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Dalla cinta senese al grano duro. Ecco come cambia Suvignano

Ristrutturazione degli immobili, un ostello, produzione biologica e allevamenti di capre e maiali. Marco Locatelli, direttore di Ente Terre, ci racconta la nuova vocazione di Suvignano: “La tenuta confiscata alla mafia è diventata un’azienda agricola”

Suvignano, tenuta aperta – Luglio 2020 - © Gianluca Testa

Chissà se aveva mai immaginato di trovarsi di fronte a un progetto di tale portata. Marco Locatelli è il direttore di Ente terre regionali toscane che, tecnicamente, è uno strumento operativo della Regione Toscana. All’ente sono state affidate numerose funzioni, per lo più di gestione. Tra queste c’è anche la “gestione di aziende agricole e altre superfici agricole e forestali di sua proprietà o di proprietà della Regione in cui svolge anche attività di ricerca applicata, sperimentazione e dimostrazione in campo agricolo e forestale”. Ecco, tra queste proprietà regionali c’è anche la tenuta di Suvignano, la più grande confiscata alla mafia in tutto il centro-nord Italia.

Locatelli, tra i tanti beni demaniali che la Regione Toscana vi ha affidato, quello di Suvignano è senz’altro il progetto più complesso.

“La tenuta di Suvignano ci è apparsa da subito una grande sfida. Non solo perché si trattava di un bene confiscato alla mafia, ma anche perché arriva a noi dopo un lunghissimo iter gestionale da parte dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati alla criminalità organizzata”.

Qual è stata la più grande difficoltà?

“Be’, era un patrimonio in stand-by, fermo da tempo e in attesa di una collocazione. Un bene enorme ma privo di un preciso indirizzo gestionale”.

Il vostro compito?

“È stato quello di avviare una progettualità capace d’indirizzare anche l’attività produttiva. Del resto la sostenibilità economica è uno degli elementi essenziali della legalità. La sfida nella sfida era proprio questa: in un momento particolarmente difficile per le aziende agricole dovevamo riuscire a garantire una buona gestione economica. Un principio valido ovunque, a maggior ragione all’interno di un bene sottratto alla criminalità organizzata”.

Quali sono stati i primi passi?

“Ci siamo concentrati sulla parte più delicata: quella del patrimonio immobiliare. Molti edifici erano pericolanti, c’era il serio rischio di qualche crollo. Quindi abbiamo messo in sicurezza le strutture. E poi c’è stato un bel momento…”.

Quale?

“Quello della prima inaugurazione. Nel 2019, primo anno di gestione, abbiamo ristrutturato parte della villa in sui soggiornata Piazza, l’imprenditore palermitano poi condannato. E nei primi mesi di quest’anno, poco prima del lockdown, abbiamo inaugurato a piano terra la sala della legalità. Sarà dedicata alle conferenze e porterà il nome di Giovanni Falcone”.

A Suvignano è iniziata anche l’attività agricola.

“Esatto. Abbiamo avviato selezioni pubbliche per l’assunzione del personale e siamo riusciti a dare il via al progetto economico, che è appena cominciato”.

Con quali prospettive?

“Come dicevamo, l’obiettivo è la sostenibilità economica. La parte agricola si concentrerà prevalentemente sulle produzione tipiche del territorio. Appena arrivati abbiamo messo in conversione tutta la produzione agricola, che sarà interamente biologica. Siamo convinti che il bio sia un elemento qualificante. E qui vogliamo portare tutti elementi capaci di qualificare Suvignano e le sue produzioni”.

Cosa si coltiva nella tenuta?

“Vogliamo sviluppare la cultura di grano duro attraverso filiere di pregio, a cominciare dalla varietà del Senatore Cappelli. Si tratta di un grano di eccellenza dalle caratteristiche nutraceutiche molto particolari. La nostra produzione non sarà destinata al mercato, ma alle filiere”.

C’è poi il tema dell’accoglienza.

“Realizzeremo un ostello con più di trenta posti. Una formula smart di ospitalità che permetterà di accogliere i pellegrini che arriveranno dalla via Francigena attraverso la variante della legalità e i ragazzi frequenteranno la tenuta per campi di lavoro estivi”.

I tempi di realizzazione?

“Il progetto preliminare è stato appena approvato. Partiremo a breve. nel frattempo abbiamo già realizzato il tetto. Anche qua ci sarà una sala della legalità che accoglierà una sorta di biblioteca digitale delle mafie”.

La tecnologia si declina solo negli spazi culturali?

“Assolutamente no. Pur rispettando la tradizione, anche nell’agricoltura la digitalizzazione non è da sottovalutare. Gestiamo terre agricole per la Regione Toscana sviluppando anche progetti di hi-tech farming. L’agricoltura innovativa non ci fa paura, neppure in un territorio ricco di cultura come questo. utilizzeremo le tecnologie per valorizzare la storia”.

Resta il capitolo degli animali. A Suvignano c’è anche un allevamento?

“Due, in realtà. Qua si allevano oltre millecinquecento pecore. Inoltre abbiamo già inserito l’allevamento del maiale di cinta senese. Fondamentale, per noi, è la rivalorizzare degli animali simboli del territorio”.

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