Storie /RACCONTI ISOLANI

Luigi, una vita al Faro di Capel Rosso. “Io, la stella polare dei naviganti”

Baffigi, l’ultimo farista del Giglio si racconta. “La prima volta? Un collega mi disse: Ce la fai a rimanere da solo? . Proviamoci, risposi. Al limite rimarrò tutta la notte sveglio”. Poi la promessa di sentimento eterno per il “suo” faro, “casa” per oltre 40 anni. “Quando ci si innamora ci si innamora per sempre, poi ci si può anche lasciare ma l’amore rimane”

Il Faro di Capel Rosso dell’Isola del Giglio di notte potrebbe avere il fascino irrequieto e tempestoso di un quadro di William Turner, di giorno invece le geometrie precise della sua architettura, le strisce biancorosse incollate all’azzurro colmo di aria e di acqua salata, avrebbero sicuramente carpito l’attenzione di Edward Hopper.

Luigi, il guardiano del Faro, sarebbe stato il protagonista ideale di una delle sue tele.

Luigi, il guardiano del faro sarebbe stato il protagonista ideale di una delle tele di Edward Hopper

Il pittore statunitense, icona della corrente del realismo americano, ne avrebbe dipinto la pelle abbronzata, i toni dell’ambra, della terra bruciata, lo sguardo perso nell’infinito, gli occhi fissi in un punto all’orizzonte, proprio come la luce potente emanata dalla torre, non appena il buio prende il sopravvento sui colori del giorno.

Il faro, la solitudine. Il quadro perfetto.

Fin dove sono arrivati gli occhi di Luigi Baffigi, per quaranta lunghi anni unica “stella polare dei naviganti” in quel tratto di mare? Lontano. A cercare di nuovo terra e isole.

“Da qui quando l’aria è pulita vedi l’Argentario, Giannutri, la Corsica, Montecristo e quando sali più su vedi anche l’Elba. Una grande bellezza per chi sa ammirarla”, mi racconta Luigi, zaino in spalla, di fronte al luogo che è stato casa per decenni.

Già, la grande bellezza della natura. Qui la respiri tutta. Il cisto, il lentisco, il mirto, la macchia che avvolge con i suoi profumi intensi, intrisi di salsedine. La solitudine per chi vive dentro un faro assume un significato che va oltre l’immaginato.

Ci sono tramonti che fermano il tempo, baci immaginari, fragranze mediterranee, roccia antica. Radici

C’è una natura prepotente e fascinosa che ti avvolge e non ti lascia scampo, non puoi far altro che innamorartene. Il suo richiamo è un canto perpetuato nella mente, un tintinnio che martella l’anima, un faro puntato sul cuore. Qui c’è solo l’assenza degli uomini ma non si è soli. La voce è quella del mare, la carezza calda del vento, a volte gli schiaffi, improvvisi, verso sera. Ci sono tramonti che fermano il tempo, baci immaginari, fragranze mediterranee e roccia antica. Radici.

Si può dunque parlare di solitudine? No. Luigi parla solo di amore

Si può dunque parlare di solitudine? No. Luigi parla solo di Amore. Non è più il guardiano del Faro ma spesso torna qui, ora che questa icona dell’isola gestita dalle sorelle Veronica, Gilda e Viola Mura è divenuta anche richiesta location cinematografica, da “La Grande Bellezza” di Sorrentino fino ai video clip musicali sanremesi, come quello del livornese Enrico Nigiotti che proprio al Faro di Capel Rosso ha ambientato la sua “Nonno Hollywood”.

“Quando ci si innamora ci si innamora per sempre, poi ci si può anche lasciare ma l’amore rimane”.  Eccolo quel legame simbiotico che si rivela in due parole sussurrate da Luigi, mentre scendiamo tra roccia e bassa vegetazione, terra arida d’estate. Più lontano le terrazze dei contadini isolani raccontano di vignaioli eroici.

Il canto che ti accompagna è quello dei gabbiani. Il mare, poi, fa il resto

E’ il Giglio che non ti aspetti, lontano dalle spiagge affollate, dal brusio vivace del porto. Capel Rosso è il paradiso all’improvviso, il traguardo che puoi guadagnarti solo con le tue gambe, camminando verso la meta lungo un sentiero soleggiato. Il canto che ti accompagna è quello dei gabbiani, il mare poi, fa il resto.

Luigi si ferma. Ricorda.

“Era bello vedere i fulmini che cascavano in acqua, nelle notti di tempesta”. Poi ripensa alla prima volta al faro. “Un collega mi disse: Ce la fai a rimanere da solo? . Proviamoci, risposi. Al limite rimarrò tutta la notte sveglio. Invece la sera accesi il faro, guardai la televisione, andai a letto e la mattina mi alzai, spensi il faro e iniziai le mie attività giornaliere. Avevo 24 anni”.

Era il 1975.

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