© Atelier LVS

Storie /COSTRUIRE SPAZI PER VIVERE

Lenny Valentino Schiaretti, l’architetto che progetta case da sogno per i tedeschi (in Toscana)

Il maremmano Lenny Valentino Schiaretti ha fondato a Monaco di Baviera l’Atelier LVS, uno studio dove la figura dell’architetto diventa un “ponte” socio-culturale tra la Germania e l’Italia. “L’importante per me è costruire spazi per vivere”

 

C’è un desiderio di Toscana che rimane inalterato nel tempo, è quel concetto di bellezza eterna che si concilia con l’ideale della qualità della vita, espressa anche da ciò che circonda i centri abitati, i borghi e i piccoli paesi, ossia quel paesaggio, dono di madre natura, plasmato nel tempo dall’essere umano.

Toscana che ha messo al centro la persona, in armonia ed equilibrio con natura e architettura

Quella stessa Toscana che nella sua storia ha messo al centro la persona,  in un nucleo di sapiente armonia ed equilibrio con la natura e l’architettura. Oggi quel concetto di luogo ideale diventa ambizione dei tedeschi che sognano il loro buon ritiro proprio nella campagna toscana.

Un sogno che diventa concretezza grazie ad un architetto maremmano che vive ormai da anni a Monaco di Baviera dove ha fondato l’Atelier LVS, uno studio di progettazione di residenze esclusive e ristrutturazione di immobili di pregio che – come spiega lo stesso Lenny Valentino Schiaretti in questa intervista – vuole essere sopratutto un ponte socio-culturale tra la Germania e l’Italia.

Una figura nuova e onnicomprensiva in grado di stabilire connessioni,  agevolare la scelta dell’immobile, aiutare a districarsi tra i lacci della burocrazia sia in fase di acquisto che di ristrutturazione e – sopratutto – mettere poi al lavoro, una selezionata squadra di artigiani locali di altissimo livello, anche con l’obiettivo di solidificare l’economia dei piccoli borghi e delle aree interne.

Ne parliamo in una lunga telefonata con la quale raggiungo Schiaretti in Germania.

Progetto casa in Toscana (in costruzione) – © progetto-e-credits-Atelier-LVS

C’è un desiderio mai sopito dei tedeschi verso la Toscana ormai non più solo meta di viaggio ma anche di vita. Questa ambizione come si trasforma in opportunità anche per i territori stessi?

I tedeschi hanno una particolare sensibilità e attenzione al territorio 

Partirei dal fatto che i tedeschi sono molto rispettosi dell’ambiente. Chi ha la possibilità di investire nella ristrutturazione di un immobile all’estero, in questo caso in Toscana, ha una stabilità economica e spesso si tratta di persone culturalmente elevate, che hanno studiato, viaggiato, che conoscono il mondo e hanno maturato una particolare sensibilità per il rispetto del territorio. Credo che questo tipo di investimenti potrebbero rappresentare un’opportunità per il presente e il futuro dei luoghi abbandonati ma anche per la Toscana meno conosciuta.

L’architettura è la sintesi tra la natura e le necessarie esigenze di vita dell’uomo. Rispettare questo equilibrio dovrebbe essere l’elemento alla base di un’architettura concretamente sostenibile, non trova?

Lavoro esclusivamente con artigiani del posto, scelgo materie prime locali: aiutare a sviluppare l’economia locale significa anche sostenerla socialmente e culturalmente

Quando ho aperto il mio studio di architettura in Germania, cercando di diventare una figura ponte con l’Italia, ho fatto delle scelte valoriali che sono alla base del mio progetto professionale e della mia visione. Anche in Toscana, ad esempio, lavoro esclusivamente con artigiani del posto, scelgo materie prime locali e a filiera cortissima, questo secondo me significa fare architettura sostenibile.

E’ importante generare un’economia circolare, locale, che tenga conto anche della riduzione delle emissioni per l’energia dei trasporti dei materiali. E poi aiutare a sviluppare l’economia locale significa anche sostenerla socialmente e – di riflesso – culturalmente. Su questo punto cerco sempre anche di sensibilizzare i miei clienti sulla ricchezza di materiali che si possono scegliere sul territorio, anche queste piccole azioni rappresentano – se sommate – la costruzione di quell’equilibrio e di quella sintesi tra natura, umanità e architettura.

Capisco che questa sia una logica totalmente estranea alle filosofie industriali e finanziarie che governano il mondo ma questa è stata la mia scelta, basata sull’etica e su valori ai quali ho deciso di non rinunciare, in fondo se tutti nel loro piccolo facessero così sarebbe davvero una rivoluzione.

Piscina in una villa del Chianti (Toscana) Foto credit- Del Rio-Bani Progetto- Atelier LVS

Qual è il suo concetto di architettura?

Immagino un’architettura sociologica, sostenibile e autentica. Un’architettura nella quale ad essere sostenibili non sono tanto i fattori contingenti o accessori al progetto, quanto i rapporti sociali che ne derivano, generatori di spazi urbani stimolanti e funzionali alle relazioni tra gli individui.

Lei progetta e ristruttura immobili di pregio. Oggi per i tedeschi cosa rappresenta la ricerca del “lusso” in Toscana?

I tedeschi hanno la consapevolezza che la natura è un valore

La ricerca dell’autenticità e della semplicità. Per i tedeschi una passeggiata tra i campi, la possibilità di far giocare i figli nei prati di casa oppure produrre il proprio olio è importante, li rende orgogliosi. Sicuramente questo non rappresenta per loro una fonte di reddito ma è determinante come realizzazione e benessere, il lusso dell’amore per la vita, per la qualità della vita. Questo è il made in Italy che cercano e per il quale sono disposti a investire le loro disponibilità economiche. I tedeschi hanno la consapevolezza che la natura è un valore, che è importante il legame tra la casa e il territorio.

Nuova area relax-sauna in una villa nel Chianti – © Atelier LVS

Parliamo di città. Gli italiani sono stati magnifici maestri di bellezza ma anche folli costruttori di cemento. Come si ritrova l’equilibrio oggi? Come si ricostruisce la bellezza?

Nelle città andrebbero fatti degli interventi interstiziali e andare a ricreare le connessioni all’interno del tessuto urbano da una parte rigenerando ma anche demolendo e ricostruendo, dove necessario.

Poi c’è anche il tema della cura dei luoghi. Sarebbe importante prevedere una regolare manutenzione degli edifici, così da evitare investimenti enormi (a volte irrealizzabili per gli stessi costi) su strutture ormai inevitabilmente degradate.  A Monaco, ad esempio, gli edifici come le sale da concerto o i teatri vengono chiusi per un periodo limitato di tempo per fare degli interventi migliorativi, anche questo significa curare gli edifici.

Siamo concordi sul fatto che il  “prendersi cura” dovrebbe essere un concetto cardine e trasversale della società. Prendersi cura di una comunità dovrebbe inoltre significare anche iniziare a ripensare e riprogettare i centri affinché siano vivibili e rispondenti alle esigenze delle persone e dell’ambiente. Dunque Lenny, lei come immagina la città ideale?

Tornerei alla città in cui la sezione del piano terra diventa il filtro tra la sfera privata e quella sociale

E’ un tema che mi sta a cuore. Eliminerei completamente lo “zoning” o comunque la differenziazione all’interno delle città: là si dorme, là si lavora, là si produce, là ci si diverte. Tornerei ad una città in cui il piano terra degli edifici diventa filtro tra la sfera privata e quella sociale, fatta di botteghe, ristoranti, uffici, attività di vario genere, qualunque cosa che sia un servizio al cittadino, una reinterpretazione  in chiave moderna della vecchia città.  Se dovessi progettare domani un nuovo quartiere cercherei di farlo pensando alla multifunzionalità ma non con il concetto attuale dei grandi edifici fuori dai centri urbani, con grandi parcheggi e spazi enormi. Penso invece alla coesistenza di varie attività in un quartiere vivo dove non c’è bisogno di utilizzare l’auto ma dove ci si può muovere a piedi.

Casa in campagna in Toscana (cantiere)  © foto e progetto Atelier LVS

Perché ha deciso di diventare architetto? Un mestiere di responsabilità nei confronti della società. Progettare significa lasciare un segno nella vita delle persone.

Ieri come oggi l’importante per me è costruire spazi per vivere

Fin da bambino l’architettura mi ha affascinato.  Ero alto appena un metro e  con i gomiti appoggiati sul tavolo scrutavo mio padre che lavorava al tecnigrafo.  A casa a volte prendeva appunti anche sui tovaglioli di carta, dopo la cena. Mio padre disegnava ovunque, un architetto è un po’ un creativo, non stacca mai. E’ un po’ come accade al giornalista, allo scrittore, al musicista, il fluido delle idee lo porti sempre addosso. E io mi perdevo a guardare la penna tra le mani di mio padre e fantasticavo. Già a 7-8 anni mi coinvolgeva nei suoi progetti, mi chiedeva cosa ne pensassi.  Devo dire che molto l’ho imparato da quei momenti in cui osservavo tutto da piccolo praticante, da ragazzo di bottega. Avevo 12 anni quando, per la prima volta, mio padre mi fece disegnare delle tegole di un tetto utilizzando un mini tecnigrafo, così mi fingevo architetto, designer, car designer, disegnavo dalla mattina alla sera. Questa è stata la mia scuola ancor prima dell’Università, quella conoscenza che affini con l’esperienza, lo studio, la lettura, l’osservazione. Da piccolo costruivo sempre città, anche in giardino, in fondo ieri come oggi l’importante per me è costruire spazi per vivere.

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