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Relazione violenta, come chiedere aiuto e riconoscere i segnali

Ti impedisce di lavorare o studiare, o di coltivare qualche hobby? Riflessioni di questo tipo possono aiutare una donna a rendersi conto di vivere una relazione violenta. In Toscana sono 24 i centri antiviolenza ma anche gli uomini maltrattanti hanno un luogo cui rivolgersi per farsi aiutare

“In fondo è successo solo una volta”, “Non mi farebbe mai del male”, “Forse sono io che esagero”. Troppe e delle più varie le finte giustificazioni che possono essere trovate per mascherare il timore di chiedere aiuto quando si vive una relazione violenta. Per questo è fondamentale una rete di supporto estesa, vicina a chi è vittima di violenza.

La legge regionale 41/2005 e successive hanno istituito nella nostra regione l’Osservatorio Sociale con un’apposita sezione dedicata a monitorare e ad aumentare la conoscenza del fenomeno della violenza di genere sul nostro territorio: “Tale ricchezza di informazioni consente di fare sempre più luce su un fenomeno che altrimenti rischierebbe in buona parte di rimanere sotto traccia, e permette, di conseguenza, di agire sul fronte delle politiche di contrasto alla violenza di genere”, si legge sul sito.

In Toscana ci sono 24 centri antiviolenza, un punto di riferimento importante sono anche le Forze dell’Ordine, i servizi sociali, il Codice Rosa (il percorso socio sanitario per le donne che subiscono violenza, ) e i Consultori. Esiste anche un numero dedicato, il 1522 è gratuito e risponde 24 ore su 24. E poi le app, quella del 1522 e quella della Polizia di Stato. Diffondere questi strumenti è fondamentale per avvicinare le donne ai professionisti in grado di aiutarle ad uscire da situazioni pericolose per loro e per i loro figli. Sul sito della Regione Toscana è disponibile un resoconto di tutti i canali attivi a disposizione di una donna vittima di violenza o stalking.

Come riconoscere una relazione violenta

  •  Vuole sempre sapere cosa stai facendo, dove ti trovi e con chi stai?
  • Controlla il tuo telefono o accede al tuo account di facebook, twitter?
  • Ti impedisce di lavorare e/o studiare, o di coltivare qualche hobby?
  • Controlla se e come spendi i tuoi soldi, o pretende di gestirli?
  • Ti insulta, critica sempre i tuoi comportamenti o scredita tutto ciò che fai?
  • E’ violento fisicamente? Ti ha mai colpito, preso a schiaffi, calci e/o pugni?
  • Ti impedisce di mantenere i rapporti con i tuoi amici, amiche, colleghi/e di lavoro e/o familiari?
  • Minaccia di fare del male a te e/o alle persone a te care?

Questo è un piccolo test disponibile online sul sito della rete D.i.Re, la più grande rete di centri antiviolenza a livello nazionale. Si tratta di un test che ciascuna può fare autonomamente, in modo anonimo. Alla donna che risponde “si” alla maggior parte delle domande viene consigliato di chiamare il numero verde 1522 o di mettersi in contatto con uno dei Centri antiviolenza territoriali.

Un supporto anche per gli uomini maltrattanti

In Toscana è attivo anche un centro dedicato a uomini autori di comportamenti violenti nelle relazioni affettive. Un luogo di ascolto e di supporto per uomini maltrattanti che si pone come obiettivo la sensibilizzazione verso la violenza di genere. Il primo centro è nato a Firenze nel 2009 da una costola del centro antiviolenza Artemisia: in 11 anni ha accolto circa 1 migliaio di uomini maltrattanti, di questi circa 900 vengono da Firenze e provincia .

Come è nata l’esigenza di un luogo che parlasse agli uomini violenti o maltrattanti ce lo spiega Mario De Maglie, vice presidente: “Sentivamo il bisogno di fare qualcosa con gli autori della violenza. Molti arrivano da noi perché obbligati dal percorso giudiziario che devono fare, altri però ci chiamano spontaneamente”.

Molti uomini chiedono aiuto al centro di ascolto dopo che è successo qualcosa, ad esempio se vengono abbandonati dalla compagna

Chi sono questi uomini che chiedono aiuto? “Sono uomini di ogni età e soprattutto di ogni classe sociale, banchieri, operai, edicolanti. Il contatto con noi è un primo passo. Spesso non sono ancora in una fase di piena consapevolezza, ad indurli a chiamarci raramente è una crisi interna, solitamente è un evento esterno: l’intervento dei carabinieri a casa, un episodio di violenza, più spesso l’abbandono da parte della compagna. Sono gesti campanelli d’allarme. Ma è ancora lungo il percorso verso una piena consapevolezza”.

Si può dire che curate gli uomini violenti? “No, curare non è il termine corretto perché non è una patologia. Preferiamo usare il termine trattamento. La violenza è una scelta e in quanto tale si può scegliere di non essere violenti”.

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