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Rifiorisce la posidonia oceanica nei fondali dell’isola del Giglio

Il progetto “Le città che respirano” approda nella baia di Campese con l’obiettivo di contrastare la regressione della specie vegetale

Le città che respirano: prende il via all’Isola del Giglio l’intervento ambientale a tutela del Mediterraneo

Dopo oltre 95.000 mq di aree italiane riqualificate, arriva all’isola del Giglio il progetto Le Città che respirano. L’iniziativa di Nespresso, promossa insieme a Legambiente e AzzeroCO2 all’interno della campagna nazionale Mosaico Verde, vede la realizzazione di un intervento di ripristino di posidonia oceanica nei fondali dell’isola per preservare la vita, gli equilibri naturali e la biodiversità dell’ecosistema marino.

L’operazione consiste nel trapianto di circa 2.500 fasci fogliari di posidonia oceanica, utili al recupero di una parte della prateria sottomarina nella baia di Giglio Campese, sul versante nord-occidentale dell’isola.

Posidonia oceanica

Le città che respirano all’Isola del Giglio

Il Mar Mediterraneo rappresenta un ecosistema di straordinario valore, purtroppo sempre più vulnerabile a causa della pressione dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche che minacciano gli equilibri degli ecosistemi marini. Tra gli habitat che richiedono maggiore attenzione figurano le praterie di posidonia oceanica, specie endemica del Mare Nostrum il cui nome deriva da Poseidone, il dio del mare nella mitologia greca, dettaglio che ne sottolinea ulteriormente l’importanza ecologica elevatissima. Attualmente, infatti, l’estensione delle praterie di posidonia oceanica stanno subendo una forte regressione a causa della loro vulnerabilità alle attività dell’uomo, quali inquinamento delle acque, costruzione costiera, estrazione mineraria, pesca illegale, turismo di massa e ancoraggi deregolamentati delle imbarcazioni, soprattutto durante la stagione estiva.

Il progetto Le città che respirano

In questo scenario, emerge l’urgenza e la responsabilità di mettere in atto azioni concrete per proteggere una specie considerata un bene di capitale naturale, nonché prezioso bioindicatore in grado di creare un habitat prioritario nel Mediterraneo, protetto dalle normative europee. Un vero e proprio hotspot di biodiversità, la cui presenza è essenziale per servizi chiave che garantiscono la vita di ecosistemi tanto ricchi quanto fragili, tra cui la fornitura di cibo, la protezione della costa contro tempeste e inondazioni, la purificazione dell’acqua, la regolazione del ciclo dei nutrienti.

Il progetto

Posidonia oceanica

Il progetto contribuisce quindi a ristabilire l’equilibrio dell’ecosistema marino locale attraverso un intervento che si basa sulla metodologia sviluppata dal Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università La Sapienza di Roma, che prevede l’utilizzo di materiale vegetale di recupero. Questo significa che l’opera di ripristino vede il trapianto di talee di posidonia oceanica recuperate esclusivamente dai fondali dell’isola: non si tratta quindi di piante prelevate da praterie sane, ma di frammenti rinvenuti staccati naturalmente dall’azione delle mareggiate o dall’impatto degli ancoraggi.

Questo approccio è un’alternativa non distruttiva all’uso di praterie cosiddette donatrici e, in aggiunta, prevede l’utilizzo di piccoli picchetti progettati per degradarsi in pochi anni una volta che la pianta è completamente radicata, senza danneggiare l’ambiente circostante. L’area dell’intervento è stata inoltre delimitata con 2 boe segnaletiche e informative, con l’obiettivo di fare da deterrente per l’ancoraggio delle imbarcazioni e salvaguardare il corretto attecchimento e la crescita delle talee trapiantate.

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