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Agroalimentare, un 2023 positivo per il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP

Nonostante i costi di produzione elevati e la diminuzione del potere di acquisto, il Consorzio di tutela conferma una certificazione solida e una filiera stabile

Costi di produzione elevati e crisi economica non aiutano il mercato, eppure il Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP cresce e piace sempre più. A dirlo sono i dati relativi al 2023 pubblicati dal Consorzio di tutela.

Lo studio, infatti, parla di una certificazione solida e di una filiera stabile nonostante le difficoltà legate all’aumento dei prezzi, alla diminuzione del potere di acquisto del consumatore e alla concorrenza di carne di filiere convenzionali a prezzi minori.

I dati 2023

Nello scorso anno sono stati registrati 18.619 capi bovini certificati Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP, con un importante aumento rispetto ai 18.311 del 2022, che rappresenta anche il dato più alto degli ultimi otto anni. L’aumento si deve per intero all’incremento dei capi di razza Chianina (circa + 500 capi). Oggi la filiera del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è rappresentata da 3.134 allevamenti (dislocati nell’area compresa fra Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Marche, Campania, Abruzzo e Molise), 997 macellerie, 77 mattatoi e 123 laboratori di sezionamento.

Qualità e territorio: binomio vincente

Il trend positivo della certificazione Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP – afferma il direttore del Consorzio di tutela, Andrea Petriniindica una filiera stabile di fronte alle grandi difficoltà che stanno colpendo il nostro settore su più fronti. In particolare, i nostri allevatori stanno affrontando costi di produzione sempre più alti che non sono compensati da un pari aumento del prezzo di vendita. A questo si aggiunge l’attuale crisi economica, con un conseguente minore potere di acquisto che ‘premia’ le filiere di prodotti ‘convenzionali’ a discapito di filiere certificate DOP e IGP”.

Nonostante ciò – aggiunge Petrini – la tenuta della domanda di questa carne sul mercato consolida l’attenzione verso un prodotto in cui il legame stretto tra qualità e territorialità rappresenta da oltre 25 anni l’elemento cardine per la tutela e la valorizzazione delle tre razze tipiche dell’Appennino Centrale – Chianina, Marchigiana e Romagnola – ed è sinonimo di qualità e di garanzia per tutta la filiera, dagli allevatori ai consumatori. Inoltre, sono in costante aumento le autorizzazioni rilasciate dal Consorzio per l’utilizzo della denominazione sui prodotti trasformati, quali ragù, hamburger, salumi, paste ripiene, e su quelli pronti a cuocere, che oggi assorbono una fetta importante del prodotto certificato Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP”.

Andrea Petrini, direttore Consorzio Vitellone Bianco Appennino Centrale IGP

Un anno difficile per la Chianina

Non è tutto oro quel che luccica – conclude Petrini -. Il 2023 è stato un anno particolarmente difficile per la Chianina e per gli allevatori di questa razza. L’elevato valore di mercato della Chianina nel periodo ‘pre crisi’ ha determinato negli ultimi due anni un aumento delle consistenze della razza con un conseguente aumento di capi in stalla pronti alla macellazione. Una parte di questi sono stati assorbiti dalla filiera del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale mentre altri, usciti da questa filiera senza trovare collocazione equivalente sul mercato, hanno favorito una diminuzione del prezzo di vendita con un conseguente calo anche del valore di mercato, sia dei vitelli da ristallo che dei vitelloni in certificazione Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”.

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