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Attualità /NUOVE SFIDE

Ritorno alla montagna. Una vita nuova ‘connessa’ alla città

Digitale, infrastrutture per la mobilità e la riconnessione tra periferie e città al centro delle politiche per la rinascita delle zone montane e dei piccoli centri. Boeri: “Vedo la grande sfida del ripopolamento dei borghi rurali e storici.  Il tema non è quello di pensare ad un’alternativa a una vita di città ma di una delocalizzazione della vita urbana”

Il desiderio rinato di vivere la montagna non può essere legato a una visione nostalgica, né tantomeno può rappresentare un ritorno al passato, un inattuabile riavvolgimento del nastro. Punto di vista che mette d’accordo tutti gli intervenuti alla sessione inaugurale dell’hackaton “Presenti al futuro: le nuove sfide della montagna”, promosso da Anci Toscana e Regione.  Oggi ciò che serve – come ha ricordato il direttore Simone Gheri, introducendo la giornata – è il re-interpretare questo desiderio in ‘maniera contemporanea’.

Servono dunque pragmatismo, concretezza, individuazione di ciò che serve oggi, per avviare quel processo in atto – concettuale, culturale e di percezione – che ribalta il punto di vista: una montagna che non rappresenta un ‘problema’ da risolvere ma un valore di cui usufruire, non solo per chi ci vive ma per una fetta di comunità più ampia.

Cognetti: La montagna è un luogo di libertà, una vita più mia, un desiderio condiviso

Zone, quelle delle montagna, sane portatrici di un benessere diffuso. L’ha spiegato bene lo scrittore vincitore del premio Strega Paolo Cognetti. “La montagna è un luogo che significa libertà, salute fisica. Sento la costrizione della vita in città, scandita dagli orari, di un tempo del quale non siamo più padroni.  La libertà  della montagna, di una vita più mia, un sogno sempre più condiviso. Il desiderio di montagna c’è, cerchiamo di capire cosa serve per realizzarlo”.

E su cosa serva Luca Marmo, sindaco di San Marcello Piteglio e responsabile delle politiche per la montagna di Anci Toscana, un’idea chiara ce l’ha, soprattuto per vedere le zone periferiche, i piccoli comuni, le zone interne come parte di un sistema più grande, fortemente connesso con le aree urbane. “Bisogna riconnettere centri e periferie – ha spiegato – servono le infrastrutture viarie, abbiamo necessità di investire dai sistemi di mobilità, digitale e poi c’è il tema della sanità che forse è il più complesso”.

E poi c’è la questione della monetizzazione delle risorse montane, patrimonio di comunità più ampie, che si riverberano anche sulle città. Ne fa un elenco pratico Marmo citando le risorse energetiche, la tutela del territorio, l’aria, l’acqua.

Una visione nuova, una prospettiva diversa, un ribaltamento delle posizioni dal quale ripartire. Un ‘superamento’ della percezione attuale richiamato anche dall’assessore regionale al governo del territorio, Stefano Baccelli. “Penso che sia venuto il superamento del concetto delle aree interne, dobbiamo pensare alle riconnessioni”. E nella costruzione di un nuovo rapporto tra città, centri urbani, piccoli comuni e montagna ecco che saranno fondamentali le risorse del recovery fund anche se – ammonisce Baccelli –  “non dobbiamo perdere di vista il principale obiettivo nell’impegno di questi fondi, ossia quello della ‘qualità del ripensare, riqualificare, l’abitare e il vivere in Toscana, aggiungendo bellezza”.

Biffoni: Le città non possono continuare a crescere in maniera spropositata, serve invertire culturalmente le rotta

Dunque una buona notizia c’è. Le risorse del recovery fund saranno necessarie per dare gambe ai progetti, in un’ottica di sistema che non guardi al piccolo ma ad un’idea di rete, ad una concatenazione di interessi che mettano insieme tanti piccoli centri, paesi, borghi alle città. Si parla spesso di fuga dalle città anche – secondo le stime – il fenomeno della corsa verso i centri urbani non si esaurirà prima di altri 10 anni. Lo ricorda il sindaco di Prato e presidente di Anci Toscana Matteo Biffoni.

“Le città non possono continuare a crescere in maniera spropositata” – ha detto Biffoni. “Dobbiamo provare ad invertire culturalmente la rotta, raccontando soprattuto alle nuove generazioni che in montagna si può vivere, avendo le stesse opportunità che in altri luoghi. Sarebbe un’occasione e una prospettiva di crescita per tutta la Regione”.

Si tratta quindi di ri-strutturare l’idea di montagna, intesa finora come luogo di vacanza, di gite fuori porta. Un’attenzione stretta sul turismo stagionale, verticale su un settore. Lo spiega in maniera chiara e senza mezzi termini Cognetti prendendo a prestito l’esempio della Valle d’Aosta, ‘sfruttata’ nella stagione sciistica e poi dimenticata quando le piste di fermano.

Lo smart working tra l’altro apre nuove prospettive che consentono di ripopolare le zone montane, evitando quei sali-scendi di presenze legate solo al turismo.

Una eventuale crescita di residenti che richiede però accesso alla rete, buone condizioni di mobilità, servizi pubblici, privati, sanità.

Ovvio che rimettere mano alle strategie ed alla programmazione non è più una questione rimandabile. Le risorse ci sono ma un altro problema emerge dalla discussione avviata da Anci e tocca proprio quei piccoli comuni che hanno poco personale da dedicare alla progettazione. Una criticità della quale si fa carico anche l’assessore regionale all’agricoltura Stefania Saccardi: “Dobbiamo provare a dare un supporto tecnico alle zone montane per favorire le progettualità di sistema, la costruzione di progetti di filiera che coinvolgano tanti territori stabilendo una sinergia forte. L’auspicio è quello di costruire insieme un programma vero, di sistema per la campagna toscana”.

Il problema dunque c’è. Ci sono le risorse e si rischia di non potervi accedere o di non poterle spendere per la mancanza di “materia umana”, di personale all’interno delle pubbliche amministrazioni, soprattuto di quelle molto piccole, proprio come i comuni montani.

De Rossi: La pandemia è stata solo un acceleratore di un cambiamento che viene da lontano e che va di pari passo con la crisi ambientale ed economica

Una riflessione – quella sulla nuova identità della montagna – che va inquadrata in un ragionamento più ampio, una lettura che tenga conto anche della crisi dei modelli di sviluppo degli ultimi anni, soprattuto legati ai centri urbani. Pone l’accento sulla questione l’architetto e autore del volume ‘Ri-abitare l’Italia” Antonio De Rossi.  “La pandemia è stata solo un acceleratore di un cambiamento che viene da lontano e che va di pari passo con la crisi ambientale ed economica – ha ricordato. L’importanza che oggi attribuiamo alla montagna deriva dalla crisi dei modelli di sviluppo delle città “-  e oggi –  per la prima volta la montagna non è considerata non solo un problema ma un’opportunità, è in atto un fondamentale cambio di percezione. Una montagna che deve essere rimessa nelle condizioni di poter portare avanti i propri progetti imprenditoriali e questo credo oggi sia il tema fondamentale”.

Boeri: Il tema non è quello di pensare ad un’alternativa ad una vita urbana ma di una delocalizzazione della vita urbana 

Progetti imprenditoriali e filiere di sviluppo. Ne ha parlato anche l’architetto Stefano Boeri, al lavoro da mesi insieme al mondo universitario e Touring Club per proporre un nuovo modello dei borghi. “Vedo la grande sfida del ripopolamento dei borghi rurali e storici.  Il tema non è quello di pensare ad un’alternativa ad una vita urbana ma di una delocalizzazione della vita urbana, grazie anche al digitale, allo smart working. Poi c’è la sfida delle foreste, un patrimonio che va curato, seguito e questa cosa funziona se c’è un presidio che può funzionare con il recupero dei borghi. Sulle foreste si apre una prospettiva anche sulla filiera produttiva. Ultimo aspetto è quello della riconversione legato anche al cambiamento climatico, come l’esempio degli impianti sciistici da ripensare con nuove funzioni”.

Insomma la rinascita della montagna si ripercuote dunque su un arricchimento di tutta la Toscana, rafforza la cura del territorio, porta con sé l’opportunità di una crescita abitativa che significa necessario ripopolamento dei servizi, nuova attenzione delle aziende verso zone dimenticate e soprattuto la costruzione di politiche che si basino sui bisogni dei piccoli in un quadro più ampio, di relazione continua con le città, in un rinnovato rapporto che non veda la montagna come ‘succursale’ dei centri urbani ma bensì la ponga in un ruolo di scambio e relazione continua. Un flusso fluido, reso possibile se verranno abbattuti le criticità sull’accesso al digitale e rese funzionali le reti della mobilità. La vita si sposta tra montagna e città, usciamo dal concetto della sede di lavoro per parlare di luoghi di lavoro, dentro le città e fuori, a casa, ovunque la rete renda la prestazione lavorativa effettuabile, pratica, concreta.

Un cambiamento che adesso arriva al dunque. E non è futuro, è semplicemente presente.

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