Made in Toscana /butteri

Viaggio ad Alberese, tra gli ultimi butteri di Maremma

Nella tenuta gestita dall’Ente Terre Regionali Toscane lavorano gli ultimi pastori a cavallo rimasti tra la bassa Toscana e l’alto Lazio, che qui gestiscono una mandria di bovini maremmani allo stato brado

Hanno il volto color terra, cotto dal sole, le mani forti abituate alla fatica e un amore orgoglioso per il mestiere che sono gli unici a tenere in vita. Sono gli ultimi butteri della Maremma, eredi di una tradizione antichissima di pastori a cavallo tra la bassa Toscana e l’alto Lazio che probabilmente affonda le sue radici addirittura al tempo degli Etruschi: il nome butteri infatti deriva dal latino “butoros” e significa “pungolatore di buio”.

Oggi a lavorare una vera mandria di vacche maremmane sono rimasti i butteri della Tenuta di Alberese, di proprietà dell’Ente Terre Regionali Toscane che qui, nel cuore del parco della Maremma, ha il suo quartier generale. Alberese con i suoi 4200 ettari è una delle più grandi aziende agricole biologiche d’Europa: tra pinete, macchia mediterranea, terreni coltivati pascolano oltre 400 bovini maremmani e 40 cavalli maremmani e sono i butteri a prendersene cura.

I butteri da noi non sono una rievocazione storica o folkloristica, sono operai agricoli che hanno competenze specifiche – spiega il direttore dell’Ente Terre Regionali Toscane, Marco Locatelliper gestire una mandria maremmana di bovini allo stato come la nostra il buttero è l’elemento più idoneo perché lavora a cavallo, in autunno o in inverno qui c’è tantissimo fango e una gip non sarebbe in grado di seguire la vacca maremmana al pascolo e controllarla come fa il buttero.”

Già perché ad Alberese gli animali vivono allo stato brado, con un allevamento che segue il più possibile i ritmi della natura. “Non ci sono stalle – racconta Locatelli – i vitelli imparano a pascolare insieme alle madri e poi viene fatto lo svezzamento che è una festa dell’allevamento, perché è il momento in cui i vitelli diventano grandi.”

A capo dei butteri c’è Alessandro Zampiero, il massaro, che con i suoi 41 anni di esperienza insegna alle nuove generazioni questo lavoro unico. “Ci sono molti giovani che si avvicinano però è un mestiere molto duro che seleziona le persone – racconta Zampiero – bisogna uscire con qualsiasi condizione di tempo e si rischiano anche traumi e infortuni abbastanza gravi, solo la passione per questo lavoro con gli animali ti porta avanti e ti ripaga di tutto. Abbiamo a che fare con animali anche di oltre una tonnellata con cui non si scherza, il mio compito è insegnare a questi ragazzi come si lavora e come ci si muove con i cavalli e con i bovini per evitare di farsi male, sono tecniche che non si imparano sui libri ma solo andando fuori a cavallo tutti i giorni. Non è una passeggiata, se un giorno ti fa un po’ male la schiena devi uscire lo stesso, come siamo usciti la notte o quando il fiume minacciava la piena e abbiamo salvato le puledre.

L’orgoglio e il sincero amore per il loro lavoro accomuna tutti i butteri, come Stefano Pavin che sin da ragazzino veniva ad Alberese a guardare questi uomini a cavallo domare il bestiame sognando di diventare uno di loro. “Il nostro è uno stile di vita, si sta a cavallo tutta la mattina e a volte anche il pomeriggio ed è così tutto l’anno, ci devi essere portato ma è un lavoro bellissimo – spiega Pavin – sicuramente c’è sacrificio ma ci sono anche le soddisfazioni, come riuscire a diventare un tutt’uno con il cavallo e poter andare davanti a un animale che pesa più di un quintale e poterlo spostare senza difficoltà.”
L’importante è non chiamarli mai cowboy. “I cowboy non li voglio neanche sentire nominare – ribadisce Zampiero – il mito del Far West è più famoso ma in Maremma i cavalli e i butteri c’erano prima, portiamo avanti secoli di tradizione.”

Forse non poteva essere che la Tenuta di Alberese l’ultima oasi dove questo antico mestiere può sopravvivere. Qui infatti si trova anche la Banca regionale del germoplasma che tutela l’agro-biodiversità della Toscana, cercando appunto di salvare dalla scomparsa tante specie di ortaggi e vegetali che rischiano di andare perdute e invece hanno proprietà nutraceutiche importanti. Come la carne delle vacche maremmane allo stato brado, che ha un livello di colesterolo molto basso e non ha bisogno neanche di essere salata, perché i bovini pascolando mangiano la salicornia che dà sapore alla loro carne.
Quello dell’Ente Terre Regionali Toscane appare quindi come un piccolo ecosistema produttivo dove l’interazione armoniosa tra uomo e natura si esplica nella figura del buttero, l’ultimo angolo di Maremma dove questo equilibrio è ancora possibile.

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