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“Non chiamatemi chef, sono solo un cuoco”

Gionata D'Alessi, dal mondo al ritorno a Bibbona. “Il segreto della mia cucina? La semplicità”

C’è un ragazzo di vent’anni che un giorno saluta tutti e promette che tornerà. In valigia i ricordi di un’infanzia contadina, dei pranzi di famiglia fatti di risate e sughi nel tegame da leccarsi le dita. I sogni ripiegati insieme alle camicie quelle buone e un saluto al mare e a quel vento salato che è la sua vita.

Gionata ha una passione che gli brucia nello stomaco. Prima o poi ce la farà.

Da Bibbona a Londra, da Londra al Sud della Francia e poi di nuovo il mare . “Sì, a un certo punto mi sono imbarcato sullo yacht di Fini, l’imprenditore modenese. Su quei trenta metri, in mezzo a uomini e donne famose, gente di sport e artisti, io mi occupavo di tutto. Ma sbattevo parecchio ma ero felice, perchè tra quel tutto  c’era la cucina, ed è lì che io sognavo di lavorare…”.

E da quello yacht in poi il ragazzo corre sulla strada che ha saputo disegnarsi con dedizione e coraggio.

La prima gli ha insegnato l’arte dell’umiltà, quella di cercarsi dei maestri, la seconda la voglia di tornare a casa, disfare quella la valigia e mettere a disposizione della sua terra ciò che ha imparato lungo il cammino e tra le onde. Anche per questo Gionata D’Alessi, 45 anni, sguardo svelto, fisico agile e parole misurate, mette subito le cose in chiaro.

Non chiamarmi chef, io sono un cuoco. Sai come diceva Luciano (Luciano Zazzeri, l’uomo che ha creato un ristorante mitico come La Pineta a Marina di Bibbona, scomparso nel 2019, ndr.): Gionata, qui ci sono troppi chef e pochi cuochi in giro”.

Eppure il cuoco partito dalla costa degli Etruschi per girare un po’ di mondo e  tornare nel borgo di Bibbona e aprire “Io Cucino”,  di ragioni per tirarsela almeno un po’ ne avrebbe parecchie.

Un ristorante che ormai è un piccolo culto, consulenze per imprenditori della ristorazione (a Firenze con Caffè Italiano l’ultima avventura), maestri/amici come Fulvio Pierangelini, l’uomo che ha inventato la passatina di ceci con i gamberi. “Una creazione tanto semplice quanto geniale. Soprattutto perché parliamo di vent’anni fa. Lui mi ha insegnato tanto e mi rendo conto che avere la possibilità di confrontarmi con Fulvio sia una grande fortuna”.

Va detto che Gionata era tornato dalle sue parti ricominciando da Bolgheri, concorrenza più fitta ma turismo decisamente più vivo. “Gli anni della Magona mi hanno insegnato moltissimo. A ragionare come imprenditore, tanto per cominciare. E a capire fino in fondo quale fosse la cucina che volevo fare. E che qui a Bibbona sto cercando di portare avanti. Con molta soddisfazione, devo ammetterlo”.

La mia forza e il mio limite si chiama semplicità

Poi il salto. “Tornare a Bibbona era un po’ come seguire un richiamo. Ero già tornato a vivere nel borgo con mia moglie Chiara. Una scelta fatta seguendo il desiderio di qualità della vita, per noi e per i bambini. Qui c’era bisogno di un segnale per far crescere un borgo bellissimo ma spesso ignorato dal turismo. Io volevo dare una mano e l’ho fatto, ora le cose stanno migliorando, anche grazie all’impegno dell’amministrazione comunale, che negli ultimi anni si è data da fare>. Beh, la soddisfazione di tornare a casa con un bel po’ di esperienza e tante idee è cosa preziosa. Ma è inevitabile chiedere a Gionata quale sia il segreto della sua cucina.

Un sorriso leggero gli si disegna sul viso. “Non è un segreto. E’ la mia forza e forse il mio limite: si chiama semplicità”.

Già, come sempre sono i piccoli dettagli a colpire nel segno.

“Come l’uso delle erbe aromatiche. O preparare il coniglio ripieno usando pomodori cotti nel forno a legna e non i pomodori secchi. E forse anche il fatto che ho una clientela molto varia. Qui passano l’imprenditore e l’artista, ma anche il ragazzo di venticinque anni che vuole fare una cena di laurea e ha solo 50 euro in tasca . Voglio dire: sai quante volte mi dicono che sono un matto a tenere in carta i  miei ravioli ripieni di pappa con pomodoro a dieci euro? Mi dicono: aumenta, aumenta. Eh no, io ho le mie regole e vado avanti così. Non sarò mai uno snob, dove io sono in cucina ci deve essere sempre il miglior rapporto qualità prezzo”.

Un’altra regola di Gionata è il low profile mediatico. Niente tv. Niente egopatie da chef catodico.

“Non ho niente contro la televisione. Ma sono fatto così. Forse sono timido, forse non amo espormi. Quando vado all’estero e mi ritrovo a parlare davanti a cento persone devo fare uno sforzo pazzesco. Dovrei scolarmi una bottiglia di vino per stare tranquillo. Figurati la tv…”. Giusto così.

Cucinare come passione e impegno quotidiano, il tennis come svago  per scansare la pressione, la famiglia come rifugio d’amore, un piccolo borgo a cinque chilometri da mare come scelta di vita .

“Io qui ho tutto. E finche posso darò una mano a questo paese per farlo crescere. Il suo fascino silenzioso è qualcosa di magico, di misterioso. Lo sento sulla pelle quando di pomeriggio  sono da solo nella cucina del mio ristorante e preparo le cose per la cena. Forse ho avuto coraggio. Già. Ma quel coraggio mi ha reso felice”.

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