“Contadina, cuoca animatrice, staffetta, portatrice di armi e di sorrisi” così Modesta Rossi viene descritta da Edoardo Succhielli che ha scritto un libro sulla Resistenza tra l’Arno e la Chiana. Modesta è nata a Bucine nel 1914, nonostante fosse madre di cinque figli piccoli (il maggiore aveva sette anni), si è dedicata con tutto il suo impegno alla Resistenza, quando il marito aveva lasciato la famiglia per unirsi ai partigiani. La sua è una storia molto semplice ma di grande coraggio, un coraggio che le è valso la Medaglia d’oro al Valor militare e alla memoria.
Il 26 giugno del 1944 i tedeschi scatenarono feroci rastrellamenti in Val di Chiana e arrivarono, forse indirizzati da un delatore, alla casa dei Polletti. Sorpresa nella sua abitazione mentre accudiva ai bambini, Modesta rifiutò di dire ai rastrellatori dove si trovavano il marito e gli altri partigiani. La giovane donna teneva in braccio il bambino più piccolo, di tredici mesi. Furono uccisi, lei e il figlioletto, a colpi di pugnale. Il corpo di Modesta, col bimbo ancora stretto al seno, fu poi ritrovato, con quelli di altre quattro vittime, in una capanna data alle fiamme.
Così recita la motivazione della Medaglia d’oro al valor militare: “Seguiva il marito nelle impervie montagne dell’Appennino Tosco-emiliano e con lui divideva i rischi, i pericoli e i disagi della vita partigiana, animata e sorretta dalla fede e dall’amore per la Patria. Incaricata di umili mansioni assistenziali, chiedeva ed otteneva di prendere parte attiva alla lotta rifulgendo con le armi in pugno per coraggio e sprezzo del pericolo. Arrestata dai tedeschi resisteva eroicamente a torture e lusinghe e, senza proferire parola che potesse essere rivelazione, affrontava il plotone di esecuzione che spietatamente stroncò, insieme alla sua, l’esistenza di un figlioletto di appena un anno che, quale giovane virgulto, era avvinto al seno materno.”
La band toscana La Casa del Vento ha deciso di dedicarle una canzone: “Storia di Modesta Rossi”. Ecco la nostra intervista a Luca Lanzi.
Ciao Luca! Com’è nata l’idea di dedicare una canzone a Modesta Rossi? Come avete conosciuto la sua storia?
La casa del Vento è una band di Arezzo, la canzone fa parte di un disco del 2004 che si chiama ‘Sessant’anni di Resistenza’. Nel 60esimo anniversario dell’inizio della Resistenza e quindi della liberazione della provincia di Arezzo nel 1944 facemmo questo disco che racconta diverse storie delle quattro vallate della provincia. Fu fatto un lavoro di ricerca per trovare queste storie, attraverso libri di memorie scritti dai partigiani. Il nostro interesse nasce anche dal fatto che il nonno mio e di Fabio Lanzi, un altro componente della band, fu ucciso in una strage nazista. La storia di Modesta Rossi in particolare l’abbiamo letta nel libro del partigiano Edoardo Succhielli.
È una storia molto semplice quella di Modesta, lei si è rifiutata di rivelare dove si erano nascosti il marito e gli altri partigiani, però in questa semplicità c’è tutta la forza del suo gesto. I Partigiani sono stati grandi perché hanno deciso che loro non ci stavano. Questo mi fa riflettere sul fatto che si fa la storia anche in base alle scelte personali
Assolutamente, Modesta era una partigiana a tutti gli effetti, era un supporto vero per la banda. Era anche una staffetta, anche se aveva già quattro figli maschi. La storia dei figli non è marginale, il bambino di 13 mesi che aveva in braccio morì sgozzato, il più piccolo dei quattro fratelli, mentre il più grande aveva 7-8 anni. Io sono molto amico del mezzano Mario Pelletti, con lui faccio incontri nelle scuole e lui racconta che quando uccisero la madre si erano nascosti nelle vigne. Devi sapere che è successo il 29 giugno del ’44, lo stesso giorno della strage di Civitella, in quella zona uccisero 3-400 persone. Modesta aveva solo 29 anni, lei era di Ambra.
Quindi i figli di Modesta Rossi sono ancora vivi?
I tre figli che si sono salvati sono ancora tutti vivi. Il babbo Dario rimasto vedovo si risposò e si trasferì a Pistoia.
Sono tante tra le storie del Partigiani, quelle di donne che avevano un coraggio incredibile. Per noi che oggi abbiamo il problema di comprare un cellulare nuovo risultano quasi impossibili da immaginare, come si fa a capire cosa hanno passato queste persone, cosa hanno vissuto?
In una storia come quella di Modesta ci sono tanti temi: essere madre, essere partigiana, la dignità, l’emancipazione femminile in un contesto ben preciso. In un momento storico in cui le donne non potevano votare lei prese una posizione precisa, è per questo che le è stata data la Medaglia d’oro al valore militare. È una storia talmente forte che quando l’ho letta sono rimasto scioccato e decidemmo di scrivere il pezzo.
Passando a parlare di un’altra donna straordinaria: voi avete collaborato anche con la cantautrice americana Patti Smith, è lei che è venuta a cercare La Casa del Vento, giusto?
Aver scritto alcuni pezzi come ‘Carne da cannone’ ci ha portati a suonare per Emergency. È stata una fortuna averla incontrata. Lei aveva già suonato, stava andando via, e di fronte ai nostri pezzi e alla reazione del pubblico, si fermò e ci chiese un contatto per poter collaborare con noi. Dopo tre settimane ci raggiunse ad Arezzo per buttare giù delle idee e da lì è nato tutto. Abbiamo fatto due pezzi nel suo album del 2012.
Come mi descriveresti questa donna fortissima che manifesta sempre una grande dolcezza in tutto quello che fa?
La persona che abbiamo conosciuto noi è una persona molto carina e anche molto attenta. Frequentando il mondo della musica c’è tanta gente con la puzza sotto il naso, che non è niente rispetto a lei. La cosa che ci ha messo veramente i brividi è la naturalezza con cui lei lavorava con noi e poi la vedevamo il mese dopo al Madison Square Garden a fare ‘Because The Night’ con Springsteen e gli U2. È una persona che ci ha tenuti a cuore. Tra un mese usciremo con una canzone ‘Mare di mezzo’ a cui ha collaborato anche la Patti. Gli introiti del singolo andranno alla Ong Mediterranea.
Purtroppo oggi si parla spesso di donne in occasione di femminicidi che non accennano a diminuire. È un problema che secondo me viene sottovalutato, come mai secondo te?
C’è un problema di cultura e di educazione. I cambiamenti sociali hanno colto impreparati alcuni uomini. Se non hai un senso forte dell’emancipazione femminile e sei un uomo che tende a dominare, i cambiamenti culturali, di costume, i giusti passaggi che sono stati fatti da parte del mondo femminile, non riesci ad accettarli. Alcuni uomini vogliono comandare la donna, è una cosa inaccettabile. Bisogna creare dei modelli positivi, meno stereotipati. Io faccio il maestro a scuola, cerco di cogliere ogni occasione per destrutturare questi atteggiamenti. Spesso ne parlo con i bambini a scuola. Porto l’esempio della nostra Preside, una donna intelligente che in un’altra epoca storica non avrebbe potuto ricoprire questo ruolo. I bambini hanno bisogno di un altro punto di vista. Le donne non sono l’anello debole. Spesso quando organizzo la recita di qualche fiaba cambio il finale! Non c’è mai la principessa che deve essere liberata da un uomo, troppo banale, una ragazzina deve imparare a liberarsi da sola!