A 25 anni dalla fondazione, il Consorzio Tutela Vini Montecucco celebra un traguardo che è molto più di una ricorrenza formale: è l’occasione per ribadire con forza il proprio impegno in favore di una viticoltura di qualità, nel nome della sostenibilità. Una visione che ha fatto del Montecucco una denominazione d’eccellenza nel panorama toscano, capace di unire tradizione e innovazione, enologia e biodiversità, territorio e accoglienza.
A ospitare l’evento celebrativo – il convegno “25 anni di Consorzio Montecucco: radici profonde, sostenibilità e sguardo al futuro” – è stato il Forum Bertarelli. Una giornata intensa, animata dalla presenza di rappresentanti istituzionali, aziende, tecnici e stampa, per ripercorrere le tappe della denominazione e immaginare insieme le prossime sfide.
L’intervento dell’assessore regionale all’economia e al turismo Leonardo Marras, in apertura dei lavori, ha subito dato il tono dell’incontro, riconoscendo al Montecucco un ruolo strategico nella crescita dell’intero territorio grossetano: “Ho seguito fin dall’inizio il percorso della Doc Montecucco, apprezzandone la capacità di fare rete e legare il vino alla vocazione turistica del territorio. Qualità, accoglienza e comunicazione sono stati gli assi di sviluppo, ma oggi serve andare oltre: il turismo deve diventare una leva strutturale di crescita e coesione per tutta l’area”.

Produzioni biologiche e cambiamento climatico
Un invito raccolto dal presidente del Consorzio, Giovan Battista Basile, che ha aperto i lavori sottolineando come l’anniversario rappresenti un’opportunità di rilancio strategico. In un’epoca segnata dagli effetti del cambiamento climatico, la denominazione ha già avviato l’iter per modificare il disciplinare e includere le altitudini più elevate del Monte Amiata, dove si concentrano le nuove energie vitivinicole del territorio.
“La sostenibilità non è solo un valore, è una necessità concreta. Il 90% delle nostre produzioni è certificato biologico e tutte le aziende del Consorzio sono attrezzate per l’accoglienza. Ma non basta: serve innovare, comunicare, restare fedeli all’identità e al contempo sapersi evolvere”, ha spiegato Basile.
Il contributo dell’università di Pisa
A confermare la solidità di questa visione, gli interventi di Leonardo Salustri, tra i fondatori della denominazione, e di Stefano Alessandri, primo presidente del Consorzio. Salustri ha ricordato gli esordi del progetto, negli anni ’90, e il ruolo decisivo della collaborazione con l’Università di Pisa e con il professor Giancarlo Scalabrelli, figura chiave nello studio dei biotipi autoctoni del Montecucco.
Un legame con la ricerca che prosegue ancora oggi: il vigneto sperimentale Salustri, con oltre 400 biotipi di Sangiovese, resta un punto di riferimento per la genetica viticola.
Proprio Scalabrelli, insieme a Claudio Tipa, contribuì alla creazione dell’attuale sede del Consorzio a Poggi del Sasso, segno tangibile della comunità produttiva che da 22 soci iniziali è arrivata oggi a 68 aziende e oltre un milione di bottiglie.
Salustri ha ricordato anche la scelta innovativa di inserire il Vermentino nel disciplinare della Doc Montecucco, in tempi ancora non sospetti per l’areale maremmano: “Una scommessa che ha dato frutti: il Vermentino della provincia di Grosseto, oggi apprezzato, è nato proprio qui, sulle nostre colline”.
Un modello di viticoltura condivisa e responsabile
La sostenibilità, in Montecucco, è sempre stata coniugata con la qualità. Lo ha ricordato l’agronomo Giuliano Guerrini, ripercorrendo l’evoluzione viticola dell’area, culminata con progetti come la “Selezione Poggi del Sasso”, nata per valorizzare viti centenarie franche di piede.
Anche Claudio D’Onofrio, dell’Università di Pisa, ha posto l’accento sull’urgenza di guardare alla montagna come risorsa per il futuro, auspicando l’espansione dei vigneti verso le quote più alte del Monte Amiata, “per conservare la freschezza e l’identità del Sangiovese in un clima che cambia”.

Tra gli interventi più apprezzati, quelli dedicati alla viticoltura biologica di precisione, come il progetto Biopass, presentato da Patrizia Chiari (Tenuta l’Impostino), che analizza in modo scientifico la biodiversità e la salute del suolo in collaborazione con centri di ricerca come l’Università di Milano e la Fondazione Edmund Mach.
Non è mancata la voce delle nuove generazioni che oggi scelgono di investire in quota, come Silvio Mendini (Podere Montale), che ha testimoniato una viticoltura “resiliente, rigenerata e rigenerante” sulle pendici dell’Amiata.
A chiudere i lavori, Francesco Benedetti, presidente del Biodistretto del Montecucco, ha definito la sostenibilità non solo un metodo ma “un patto di comunità, un motore di coesione tra aziende, istituzioni e cittadini”.