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Vino, a 30 anni sulla vetta del mondo: Gabriele Gorelli, l’unico Master of Wine italiano

Nato in una famiglia di produttori di Brunello, è molto più di un raffinato conoscitore: “Sono un costruttore di ponti perché il vino è una questione internazionale”

Gabriele Gorelli, Master of Wine

Top, basta una parola. Anzi, tre lettere che fanno tanto slang da adolescenza dura e pura. Gabriele Gorelli si riassume così. Questo trentenne ha l’aria di uno che conosce il fatto suo. Ma quel top non sta a qualificare un ego dopato. Anzi. L’understatement oggi è simbolo di vera classe. È quel titolo di Master of Wine ad averlo portato sulla vetta di un mondo in costante cambiamento sulla strada del pop più raffinato. Beh, chiedere cosa significhi essere un master of wine è il minimo. Potresti sintetizzare il termine in massimo esperto del vino. Sì. Ma specificando che qui il vino è una storia che parte dalla vigna, passa dalla cantina e arriva al marketing, quindi alla realizzazione delle etichette, alla consulenza pubblicitaria, alla costruzione del brand. Senza tralasciare l’espansione dell’enoturismo, la realizzazione di eventi. Tanta roba. Forse troppa.

Gorelli, ci aiuti a trovare una sintesi del suo ruolo.

Beh, diciamo che io amo costruire ponti. Intessere relazioni. Ho appena portato un bel numero di produttori di Bordeaux a Verona. È stato un successo. Fino a poco tempo fa al massimo venivano organizzate delle gite negli chateaux.

Un ambasciatore, insomma.

Sì, perché il vino è una questione internazionale. Uno scambio di conoscenze, oltre che di prodotti.

E l’attenzione di tutti è in costante crescita. La consapevolezza aumenta.

Il vino piace sempre di più. Questa non è una novità, vero. Ma la notizia sta nel fatto che il lockdown ha cambiato le nostre abitudini. E con queste la voglia di capirne di più. Il vino è entrato nei gesti quotidiani, esattamente come è cresciuta l’attenzione per il cibo. Oggi un’etichetta la leggi anche nei dettagli. La terra, l’uvaggio, la tracciabilità. Tutto viene preso in considerazione. Dire che il vino è cultura non è una frase fatta. E’ una verità condivisa da un numero di persone sempre maggiore.

Il Brunello sta uscendo dalla gabbia dorata della sua preziosissima storia. Oggi una bottiglia è pronta per essere stappata, vissuta nel presente

Lei è nato a Montalcino, suo nonno produceva Brunello. Il consorzio ha presentato le nuove bottiglie. Ha percepito una evoluzione, qualcosa che ha toccato le corde della sua sensibilità?

Tutti stanno facendo passi avanti. Sia i grandi consorzi che i piccoli, quelli che lavorano su numeri meno altisonanti. Il Brunello sta uscendo dalla gabbia dorata della sua preziosissima storia. Oggi una bottiglia è pronta per essere stappata, vissuta nel presente, lontano da quell’idea di attesa che tiene quei vini in cantina e alla fine non li stappi mai. E poi troppo a lungo si è pensato che la forza del messaggio pubblicitario fosse quella di non promuovere affatto. La cosa ha funzionato a lungo. Ma ora i tempi sono cambiati e anche a Montalcino si sono aggiornati. Ed è un bene.

Altre novità dai grandi consorzi?

Mi ha molto interessato il progetto Pievi. La nuova tipologia approvata dal consorzio del Nobile di Montepulciano. Storia, territorio, evocazione, cultura,  visione. E grande qualità, naturalmente.

E i piccoli produttori come se la stanno cavando?

Le idee ci sono. La grande avventura nel settore del Bio per molti è il presente e per tanti sarà il futuro. Il lavoro sui vitigni autoctoni è prezioso. Il marketing cresce, come la qualità. Il nostro problema in Toscana è che c’è così tanta ricchezza di varietà che a volte non si riesce a comunicare al meglio ciò che sappiamo fare. E questo vale per tutti. Tra i grandi a volte c’è troppa autoreferenzialità.  Tra i piccoli poca visione comune. Non dobbiamo disperdere le energie.

Dove vince il bello da sempre la creatività fatica. Insomma, si vive di rendita.

Il rischio c’è, anche se tanti hanno capito che non è più possibile. Vedo uno sforzo comune nel fare dei passi avanti. Non fermiamoci.

Consigli ai giovani produttori?

Identificarsi con uno stile. Il vino è piacere. Questo vuole la gente. E studiare il mondo. Perché magari altrove hanno meno possibilità ma hanno metodi più efficienti, sanno fare squadra. Ecco, giovani e non giovani, impariamo a fare squadra.

Vino, turismo e cultura viaggiano sulla stessa strada. Tutto molto bello, ma a volte difficile da raggiungere. Alla politica dico: potenziamo le infrastrutture

Beh, questa è la regione dei campanili.

Vero, ma forse è tempo di fare un passo oltre.

Il consiglio dell’unico Master of Wine italiano alla politica?

Potenziare le infrastrutture, le vie di comunicazione. Oggi vino, turismo e cultura viaggiano sulla stessa strada. Tutto molto bello, ma a volte difficile da raggiungere. Abbiamo fatto tanto, dobbiamo fare ancora di più.

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