul progetto, è attivo il profilo instagram @mesohistories

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