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Il grido della sopravvissuta ad Auschwitz: “Fermate la follia della guerra”

Lidia Maksymovicz, superstite del campo sterminio nazista, è arrivata in Toscana. Accolta dall’assessora regionale Nardini e da Bruno Possenti dell’Anpi, lancia un monito ai potenti della terra

Bruno Possenti, Lidia Maksymowicz e Alessandra Nardini

Lidia Maksymovicz è sopravvissuta al campo sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau, internata quando aveva solo 3 anni e scampata, assieme a pochi altri, agli esperimenti di Mengele. Sa cosa è la guerra, a 81 anni ne porta ancoa addosso i segni. Ieri è arrivata a Pisa – accolta dall’assessora alla Memoria, Alessandra Nardini, e da Bruno Possenti di Anpi Toscana – e il suo pensiero è andato ovviemente lì, alla guerra:  “Mi rivolgo ai potenti del mondo affinché fermino questa follia. Perché questo che succede ora in Ucraina può diffondersi in tutto il mondo”. In Ucraina ha tre sorelle con cui è in costante contatto telefonico e che “per fortuna – dice – vivono in un posto ancora sicuro”.

“La pandemia non è nemmeno finita ed è purtroppo iniziata una nuova tragedia. Mi dispiace vedere questi bambini ucraini soffrire. In futuro ricorderanno quanto stanno vivendo. Tutto quello che ho provato nella mia infanzia lo ricordo benissimo ancora oggi, ha influenzato tutta la mia vita”, racconta commossa. “L’Unione europea e tutti noi dobbiamo unire i nostri sforzi e collaborare per far finire questa guerra”, prosegue Lidia sottolineando l’importanza del moto di solidarietà che attraversa in queste settimane tante parti del mondo, perché “qualsiasi forma di aiuto sicuramente sarà utile per risolvere questa situazione”.

In dono il Pegaso e un fiocco giallo e blu

L’assessora Nardini le consegna, in segno di riconoscimento della Regione Toscana, una mazzo di fiori, un gagliardetto e una statuetta che riproducono il Pegaso alato, spiegandole che quel simbolo, che fu del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, vuole rappresentare come la Toscana affondi con orgoglio le proprie radici nei valori della Resistenza e dell’antifascismo. La signora Lidia dona invece all’assessora e a Possenti un fiocco gialloblu, come la bandiera ucraina.

“Vogliamo  ringraziare Lidia per la sua preziosa testimonianza e per il suo impegno nel custodire e promuovere la Memoria – commenta l’assessora –  Il nazifascismo è stato il periodo più buio e vergognoso della storia ed è nostro dovere far conoscere alle giovani generazioni ciò che è stato per costruire un futuro che vogliamo diverso, e lo ribadiamo oggi, soprattutto oggi”.

“La Memoria è molto importante – conclude Lidia Maksymovicz –   E’ un monito per il futuro, per non andare nella direzione della guerra”. Nonostante tutto, lei è sempre quella  “bambina che non sapeva odiare”, dal titolo del suo libro: “Tutto l’orrore della guerra comincia dai piccoli segni, dalle piccole parole che poi portano a un risultato tragico. Non si può odiare perché proprio in questi giorni vediamo cosa succede a causa dell’odio e perché avrei sofferto più di prima”.

Chi è Lidia Maksymovicz

Oggi ha 81 anni, mata a Oswiecim il 15 novembre 1940. Nome originario Ludmila Boczarowa, detta anche Luda. È un’attivista e scrittrice polacca, superstite dei campi di sterminio nazisti. Attualmente vive a Cracovia. Arrivata a Auschwitz-Birkenau a 3 anni, in seguito a un rastrellamento, con i nonni, il fratello e la madre, internati perché quest’ultima aveva aderito alla Resistenza bielorussa, è stata una delle più giovani tra le 3mila cavie di Mengele. Entra nel campo di sterminio alla fine del 1943 e ne esce nel gennaio 1945, dopo la liberazione ad opera delle truppe dell’Armata rossa.

I suoi nonni non passarono la selezione iniziale di ingresso e furono spediti subito nelle camere a gas. Sua mamma venne mandata ai lavori forzati mentre lei fu assegnata col numero 70072 tatuato sul braccio al famigerato Blocco 10, “la baracca dei bambini”.
È tra le bambine che hanno vissuto più a lungo nell’inferno dei lager, ed è una dei 200 piccoli, come Tatiana e Andra Bucci, che scamparono e sopravvissero agli esperimenti di Mengele.

Dopo la liberazione, sarà adottata da una famiglia polacca e ritroverà la mamma originaria nel 1962, grazie alla Croce Rossa, in un viaggio a Mosca a 21 anni. Allora si chiamava già Lidia, era diventata cattolica e aveva sposato Artur Maksymovicz, da cui prese il nome attuale
Il suo libro fresco di stampa, “La bambina che non sapeva odiare” (Solferino libri), presenta la prefazione di Papa Francesco, che la ha accolta per ben due volte in udienza generale negli ultimi due anni (lo scorso 27 gennaio per il Giorno della Memoria).
È stata ospite di uno degli eventi organizzati all’Università Jagellonica di Cracovia nel corso dell’edizione 2019 del Treno della Memoria della Regione Toscana.

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