sfoglia la gallery
© Esa- European Space Agency

Innovazione /LA SCOPERTA

L’universo dopo il Big Bang: un po’ di Toscana nelle meravigliose foto del telescopio Webb

Nello stabilimento di Campi Bisenzio, nel fiorentino, è stato realizzato un componente fondamentale per catturare  le immagini degli angoli più remoti dello spazio. Coinvolta anche la Scuola Normale Superiore di Pisa

Sono foto che superano il tempo e lo spazio, che cercano l’origine del tutto e restituiscono la luce di miliardi di anni fa. Scienza e tecnologia hanno regalato all’umanità immagini che rendono l’ignoto meraviglioso e lo hanno fatto grazie al più potente telescopio mai realizzato prima, il James Webb, nato dall’ambizioso programma della Nasa, dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), dell’Agenzia spaziale canadese (Csa) e in cui anche l’Italia e la Toscana hanno un ruolo importante.

Nelle prime foto rilasciate il 12 luglio, le immagini dello spettacolare quintetto di galassie Stephan’s Quintet” – composta da oltre 150 milioni di pixel e costruita a partire da quasi mille porzioni di fotografie separate – sono state realizzate grazie alla messa a fuoco eccezionale dello spettrometro infrarosso NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph), realizzato da Leonardo negli stabilimenti di Campi Bisenzio, in provincia di Firenze.

© Esa- European Space Agency

Il contributo dello stabilimento di Campi Bisenzio

Nel dettaglio, è stato realizzato un sofisticato meccanismo criogenico di alta precisione, l’RMA (Refocusing Mechanism Assembly). Sviluppato per mettere perfettamente a fuoco la camera in orbita, l’RMA garantisce un’alta qualità d’immagine al NIRspec, lavorando a -234°C e spostando i suoi due specchi, anch’essi progettati e realizzati da Leonardo, un centesimo di millimetro alla volta, su di una corsa di soli 6 millimetri. Gli specchi dell’RMA sono stati lavorati con un processo estremamente accurato di lucidatura nello stabilimento di Campi e successivamente sottoposti, nei laboratori di Merate (Lecco) dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, ad una lavorazione di “levigatura ottica” finale affinché la forma raggiunta dalle superfici ottiche non si discosti più di qualche decina di atomi da quella suggerita da modelli e simulazioni.

Ma è tutta Italia ad avere un ruolo di primo piano nell’interna missione spaziale attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf). Dei 266 programmi prescelti per il primo anno di osservazioni scientifiche del nuovo telescopio, nove sono guidati da ricercatori italiani: sette dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), e gli altri due dall’Università di Milano-Bicocca e poi dalla Scuola Normale Superiore di Pisa.

Le foto che cambiano la storia

Il telescopio spaziale James Webb dimostra immediatamente il suo enorme potenziale: “Oggi presentiamo all’umanità una visione rivoluzionaria del cosmo grazie al telescopio spaziale James Webb, una visione finora inedita”, ha commentato Bill Nelson, amministratore della Nasa. Le prime immagini “a colori” hanno già cambiato la storia. L’11 luglio, la prima anticipazione con l’immagine a infrarossi più profonda e nitida mai scattata dell’Universo lontano, realizzata in appena 12,5 ore con il dettaglio un pianeta esterno al Sistema, simile a Giove ma molto più caldo e distante 1.150 anni luce.

Poi la nebulosa NGC 3132, conosciuta informalmente come la Nebulosa dell’Anello Meridionale, distante circa 2500 anni luce. Qui, Webb mostra per la prima volta una seconda stella morente. Terzo scatto, quello “toscano”, è lo spettacolare ‘Stephan’s Quintet’, un noto quintetto di galassie molto vicine tra loro di cui sono ben visibili dettagli finora impossibili da vedere anche grazie ai potenti strumenti infrarossi del Webb. Ultima immagine, l’iconica Nebulosa Carina che presenta una profondità di colori e dettagli  impensabili, che si mOstra al mondo come una meravigliosa  “scogliera cosmica”.

“È l’inizio di una nuova era di osservazione dell’Universo e di scoperte scientifiche entusiasmanti”, ha detto Günther Hasinger, direttore di scienza dell’Esa. “Scientificamente – rileva Adriano Fontana, responsabile della divisione nazionale abilitante dell’astronomia ottica ed infrarossa dell’Inaf – i dati aprono una nuova finestra su un’epoca della storia dell’universo che non è ancora stata esplorata”.

La storia del supertelescopio spazionale Webb e la missione

Venti anni di lavoro, una collaborazione che corre da un oceano all’altro, il telescopio Webb è entrato in orbita mesi fa dalla base di Kourou, nella Guyana francese, a bordo di un razzo Ariane 5 e ha raggiunto il suo punto di osservazione a 1,5 milioni di chilometri dalla Terra. Si trova in una zona chiamata “secondo punto di Lagrange”(L2)”, dove l’influenza di Terra, Luna e Sole si equilibrano da dove ha dato il via alla lunga fase di osservazione.

Intitolato a James Webb, secondo amministratore della NASA durante i programmi Gemini, Mercury e Apollo, è stato creato per rivoluzione la conoscenza e svelare i più remoti abissi dell’universo. La sua missione è studiare l’evoluzione dell’Universo, esplorando le sue prime fasi 13 miliardi di anni fa, poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Perché più l’Universo si espande, più i segnali luminosi si fanno lenti e preziosi e gli spettrografi del telescopio Webb sono stati progettati proprio per osservare segnali lontani miliardi di anni luce e per elaborarne informazioni complesse, restituendo piccolo pezzi dell’origine del tutto.

I più popolari su intoscana