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© Enrico Mazzoli

Attualità /

I campioni di sport e fair play si raccontano a Firenze per il premio Menarini

In occasione dell’evento condotto da Ivan Zazzaroni, sportivi del calibro di Casey Stoner, Giacomo Bertagnolli e Andrea Raavelli, Edwin Moses e Ian Thorpe hanno portato sul palco la loro esperienza e cosa è per loro il fair play

In attesa della premiazione che si terrà il 7 luglio a Castiglion Fiorentino, alcuni dei campioni del XXVI Premio Internazionale Fair Play Menarini hanno raccontato in un evento nel Salone dei Cinquecento a Firenze cos’è per loro il fair play condividendo con il pubblico in sala e in diretta televisiva alcuni momenti della loro carriera sportiva.

Al talk show “I campioni si raccontano”, condotto da Ivan Zazzaroni, hanno partecipato la stella del tiro a volo e prima medaglia olimpica di San Marino Alessandra Perilli, la leggenda del nuoto Ian Thorpe, l’asso del motociclismo Casey Stoner, il duo dello sci paralimpico Giovanni Bertagnolli e Andrea Ravelli, insieme a loro la vice presidente del Coni Silvia Salis, Edwin Moses, l’atleta di corsa a ostacoli insignito nel 2004 del Premio Fair Play Menarini e il talentuoso violinista Giovanni Andrea Zanon, che si è esibito ed ha “prestato” il violino al sindaco Dario Nardella per una breve performance.

Il premio di Menarini “vuole promuovere i valori del fair play attraverso i grandi campioni dello sport, i campioni premiati sono tutti testimoni di questi valori dello sport“, ha affermato Ennio Troiano, membro del Board della Fondazione Fair Play Menarini e direttore delle Risorse Umane del gruppo Menarini. “Questi valori andrebbero diffusi non soltanto nello sport ma nella società civile. Ne abbiamo bisogno. Con questo premio diamo un piccolo contributo e diciamo a tutti di praticare i valori del fair play. Solo in questo modo prepareremo le nuove generazioni” ha concluso Troiano.

Il rispetto per le regole, sé stessi e gli avversari, la lealtà e la competizione praticata in modo etico sono elementi che accomunano i premiati e che sono stati al centro degli interventi degli sportivi.

Per il due volte campione della MotoGp, Casey Stoner: “è un onore essere scelto per questo riconoscimento. Ci sono diversi punti di vista, il fair play per me si avvicina ad un vecchio modo di dire australiano: fai agli altri quello che vorresti gli altri facciano a te, ho sempre corso e trattato gli altri con rispetto, alcune volte ci sono riuscito altre meno per la frustrazione o il gruppo. Ma in generale ho sempre corso trattando gli altri come volevo trattassero me. Certe volte è stato facile altri meno ma ho sempre lavorato trattando tutti con rispetto, piloti, ingegneri e chi lavora dietro le quinte. In genere se rispetti gli altri, anche loro rispetteranno te”.

Casey Stoner – Premio Fair Play Menarini – © Enrico Mazzoli

Non è mancata poi una riflessione sul campionato di MotoGp in corso, che vede in lotta per il titolo l’italiano Pecco Bagnaia in sella alla Ducati. “In quest’ultimo anno è difficile capire la MotoGp, perché da una gara all’altra vedi risultati molto diversi: il vincitore di un gran premio magari il weekend dopo fa fatica a finire nei primi 5 o 6, forse ancora peggio, quindi è molto difficile vedere chi è forte in maniera costante”. Pecco Bagnaia “è un bravo ragazzo, lui ha i miei vecchi meccanici, sta lavorando duro. Ha fatto troppi errori quest’anno, ma finché non sei nella sua situazione non puoi capire, ed è molto facile giudicare da fuori, quindi preferisco non commentare. Ma la velocità c’è. Forse devi semplicemente accettare che non puoi vincere ogni gara, e devi finire un po’ più gare: però, ripeto, è molto facile commentare da fuori gli errori” ha concluso l’australiano.

Un esempio lampante di fair play è la coppia dello sci alpino Giacomo Bertagnolli e Andrea Ravelli con un palmares di oltre cento medaglie tra Coppa del Mondo, Mondiali e Paralimpiadi: “Nello sport paralimpico ci sono tantissimi esempi di fair play. La competizione è fatta da persone con disabilità, questo rende le cose più difficili ma dall’altra anche più avvincenti. La soddisfazione che ho non è vincere l’ennesima medaglia ma che, davanti o dietro di me, ci sono persone che si fanno in quattro per battermi, il livello nello sci paralimpico si sta alzando. A Pechino altri compagni di squadra hanno portato a casa altre medaglie oltre a me. È stato bello festeggiare insieme il sogno paralimpico e le vittoria di una medaglia”. Il campione trentino ha poi ricordato il disastro della Marmolada e l’impatto che i cambiamenti climatici hanno: “Una tragedia imprevedibile – ha detto – che fa parte della montagna”. “Noi che siamo nello sport invernale e nello sci alpino – ha proseguito Bertagnolli – non riusciamo più ad allenarci sui ghiacciai perché manca la neve, sta cambiando la situazione di anno in anno e diventa sempre peggio: però purtroppo stiamo incidendo noi su queste cose, quindi con un po’ di impegno da parte di tutti si riuscirebbe a far durare le cose di più“.

Giovanni Bertagnolli e Andrea Ravelli Premio Fair Play Menarini – © Enrico Mazzoli

Dalla allergia per il cloro che lo costringeva a nuotare a testa alta a diventare uno dei più grandi campioni della storia del nuoto di corsia, così possiamo riassumere la carriera dell’australiano Ian Thorpe. “Il fair play è importante e riguarda l’integrità dello sport. Lo sport è qualcosa in cui le persone hanno ancora fiducia e in cui credono. Abbiamo affrontato tempi difficile nel mondo, prima la pandemia, ora una guerra e stiamo esaminando i problemi relativi al riscaldamento globale. Non ci fidiamo di ciò che le altre persone fanno. Lo sport ha invece una capacità unica di unire le persone e ci dà una comprensione reciproca come società e come realizzare le cose al meglio” ha detto Thorpe. Vittorie, record del mondo, ma c’è anche l’altro lato della medaglia: “quando ho smesso di nuotare per la prima volta non volevo più fare niente, ne avevo abbastanza del nuoto. Quello che ho conquistato ha cambiato tutto, non si trattava più di allenarsi e gareggiare, c’erano le conferenze stampa, gli endorsement. Mi muovevo sotto scorta, avevo stalker. Sapevo che c’era una minaccia diretta o indiretta contro la mia vita. Il mondo intero cambia nel tempo. Ora mi piace guardare le gare e fare il commentatore come alle scorse Olimpiadi” ha concluso il campione australiano.

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