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© Dario Dainelli

Storie /SECONDA VITA

Dainelli, l’ex calciatore viola tra vino e turismo: “Camere in maxi botti in mezzo alle vigne”

Tutto è iniziato dai tour del vino con gli amici. I ricordi più belli legati a un brindisi? La partita che ogni estate gioco a Guado al Tasso con Gilardino, Donadel, Zauri e gli amici di sempre. Il fischio di inizio? Con un goccio di Scalabrone degli Antinori

Il calcio insegna a crearsi obiettivi, ogni stagione una nuova bandierina da piazzare, una nuova meta da raggiungere, un sogno da prendere per mano per poi correre dritti verso la porta avversaria e trovare quella rete che serve a portare a casa la partita.

C’è poi chi  – proprio come ha fatto Dario Dainelli per anni – deve difenderla quella porta dagli avversari. In fondo c’è una verità sottile  nella frase che dice: “gli attaccanti vincono le partite, le difese i campionati”.

E Dainelli, ex calciatore di Fiorentina e Chievo Verona, sa bene cosa significhi giocare in difesa, conosce la responsabilità di chi sta dietro, di chi rilancia l’azione, di chi protegge e riparte. Mica poco.

Si tratta di attenzione ed equilibrio. Testa e sentimento. Gli stessi con cui oggi Dainelli cura la sua terra, il suo vino, il suo nuovo grande sogno. Da difendere con le unghie e con i denti e per il quale lottare, come faceva in campo, da calciatore.

Giocatore nella sua “prima vita”, produttore di vino in un’altra stagione, quella dell’oggi.

Me lo racconta in una mattina d’estate. Ci sentiamo al telefono, con la promessa di andare a visitare la sua azienda vitivinicola, la Cantina Dainelli, a Cerreto Guidi.

“Sono stato fortunato a trasformare in un mestiere ciò che era una passione da bambino, prima con il calcio, poi con il vino. Un lavoro che mi appassiona, mi fa mettere in campo amore”. 

Tutto inizia per gioco, tutto inizia con l’amicizia, un’altra costante nella vita di Dainelli. Proprio con un amico pensa di aprire un ristorante quindici anni fa a Peccioli, “il paese in cui sono nato”, mi ricorda. “Volevo una trattoria toscana, la classica “buca” con le volte in pietra. Poi abbiamo dovuto pensare anche ai vini e con il sommelier siamo partiti a fare i giri delle cantine”. 

La mia cantina? Piccola ma ben curata, con vini riconoscibili  

Un giro che poi è diventato un tour goliardico di amici da un paese all’altro dell’Italia, di cantina in cantina. “Quando giocavo nella Fiorentina ho acquistato una casa sui colli, con le vigne e da lì ho iniziato davvero. Produco con uve Sangiovese, la denominazione è quella del Chianti. La mia idea è stata da subito quella di una cantina piccola ma ben curata, vini non uniformi ma riconoscibili. Così dopo aver creato un Sangiovese un po’ rude ed estremo ho pensato che – oltre al rosso – volevo produrre anche un bianco particolare e sono finito all’Isola del Giglio dove la coltivazione è davvero eroica. Ci sono queste terrazze a picco sul mare dove non si può fare nulla di meccanico. La lavorazione è tutto a mano”.

Campi, muri a secco, fatica, amore, dedizione. C’è tutto nell’anima più vivace e morbida delle colline toscane ma anche in quella più rude della terra isolana e questo forse è l’aspetto che attrae di più Dainelli,

I miei figli identificano la vigna, la terra come “casa”

“Anche quando giocavo a Verona il fatto di avere una casa in Toscana, con i campi e le vigne, ha mantenuto il mio legame con il territorio. La terra va curata, ci devi stare ci devi lavorare, non è come avere un appartamento. Sai che devi occupartene anche quando sei lontano. Questo ha fatto sì che anche i miei figli  – che sono cresciuti a Verona –  fossero comunque legati alla mia terra e che identificassero quella vigna come casa”.

Si chiamano radici. E non solo per il fatto di nascere in un luogo, c’è qualcosa di più profondo che lega un uomo alla sua terra. E’ un dna che viene da lontano. Ogni zolla sul campo racconta una storia. Ogni vitigno, tralcio, ogni rigagnolo d’acqua che nutre i campi, come fa il sangue con il nostro corpo. Quello tra l’uomo e la terra è un legame antico, millenario, primordiale che oggi pian piano in tanti stanno riscoprendo.

“Dei tour del vino una cosa che mi piace tantissimo e mi regala serenità – va avanti Dainelli – è l’incontro con le persone, un po’ come accade nel calcio giocato. Gli brillano gli occhi mentre ti portano a visitare le loro vigne, si vede la passione. E poi i tempi della terra sono diversi dai ritmi frenetici delle città in cui viviamo”.

Il vino che è amicizia, incontro, momenti da tenere nella memoria. “Eh sì – ammette lui. Pensa che il ricordo del primo bicchiere di vino è stato da ragazzino. Ero con la mia famiglia, a Natale. Un giorno particolare perché quel calice fu un po’ l’iniziazione, l’essere entrato nel mondo dei grandi”.

Con Gilardino, Donadel e Zauri ogni estate facciamo una partita di calcetto a Guado al Tasso. Il fischio d’inizio? Con un calice di Scalabrone

“E poi – va avanti – un altro ricordo bello è ogni estate la fine del tour del vino all’azienda Guado al Tasso, a Bolgheri.  Chiudiamo in bellezza con una partita mista di calcetto tra amici, ex calciatori come Gilardino, Donadel, Zauri, enologi e cantinieri di Antinori. Il fischio d’inizio è una goccia di  Scalabrone, il loro rosato che degustiamo al calar della sera, in un ambiente particolarmente suggestivo. Ecco, quel momento l’associo all’amicizia, legata al vino”.

Fotografie di momenti. Calici al cielo. Ancora sogni. Ancora determinazione. Quella che Dainelli metteva in campo da calciatore e che oggi tira fuori in un cammino che lo porta a conquistare traguardi in altri campi. Immagina il domani, costruisce pezzetto per pezzetto su quella terra che per lui, sua moglie e i suoi figli è casa.

La mia nuova idea: case-botti in mezzo alle vigne per i viaggiatori

“Quest’anno siamo partiti con le cene in vigna ma per la primavera prossima ho già una nuova idea: delle case-botti diffuse tra i filari. Botti- bungalow con un diametro di tre metri e mezzo per cinque. L’hanno fatto in Portogallo ma stile villette a schiera io invece le immagino inserite nel cuore della vigna”.

Razionalità e immaginazione. In campo disegnava le azioni, oggi Dario Dainelli costruisce traiettorie sulle colline della sua Toscana. Le passioni sono forse la spinta più grande a innovare noi stessi e le nostre vite. Dario prima dei campi e delle vigne ha saputo coltivare proprio questo, le passioni. Il calcio, l’amicizia, il vino, la terra, il design, l’arte. Suo padre, scultore, gli ha trasmesso anche questo.

Quando si appendono le scarpette al chiodo pare che tutto finisca e invece no, è proprio lì che tutto inizia di nuovo.

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