Storie /L'INTERVISTA

Schmidt, il pragmatico visionario: “Vi racconto gli Uffizi del futuro”

La strada digitale,  quel quadro da cui prendere forza nei momenti bui: parla il direttore del museo fiorentino con una sicurezza: “L’arte e la bellezza sono ciò che tiene tutto insieme”

Eike Schmidt, 53 anni, storico dell’arte e direttore degli Uffizi. Manager pragmatico e visionario. Giusto definirla così?

Sì, mi piace. Ma ci tengo a specificare che sia la gestione concreta dei problemi  quotidiani che il coraggio per cercare nuove strade sono entrambe nemici dell’ideologia. Quella è il peggior ostacolo per chi ama e vuole diffondere l’arte.

Direttore, ammetto di averla immaginata un po’ come in un film. Fuori la  pandemia, la paura, le sirene, nelle grandi sale degli Uffizi lei che cammina cercando di trovare una luce sul futuro davanti alle opere di grandi artisti. Forse l’immagine è un po’ forte, però qualcosa di simile le sarà capitato, no?

Beh, durante il primo lockdown il clima era quello. Nessuno capiva e sapeva, qui la solitudine era padrona di ciò che poco prima viveva di uomini, donne, persone in cerca di cultura e bellezza. Ma il secondo lockdown è stato completamente diverso, per noi. Abbiamo restaurato opere, fatto dirette social per tornare ad avvicinare la gente. Elaborato nuove idee, anche. Comunque sì, mi è capitato di passeggiare da solo nelle grandi sale. E capita ancora, ma solo e sempre prima delle sette del mattino. Spesso per controllare che vada tutto bene.

C’è un quadro, in mezzo a tanti capolavori, davanti al quale ha cercato ispirazione per la sua missione?

Ce ne sono tanti. Ma uno in particolare è il mio punto di riferimento: la Madonna col bambino e San Giovannino del Pontormo. Recentemente abbiamo scelto per questo quadro una nuova collocazione. Era giusto fare così. Lo meritava, per la sua grande forza e profondità psicologica.

Lei è direttore dal 2015. E con lei gli Uffizi si sono aperti al mondo. Penso alla svolta digitale. E anche a scelte, per così dire, pop. Che però scatenano sempre reazioni e contrasti. C’è ancora chi vede i capolavori dei grandi maestri come qualcosa che non deve contaminarsi col presente?

Fino agli anni sessanta anche in altri paesi la pensavano così: Francia e Germania, per esempio. Poi questo pensiero conservatore è stato spazzato via dal ’68. In Italia invece ancora c’è chi si ostina e non capire che il mondo va avanti. Ma non è una questione di schieramento politico. Forse più snobismo intellettuale, quello che a volte, paradossalmente, sbuca fuori da sinistra. Ma non ne farei una quesitone si appartenenza politica. E le cose stanno cambiando, per fortuna.

E’ stata una lotta dura?

Sì. Però ne è valsa la pena.  Quando abbiamo presentato un giovane cantautore torinese, Emanuele Aloia, in una sala degli Uffizi, mi aspettavo qualche reazione negativa. Invece tutto è filato liscio. Infatti proseguiremo s questa strada, invitando altri artisti. Che sia musica classica, pop, rock o hip hop, gli Uffizi sono aperti al confronto culturale. Che poi vuol dire spesso parlare ai giovani. Ma non solo, è saper affrontare il contemporaneo una delle nostre sfide, come la prossima mostra dedicata a Giuseppe Penone

Tra le idee più recenti e innovative c’è anche quella degli Uffizi diffusi.

Credo sia giusto aprirsi anche lavorando su nuove esperienze sul territorio toscano. Terre degli Uffizi è un progetto in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio. Già abbiamo fatto degli esperimenti, il prossimo evento sarà a Porto Ferraio, alla Pinacoteca Foresiana. Sarà una mostra dedicata a Napoleone. Parteciperemo anche noi con alcune opere di grande valore.

La Regione vi supporta nella vostra scelta?

Il rapporto con il presidente Eugenio Giani è ottimo. Mi ha chiamato il giorno dopo la sua elezione per dirmi che sta lavorando a una legge regionale sugli Uffizi diffusi. E’ qualcosa di molto positivo, credo molto in questa collaborazione.

Anche la strada del digitale va avanti con forza.

E’ un dovere per noi comunicare seguendo le nuove strade digitali. Permettere a tutti di poter vedere chi siamo, cosa facciamo, e poi ammirare le nostre opere e venire a conoscenza dei nostri progetti. La cosa  che più sorprende è che più tu dai la possibilità di seguirci in maniera virtuale, più le persone sono spinte a vivere l’esperienza reale, a desiderare di vedere quel quadro dal vivo. Sembra strano ma è così.

Un po’ come la musica. Su spotify hai a disposizione tutto, e questo alla fine ti spinge a voler vivere un concerto, che comunque è tutta un’altra storia.

Proprio così. La nostra vita è cambiata, ma la distanza ha elevato il valore dell’esperienza diretta. Guardi l’opera in digitale e l’idea di vedere l’originale diventa quasi un atto liberatorio.

Schmidt, lei è come un giocatore di grande livello. Ogni tanto arrivano offerte da altri grandi musei. Ha mai pensato di lasciare Firenze?

E’ vero, ma quando si sono presentate delle possibilità non ho nemmeno pensato per un attimo di accettare. Amo gli Uffizi, amo Firenze. Basta questo per non farmi avere alcun dubbio.

Il prossimo sogno del pragmatico visionario?’

Un Corridoio Vasariano democratico. Aperto a tutti i visitatori a un prezzo equo. Grandi opere e sguardi inediti su Firenze e sulla memoria, con due soste per meditare su eventi che hanno segnato la storia di Firenze, come la battaglia per la liberazione dai nazisti dell’agosto del’44 e la strage del terrorismo mafioso del 27 maggio del ‘93. Un modo per dare all’arte un significato che vada oltre la storia, ma indichi anche un percorso etico e morale. L’obiettivo è aprire a tutti il Corridoio Vasariano entro il 2022.

Un altro grande obiettivo?

Beh, realizzare il recupero e la trasformazione della Villa dell’Ambrogiana a Montelupo. Una villa Medicea di immenso valore che dal suo passato di manicomio criminale dovrà rinascere come luogo di arte e di bellezza. Qui servirà un grosso investimento e quindi un respiro più lungo.

Rimpianti ne ha?

Sì. Li ho avuti tutte le volte che ho partecipato a un’asta per acquistare un’opera e qualcuno è arrivato prima di me. Sono tutte cose che mi piacerebbe raccontare un giorno in un’autobiografia.

Perdoni la frase fatta. Ma il suo punto di vista è decisamente autorevole: la bellezza ci salverà?

La bellezza è ciò che crea armonia e mette insieme tutti i nostri aspetti di umani: emotività, ragione, perfino spiritualità. In un’opera c’è il sogno e c’è la matematica. L’arte e la bellezza sono ciò che tiene tutto insieme. Sono la nostra grande fortuna. Il nostro lavoro è conservarla e condividerla. Un impegno. Un grande onore.

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