Storie /ARTISTI PER FIRENZE

Sauro Cavallini, l’angelo di Santa Croce. Salvò la Pietà del Bandinelli dalla nafta

Lavorò con dedizione giorno e notte per salvare le opere della basilica fiorentina, studiando solventi che non alterassero i colori del marmo delle statue. Un amore per la città e la sua arte che non si sono mai spenti, neppure con la sua morte

Quando guardi Firenze dall’alto non puoi non emozionarti. La tieni insieme tutta in uno sguardo solo, accarezzi armonia, equilibrio, grandezza di vedute. Firenze è la tua città ma è al tempo stesso patrimonio dell’umanità, anche di chi qui non ci è nato.

E’ un legame spontaneo quello che lega l’uomo a Firenze.

Un sentimento eterno dimostrato ampiamente nei giorni più dolorosi per la città, quelli dell’alluvione del 1966, quando ricevette la solidarietà concreta, vera, autentica, da parte di tutto il mondo.

Tra gli italiani c’è chi salvò, con instancabile impegno, le opere di Santa Croce. Si tratta dell’allora giovane scultore Sauro Cavallini, ligure di nascita ma toscano d’adozione e già vincitore del Fiorino d’oro appena l’anno prima dell’alluvione. Fu lui a dare il suo fondamentale contributo – come riportano le cronache dell’epoca – per restaurare e ripulire tante opere marmoree devastate dal fango nella basilica fiorentina.

Il solo immaginare lo scenario apocalittico dentro Santa Croce accappona la pelle ancora oggi. Si racconta di statue scaraventate a terra dalla furia delle acque, di opere impregnate di fango, melma, nafta. Arte soffocata dalla devastazione e tornata all’antico splendore grazie all’impegno solerte di tanti volontari, arrivati da ogni angolo d’Italia del mondo.

Cavallini mise a disposizione di Firenze – oltre all’infaticabile impegno  – anche tutto il proprio sapere artistico per debellare le macchie senza alterare, con i solventi, il colore originario del marmo. In quei mesi si lavorò senza tregua alla pulizia del monumento a Michelangelo del Vasari, alla tomba di Galileo Galilei ed ancora alla “Pietà” di Baccio Bandinelli.

Sauro Cavallini tentò e ritentò, di giorno e di notte, illuminato solo dalla luce tenue delle candele, di trovare la giusta composizione del solvente che avrebbe delicatamente asportato i detriti dalla Pietà e con il suo spirito devoto verso Firenze riuscì dove ‘l’industria del lavaggio’ fallì.

Sauro Cavallini, lo scultore impegnato nel salvare dalla nafta la Pietà di Bandinelli

“Cavallini ha lavorato in silenzio – si legge in un pezzo di cronaca del 1966 – ma con passione e accanimento. Ha cercato di prevedere ogni possibile conseguenza, distinguendo prima di utilizzare ogni singolo prodotto la qualità dei marmi. Ha utilizzato sostanze a base di eteri per togliere le macchie di superficie, ha fatto ricorso a miscele che di volta in volta studiava, tenute insieme con il talco per eliminare le macchie più profonde”.

Lavoro incessante, per quella città divenuta la sua casa alla quale – nella sua lunga carriera – ha donato tante opere dal Monumento alla Pace, nel giardino del Palazzo dei Congressi fino al Cristo nel Cimitero di San Miniato al Monte che oggi accoglie le sue spoglie, quelle di un grande fiorentino d’adozione che ha donato alla città arte e sentimento.

In molti lo definirono lo ‘scultore della vita’, quella stessa vita che seppe donare a Firenze durante l’alluvione, rigenerando le opere di Santa Croce, riportando bellezza oltre il fango, il dolore, le ferite che ancor oggi fanno male a tutta la città.

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